Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9399 del 16/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 9399 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRAZIANO VINCENZO N. IL 12/06/1951
avverso la sentenza n. 1117/2014 CORTE APPELLO di PALERMO del 02/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/02/2016 la relazione fatta
dal Consigliere Dott. VINCENZO TUTINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO GALLI che ha concluso per ,P fieltt

Ci

Uditi difensor Avv.;

cgc5-)

Data Udienza: 16/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza 2 ottobre 2014, la Corte di appello di Palermo ha

confermato la condanna già irrogata al ricorrente GRAZIANO Vincenzo dal
Tribunale di Palermo con sentenza 28 novembre 2013 in quanto ritenuto
responsabile del reato di cui all’articolo 30-31 della legge 646/82 per non aver
comunicato al Nucleo di Polizia Tributaria del luogo di dimora la variazione
dell’entità della composizione del suo patrimonio all’atto della vendita
dell’immobile per il corrispettivo di euro 220.000 prima dello spirare del termine

di stampo mafioso.
La Corte ha in particolare fondato la condanna sulla pacifica sussistenza dei
fatti materiali, sulla pacifica consapevolezza della condanna per il delitto di cui
all’art. 416 bis cod. pen., sul fatto che già in precedenza l’imputato aveva subito
indagini patrimoniali sulla base della stessa normativa, sulla irrilevanza della
ignorantia legis.
2. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l’imputato
lamentando
1.

violazione ed errata applicazione di norme di legge e
segnatamente dell’articolo 30 della legge 13
settembre 1982 numero 646 affermando che la
Corte

avrebbe

motivato

su

parametri

di

responsabilità colposa (in termini di mancata
attivazione per conoscere esattamente i propri
obblighi) e che comunque si sarebbe espressa in
termini di dubbio.
2.

violazione dell’articolo 30 della legge 646/82
affermando che, in relazione alla previsione di due
distinti termini iniziali conseguenti rispettivamente
all’applicazione di misure di prevenzione e alla
condanna per associazione a delinquere di stampo
mafioso, quando tali qualità vengano a sommarsi,
dovrebbe tenersi conto unicamente del primo di tali
termini secondo una interpretazione improntata al
favor rei.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge con

riferimento all’art. 30 I. 646/1982 affermando che la Corte territoriale avrebbe
svolto una motivazione incentrata sulla violazione di un obbligo di prudenza (nel

2_

di dieci anni dalla sua condanna per partecipazione ad associazione a delinquere

caso di specie, prendere informazioni sugli obblighi cui il contraente stesso era
sottoposto per legge).
Il motivo è manifestamente infondato.

3‘,
0
Va ricordato che il delitto previsto darartr( 31 della legge 13 settembre
1982, n. 646, è un reato proprio (potendo essere commesso soltanto da chi nel
decennio precedente i fatti modificativi della propria consistenza patrimoniale sia
stato condannato per reati di mafia ovvero sia stato sottoposto a misura di
prevenzione personale), di pura omissione, ed ha natura di reato di pericolo

patrimoniale modificativo, eccedente il valore “soglia” indicato dall’art. 30, nei
termini previsti dalla stessa norma – Sez. 6, Sentenza n. 24874 del 30/10/2014
Rv. 264162). In quanto ,reato omissivo con effetti istantanei, si consuma nel
luogo e nel momento(è oltrepassato il termine entro il quale la comunicazione si
sarebbe dovuta effettuare a norma dell’art. 30 della legge cit., e cioè entro
trenta giorni dall’atto dispositivo quando questo superi per valore la soglia di
legge (Sez. 6, Sentenza n. 24874 del 30/10/2014 Rv. 264164). Nel caso di
specie, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi e ha
desunto la sussistenza del dolo in capo all’imputato dalla piena conoscenza della
condanna riportata per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., dalla notifica del
provvedimento applicativo della misura di prevenzione e dalla sua
partecipazione all’atto di vendita.
Nessuna rilevanza assume il fatto che il termine fosse prossimo alla
scadenza, circostanza quest’ultima del tutto irrilevante rispetto a una attività di
tipo informativo che certo non impediva la conclusione del contratto. Nessuna
rilevanza può assumere nemmeno la circostanza che il fatto di evitare la
comunicazione o i controlli successivi non fosse il motivo dell’agire dell’imputato.
Si tratta di indagine irrilevante, posto che la sussistenza di motivi concorrenti
non impedisce la rappresentazione degli elementi sopra richiamati e la mancata
conoscenza della legge è opponibile in casi del tutto eccezionali, esclusi
esplicitamente dalla pronuncia di merito impugnata, sul punto nemmeno gravata
di impugnazione. Del tutto inconferente rimane dunque la notazione effettuata
dalla Corte territoriale in ordine al fatto che – a tutto voler concedere – il
GRAZIANO avrebbe potuto informarsi dal notaio, anche a fronte di una
motivazione completa su tutti gli elementi che integrano elemento materiale e
psicologico del reato omissivo de quo.
4. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta ulteriore violazione di legge
della medesima disposizione normativa di cui all’art. 30 I. 646/82 in relazione al
fatto che gli obblighi di informazione derivano da due diversi presupposti
(condanna in sede penale per il detto di cui all’art. 416 bis c.p. o applicazione di

3

presunto (essendo l’evento integrato dalla mancata comunicazione del fatto

misura di prevenzione ai sensi della legge 575/65), il che implicherebbe – pro
reo – il decorso di un unico termine.
Il motivo è parimenti manifestamente infondato.
Va infatti rilevato che i provvedimenti da cui decorre il termine decennale
risultano essere ontologicamente distinti trattandosi di provvedimenti
assolutamente eterogenei per presupposti e contenuto. Non appare in alcun
modo possibile ritenere che una previsione possa assorbire l’altra né che sia
ipotizzabile alcun profilo che imponga una interpretazione di contenimento del

sicurezza sia seguita la condanna per fattispecie di cui all’art. 416 bis c.p. Si
tratterebbe – a tutto voler concedere – del succedersi di due accertamenti
aventi ad oggetto condotte di • crescente gravità che pienamente
ok
giustificherebbero l’ulteriore decorrere” (un onere informativo non particolarmente
incidente sulla libertà personale.
5. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso
6. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €
1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso
Il Consig

oma, il 16 febbraio 2016
nsore

Il Presidente

termine quando – come nel caso di specie – alla applicazione della misura di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA