Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9399 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9399 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dalla parte civile

SBRESSA Ilaria

avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Roma del 26 marzo 2013, nel
procedimento a carico di D’ESPOSITO Fabrizio, nato a Vico Equense il 03/10/1966 e
di PADELLARO Antonio, nato a Roma il 29/06/1946;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore
Generale dr. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Gip del Tribunale di Roma,
pronunciando ai sensi dell’art. 425 c.p.p., dichiarava non doversi procedere nei
confronti di Fabrizio d’Esposito in ordine al reato di diffamazione a lui ascritto per

Data Udienza: 05/12/2013

essere il fatto non punibile in quanto scriminato dal diritto di cronaca e di critica
nonché nei confronti di Antonio Padellaro in ordine al reato di omesso controllo a lui
ascritto, perché il fatto non sussiste.
In particolare, il D’Esposito era imputato del reato di agli artt. 595 e 13 legge n.
47/1948 per avere redatto e pubblicato sul “Fatto Quotidiano” edito in Roma, del
31.5.2012, un articolo a sua firma dal titolo “Le pressioni di Romani a BPM e la Ti!
di Brunetta – L’editrice Sbressa, moglie di un big di Mediaset, cercava prestiti facili”
il cui contenuto deve intendersi integralmente riportato e con il quale veniva offesa

consorzio ALPHABET in particolare scrivendo: «il destinatario della lettera è infatti la
società consortile a responsabilità limitata Alphabet con sede in Roma.
L’amministratore delegato si chiama Ilaria Sbressa, classe 1972. Il canale ABC,
numero 33 del digitale terrestre, diventa senza banda, la tv della pubblica
amministrazione, messa su per propagandare il ministero dell’energico Renato
Brunetta». Ed inoltre: «Questo il passaggio sui due, Sbbressa e Romani, per
ottenere finanziamenti senza requisiti dalla BPM. L’AD di Alphabet vuole C 500.000
e tormenta Canna/ire che a sua volta ha ricevuto una sollecitazione da Romani che
gli avrebbe fatto pelo e contropelo per il fatto che la pratica di finanziamento della
Sbressa é bloccata da un mese. Mancano appunto le condizioni. Ed ancora: “il
canale ABC non riuscirà mai a partire». Ed infine: «Del resto lo stesso Romani, con
il suo vecchio piano del dividendo digitale, avrebbe garantito più di due milioni in
caso di restituzione allo Stato del canale 33». In sostanza, facendo intendere
contrariamente al vero che il canale ABC fosse di proprietà dell’ex ministro Renato
Brunetta, che l’attribuzione della banda per la trasmissione del canale ABC era stata
ottenuta attraverso metodi illegali, che non esistevano le condizioni per ottenere
finanziamenti dalla Banca Popolare di Milano e che l’acquisizione della frequenza del
canale 33 era stata effettuata per poi poterla restituire allo Stato dietro
corresponsione di due milioni di euro.
Antonio Padellaro, dal canto suo, era accusato del reato di cui agli artt. 57, 595
cod. pen. e 13 legge n. 47/48 per avere, nella qualità di direttore responsabile del
“Fatto Quotidiano” edito in Roma, omesso il doveroso controllo sul contenuto
dell’articolo “Le pressioni di Romani a BPM e la TV di Brunetta-l’editrice Sbressa,
moglie di un big di Mediaset cercava prestiti facili” articolo riportato al capo a) con
cui si offendeva la reputazione di Sbressa Ilaria in proprio e nella qualità di
Amministratore Delegata del consorzio Alphabet”.
Avverso l’anzidetta pronuncia l’avv. Enrico Visciano, difensore e procuratore
speciale della parte civile, Ilaria Sbressa, ha proposto ricorso per cassazione,
affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.

