Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9411 del 14/02/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9411 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

Data Udienza: 14/02/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIMATTI CONTARDO N. IL 22/07/1947
avverso la sentenza n. 968/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
04/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/02/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCELLO ROMBOLA’
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per P.,3, ete-dzutetrivi_kg,
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Con sentenza 6/11/07 il Tribunale di Ferrara assolveva, perché il fatto non sussiste, Fabbri
Federico, Cimatti Contardo e Massari Fernando, quali soci responsabili dello stabilimento della
Orbit s.a.s. dove il 12/9/99 si era verificato un incendio disastroso (separatamente giudicati
Vecchiattlni Secondo, Dianati Roberto e Magri Paola), dal reato contestato di omissione dolosa
di cautele contro gli infortuni sul lavoro di cui all’art. 437 cp (in Vigarano Mainarda, fino al
12/9/99, data dell’incendio e dei disastri conseguenti), esclusa l’aggravante, pure contestata,
del secondo comma della norma. L’incendio in questione aveva determinato il crollo parziale
delle strutture murarie e del tetto dell’edificio e la conseguente dispersione nell’atmosfera delle
sostanze tossiche (amianto) presenti nella copertura di eternit dello stesso. Ciò era stato
determinato, secondo l’accusa, da un’eccessiva attività di accumulo di rifiuti effettuata (pur
dopo la diffida a proseguire dell’amministrazione provinciale del 19/4/99) senza il certificato di
prevenzione antincendi e di quanto necessario per ottenerlo, in particolare in assenza di un
idoneo impianto antincendio e comunque con un impianto non funzionante.
Il primo giudice, dando atto dell’accertata origine dolosa (esterna) dell’incendio, escludeva di
poterla addebitare in concorso, in base a meri sospetti, ai soci della Orbit, semmai interessati
alla trasformazione dei rifiuti (il c.d. pulper proveniente dalle cartiere) in combustibile. Esclusa
pertanto l’aggravante (ipotizzata per l’originaria contestazione colposa), il Tribunale accoglieva
una recente giurisprudenza di merito (il caso del petrolchimico veneto trattato dalla CdA di VE)
per cui il reato in questione richiedeva l’omesso collocamento di impianti, apparecchi o segnali,
mentre nella specie si contestava l’assenza nel capannone di un idoneo impianto antincendio
ovvero la presenza di un impianto antincendio non funzionante. Il giudicante escludeva il dolo
richiesto per il reato in questione, ma anche il nesso di causalità tra la condotta e l’evento e,
infine, la sussistenza stessa dell’omissione di cui al 1° comma dell’art. 437. Di qui l’assoluzione
con la detta formula terminativa.
Con sentenza 4/11111 la Corte di Appello di Bologna, invece, su gravame del PG e delle parti
civili (Regione Emilia-Romagna e Comune di Vigarano Mainarda) perveniva, in riforma, alla
dichiarazione di penale responsabilità dei tre imputati, condannandoli, previa concessione delle
attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante del 2° co. dell’art. 437 cp, alla pena (sospesa
e senza menzione per Fabbri, sospesa Cimatti) di anni 2 di reclusione ciascuno (interamente
condonata per Massari). Con pronunce risarcitorie in solido a carco di tutti e tre.
Il giudice del gravame partiva dal supposto, ammesso dallo stesso Tribunale, che però non ne
traeva le dovute conseguenze, che l’incendio era appunto addebitabile a una parziale adozione
delle misure antincendio e ciò comportava un evidente addebito di responsabilità in proposi to
(tra i rifiuti stivati non solo il pulper, che si assumeva non infiammabile, ma anche materiale
altamente infiammabile come carta e cartone, plastica varia e il combustibile proveniente dal
materiale già lavorato). L’aggravante dell’incendio verificatosi era in re ipsa e del pari evidente
il nesso di causalità tra le condotte omissive e l’evento.
Ricorreva per cassazione il solo Cimatti a mezzo di difensore, deducendo: 1) violazione di legge
in ordine all’interpretazione del termine “impianti destinati a prevenire disastri od infortuni sul
lavoro” (laddove nel caso in esame l’incendio era stato dolosamente innescato, a stabilimento
non operativo, da un’abbondante immissione di materiale infiammabile con almeno sei ore di
tempo per diffondersi); 2) vizio di motivazione, travisamento della prova e violazione di legge
laddove la Corte di appello aveva ritenuto lo specifico rischio di incendio a ragione dell’elevata
infiammabilità del materiale stoccato (mentre la gran parte del materiale presente era pulper
ovvero residui di cartiera mescolati ad acqua); 3) vizio di motivazione, travisamento della
prova e violazione di legge laddove la Corte di appello aveva apoditticamente ritenuto il nesso
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Ritenuto in fatto

