Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9406 del 30/01/2014
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9406 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ZAZA CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Azzato Raffaele, nato a Polla il 27/10/1973
avverso l’ordinanza del 13/05/2013 della Sezione del riesame del Tribunale di
Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verbania del 22/03/2013, con la
quale veniva applicata nei confronti di Raffaele Azzato la misura cautelare della
custodia in carcere per il reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
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Data Udienza: 30/01/2014
ipotizzato nel concorso con Marco Marzano, amministratore unico della Residenza
Patrizia s.r.I., dichiarata fallita in Verbania il 26/07/2012, nella distrazione di tutti
i beni mobili, ceduti allo Studio Legale Azzato in pagamento di una parcella di C.
925.854,74, e nell’affitto alla Emmelle s.r.I., riconducibile all’Azzato, di un
immobile in Cannobio al canone mensile di soli C. 60.000.
L’indagato
ricorre sulla
sussistenza
delle
esigenze cautelari
e
sull’adeguatezza della misura applicata, e deduce illogicità del ritenuto pericolo di
reiterazione del reato rispetto all’assenza di precedenti penali ed all’impossibilità
mancanza di motivazione sull’attualità di detto pericolo e comunque sull’idoneità
della diversa misura degli arresti domiciliari, nell’apodittica affermazione per la
quale la stessa non impedirebbe all’imputato di gestire la palestra ed il ristorante
dati in affitto dalla società fallita, attività per l’indagato in concreto non
praticabile e comunque non pregiudizievole per i creditori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Le censure del ricorrente sono infatti generiche e non attinenti all’effettivo
contenuto della motivazione del provvedimento impugnato, nel quale si
osservava come il fatto che l’indagato, per un mero compenso in denaro, avesse
posto la propria competenza professionale di avvocato a disposizione dei progetti
criminosi del coindagato Marzano, e avesse poi di fatto estromesso quest’ultimo
dalla gestione dell’attività alberghiera della fallita, tentando di acquisire il
controllo dei collegati esercizi di una palestra e di un ristorante, dimostrasse di
per sé una spregiudicata capacità predatoria, tale da rendere l’Azzato inaffidabile
ai fini della prognosi sul rispetto delle prescrizioni di una misura domiciliare
presso l’abitazione della propria compagna. I rilievi contenuti nel ricorso si
soffermano pertanto su aspetti superati da tale motivazione, quale la mancanza
di precedenti penali dell’indagato, o marginali rispetto alla stessa, quale la
possibilità per l’imputato di gestire le descritte attività sportive e di ristorazione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in €.1.000.
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per l’imputato di porre in essere atti giuridicamente validi ed efficaci, e
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €.1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma 1 ter disp.
att. cod. proc. pen..
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Così deciso in Roma il 30/01/2014