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la reputazione di Sbressa Ilaria in proprio e quale amministratore delegato del

2. Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente eccepisce violazione
dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione. Lamenta, in particolare, che il giudicante aveva omesso
di motivare in ordine alla portata diffamatoria dell’articolo in oggetto, nel quale
erano riportate circostanze contrarie al vero. In particolare, si era sostenuto che il
canale ABC fosse di proprietà dell’ex ministro Brunetta; che l’attribuzione per la
banda di trasmissione del canale ABC fosse stata ottenuta attraverso metodi
illegali; che non esistessero le condizioni per ottenere finanziamenti presso la BPM

allo Stato, dietro corresponsione di C 2.000.000,00. Del tutto illogicamente si era
ritenuto che tali inveritiere affermazioni non fossero lesive della reputazione della
parte civile.
Con il secondo motivo si denuncia identico vizio di legittimità per erronea
applicazione della scriminante del diritto di critica, di cui, in realtà, erano stati
travalicati i limiti ad esso immanenti, segnatamente quello della verità della notizia.
Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 lett.
c) cod. proc. pen., con riferimento all’inutilizzabilità delle intercettazioni; nonché
difetto di motivazione al riguardo, ai sensi dell’art. 606 lett. e) dello stesso codice
di rito. Si duole, in particolare, che il giudicante abbia ritenuto di dover scriminare
la condotta degli imputati palesemente diffamatoria, pur in presenza di uno
strumentale collegamento ed arbitrario

collage di brogliacci di intercettazioni

telefoniche effettuato dal giornalista, previa estrapolazione ed accorpamento dei
contenuti. L’articolista si era eretto a “giudice penale” non limitandosi a riprodurre il
testo di un provvedimento giudiziario; il preteso esercizio del diritto di cronacacritica si era trasformato in un pseudo-processo da parte del giornalista nei
confronti della parte civile, totalmente estranea ai fatti. La motivazione della
sentenza impugnata era manifestamente illogica e carente nella parte in cui aveva
omesso di verificare se i fatti descritti fossero veri e non fossero in realtà frutto di
elaborazioni ed interprettazioni soggettive ed arbitrarie dei contenuti di captazioni
telefoniche.

2. Il ricorso si colloca ai limiti dell’ammissibilità,

sostanziandosi di

prospettazioni squisitamente di merito in ordine alla vicenda fattuale diffusamente
trasfusa nel riprodotto capo d’imputazione.
La stessa impugnazione è, comunque, priva di fondamento, in quanto la
struttura motivazionale del provvedimento impugnato offre compiuta giustificazione
delle ragioni per le quali è stata, ragionevolmente, esclusa l’utilità
dell’approfondimento dibattimentale dei fatti oggetto di causa. Il Gip ha, infatti,
motivatamente ritenuto che il contenuto dell’articolo in questione, anche ad
ipotizzarne la valenza diffamatoria nei confronti della persona offesa, fosse

3

e che la frequenza del canale 33 fosse stata acquisita al solo scopo di cederla poi

comunque scriminato dall’esercizio del diritto di critica, che, in ogni caso, non
poteva considerarsi esorbitante rispetto ai limiti ad esso notoriamente immanenti,
secondo pacifica l’interpretazione di questo giudice di legittimità. Del resto, proprio
perché si è ritenuto configurabile la scriminante della critica, non era esigibile un
rispetto assoluto della verità della notizia riferita, essendo sufficiente la mera
veridicità, con esclusione di ogni strumentale distorsione. Si tratta, invero, di
apprezzamento prettamente di merito, logicamente e coerentemente giustificato e,
del tutto, conforme ad indiscusso insegnamento di questa Corte di legittimità (Sez.
in tema di

diffamazione, per la sussistenza dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica è
necessario che quanto riferito non trasmodi in gratuiti attacchi alla sfera personale
del destinatario e rispetti un nucleo di veridicità, in mancanza del quale la critica
sarebbe pura congettura e possibile occasione di dileggio e di mistificazione, fermo
restando che l’onere del rispetto della verità è più attenuato rispetto all’esercizio del
diritto di cronaca, in quanto la critica esprime un giudizio di valore che, in quanto
tale, non può pretendersi rigorosamente obiettivo).

3. Per quanto precede, il ricorso dev’essere rigettato con le consequenziali
statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso a condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 05/12/2013

5, Sentenza n. 43403 del 18/06/2009, Rv. 245098, secondo cui

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