di causalità tra le pretese carenze antincendio (di dislocazione e di funzionalità) e l’incendio
medesimo, che si era rivelato di estrema intensità oltre che tardivamente contrastato dai vigili
del fuoco; 4) vizio di motivazione sulla ritenuta (presunta) sussistenza di un danno ambientale
e quindi sull’ammontare del danno medesimo.
Con memoria pervenuta il 28/1/13 la difesa delle parti civili, censurata la genericità del ricorso,
ne contrastava singolarmente i motivi.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
E’ manifestamente infondato nei primi due motivi, laddove sovrappone le proprie valutazioni a
quelle correttamente e congruamente espresse dal giudice di merito nella sua motivazione: è
per definizione un impianto destinato a prevenire disastri o infortuni sul lavoro (primo motivo)
l’impianto antincendio di uno stabilimento industriale, impianto che nella specie è risultato del
tutto inadeguato, per distribuzione ed efficienza, alla sua destinazione; è dimostrata nei fatti la
infiammabilità, in tutto o in parte (secondo motivo), del materiale stoccato (o, per meglio dire,
stipato fino al soffitto del capannone), che con virulenza ha preso fuoco.
E’ infondato nel terzo motivo: il ricorrente, nella denegata tesi, contesta il nesso di causalità
tra la condotta omissiva dell’imputato (genericamente dolosa, consistente nella consapevolezza
della propria omissione e nella rappresentazione del pericolo che ne deriva) e l’incendio, che si
assume volutamente provocato dall’esterno da terzi ignoti e che per le sue caratteristiche,
genetiche ed attuative, sarebbe divampato, distruttivo, nonostante qualsivoglia accorgimento
di contrasto. L’assunto è astrattamente sostenibile limitatamente alla genesi dell’incendio e alla
sua potenziale efficacia, se non fosse che, in concreto, la condotta dell’imputato è stata di tale
macroscopico rilievo, omissivo (le carenze antincendio) e commissivo (l’accumulo abnorme di
materiale in buona parte altamente infiammabile), da aumentare in modo straordinario l’entità
dannosa dell’evento.
Quanto al danno (quarto motivo), ai fini dell’accordata provvisionale esso è sufficientemente
provato in sé (anche nel suo profilo ambientale: la presenza di amianto nel tetto in eternit del
capannone incendiato) dalle oggettive emergenze del processo e lo sarà, nel suo complessivo
ammontare, nella competente sede civile.
Il reato è tuttavia prescritto. Contestato fino al 12/9/99 (data derincendio), il tempo ordinario
di prescrizione (dodici anni e sei mesi con gli atti interrottivi) andayq fl maturare il 12/3/12.
Calcolando la sospensione dal 17/3 al 5/10/05 in primo grado (pari a6 mesi e 18 giorni) e
quella dal 19/7 al 28/10/11 in secondo (pari a 3 mesi e 9 giorni) per complessivi 9 mesi e 27
giorni, il termine è decorso r8/1/13 (anteriormente alla data odierna). La sentenza impugnata
va pertanto annullata senza rinvio nei confronti del ricorrente Cimatti Contardo perché il reato
è estinto per prescrizione. L’effetto estintivo – si osserva incidentalmente – non si estende agli
altri due imputati non ricorrenti (Fabbri Federico e Massari Fernanlp), per i quali la sentenza
della Corte di Appello di Bologna del 4/11/11 è passata in giudicatilinteriormente (il 22/4/12
per entrambi).
Restano ferme (art. 578 cpp) le statuizioni civili. Il Cimatti va altresì condannato alla refusione
delle spese sostenute in questo grado del giudizio dalle parti civili costituite e concludenti.
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Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso, la difesa delle parti civili concludeva in conformità, la difesa dell’imputato ne chiedeva
raccoglimento.

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annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Cimatti Contardo perché il reato è
estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili. Condanna il ricorrente a rifondere
le spese sostenute in questo grado del giudizio dalle parti civili, Comune di Vigarano Mainarda
e Regione Emilia-Romagna, che liquida in complessivi 4.000 (quattromila) euro, oltre accessori
come per legge.

Roma, 14/2/13

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