Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9411 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9411 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE ROSA LORENZO N. IL 23/07/1969
avverso la sentenza n. 733/2012 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di LANCIANO, del 09/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 22/01/2014

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Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, De Rosa Lorenzo avverso la sentenza emessa in
data 9.7.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal G.i.p. del Tribunale di Lanciano con la quale
veniva applicata al predetto la pena concordata di anni due e mesi otto di reclusione ed C
14.000,00 di multa per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110 c.p. e 73 dPR 309/1990
(cessione di cocaina).
Deduce l’erroneità della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta penale responsabilità.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nella presente sede e

Le censure sono manifestamente infondate: infatti, come questa Corte ha ripetutamente
affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270,
Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena
va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora
il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto
alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza
questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così
deciso in Roma, addì 22.1.2014

manifestamente infondati.

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