Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 939 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 939 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

NAPOLANO Gennaro, n. Nocera Inferiore (Sa) 12.8.1968
avverso l’ordinanza n. 191/2014 Tribunale della Libertà di Salerno del 07/07/2014

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udite le conclusioni del pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. F. M. Iacoviello,
che ha concluso per il rigetto

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale per il Riesame di Salerno, a seguito di annullamento di precedente sua ordinanza da parte di questa Corte di Cassazione giusta sentenza del
27/02/2014, in accoglimento dell’appello del PM, ha ribadito l’applicazione della misura della
custodia cautelare in carcere nei confronti di Napolano Gennaro in relazione ai reati provvisoriamente ascrittigli di concorso in concorrenza illecita (artt.110, 513 bis cod. pen., capo g) e
tentata violenza privata (artt. 56, 610 cod. pen., capo h), commessi nei mesi di settembre e
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Data Udienza: 11/12/2014

ottobre del 2008 in danno di De Prisco Bernardo e aggravati ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152 del
1991, sospendendone l’esecuzione in attesa della definitività della decisione.
Ricordando che l’annullamento in sede di legittimità, facendo salvo il quadro di gravità indiziaria, aveva riguardato unicamente il profilo dell’adeguatezza della misura cautelare applicata
in dipendenza della riconosciuta aggravante dell’impiego di metodo mafioso, il Tribunale ha valutato che non sussistessero elementi specifici per ritenere che altra misura diversa da quella
in carcere possa soddisfare le ravvisate esigenze di tutela sociale: gravità del fatto, sua maturazione in contesto camorristico, numero e natura dei precedenti e delle pendenze penali
gravanti sull’indagato, intervenuta sottoposizione a misura di prevenzione, costituiscono dun-

misura intramuraria può porre argine.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, deducendo in primo
luogo l’inammissibilità dell’atto d’appello formulato dal PM, limitatosi ad enunciare una mera
doglianza, senza tuttavia esplicitare le ragioni su cui esso si fonda: il ricorrente si duole, inoltre, che il Tribunale abbia omesso di procedere a nuovo esame delle esigenze cautelari, riproponendo i medesimi elementi (personalità desumibile dal certificato penale e comportamento
cri-minale) che la Corte di Cassazione aveva già censurato come generici e come tali inidonei a
superare il giudizio di insussistenza delle esigenze cautelari, fondato dal GIP sullo scarso allarme sociale dei reati contestati, sull’unicità dell’episodio criminoso e sulla notevole distanza di
tempo tra applicazione della misura e commissione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso risulta infondato e come tale deve essere rigettato.

2. Va in primo luogo osservato, al fine di delimitare esattamente i termini dell’odierno sindacato demandato a questa Corte di legittimità, che nell’ordinanza cautelare originaria del GIP
del Tribunale di Salerno del 12/04/2013, il ricorrente Napolano era stato indicato come uno
degli indagati cui non venivano ascritti reati di natura associativa e per i quali il dato temporale
del tempo trascorso dai fatti, rispetto a quello in cui veniva effettuata la valutazione delle
esigenze cautelari, risultava soverchiante al punto da indurre il giudicante a respingere la richiesta del PM di applicazione della misura cautelare.
A seguito di impugnazione del PM, il Tribunale di Salerno emetteva l’ordinanza del 17/06/
2013 applicando la misura della custodia in carcere a carico del Napolano che, da questi impugnata, veniva però annullata con rinvio pronunziato dalla Sezione 2° di questa Corte di
cassazione con la citata sentenza del 27/02/2014.
Disponendo l’annullamento, il giudice di legittimità aveva, tuttavia, censurato unicamente la
scelta della misura custodiale in carcere, la cui applicazione era stata dal Tribunale ritenuta
erroneamente necessitata a motivo della contestata aggravante ex. 7 I. n. 203 del 1991, ma a
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que gli elementi di valutazione di un giudizio di alta pericolosità del Napolano cui la solo la

dispetto dell’intervenuta dichiarazione di illegittimità dell’art. 275, comma 3 secondo periodo
cod. proc. pen. giusta sentenza della Corte Costituzionale n. 57 del 2013: in tale contesto
veniva stigmatizzata l’assenza di specifiche valutazioni in ordine all’adeguatezza della misura
prescelta, a fronte della specificità degli addebiti e della personalità dell’indagato.
Ciò premesso, sembra evidente che appare oggi preclusa ogni considerazione riguardante
profili diversi da quello individuato dalla pronunzia di annullamento, atteso che l’unico motivo
di censura accolto ha riguardato il tema dell’adeguatezza della misura prescelta in relazione
alla sussistenza dell’aggravante speciale, con ciò essendosi fissato non solo il principio di diritto
per il giudice di rinvio ai sensi dell’art. 627, comma 3 cod. proc. pen., ma anche l’ambito della

3. Attenendosi strettamente al vincolo di cui all’art. 627, comma 3 cod. proc. pen., il Tribunale del riesame salernitano ha, dunque, indicato a fondamento della rinnovata determinazione di applicare al ricorrente la misura della custodia in carcere, la gravità del fatto (anche in
ragione del contesto camorristico di maturazione delle condotte criminali) e la personalità dello
indagato desunta dai numerosi ed allarmanti precedenti penali a suo carico, dalle pendenze
giudiziarie e dalla sottoposizione medio tempore a misura di prevenzione, quali concreti elementi di una prognosi di recidiva nel reato ai sensi del’art. 274 lett. c) cod. proc. pen.,
debitamente escluso stavolta ogni riferimento al carattere necessario della misura prescelta in
forza della contestata aggravante speciale.
Né, però, da parte del ricorrente sono venute indicazioni specifiche atte ad evidenziare la
sussistenza di specifiche situazioni tali da consentire l’adozione di una misura diversa da quella
prescelta, considerata l’eliminazione del vincolo normativo derivante dall’art. 275, comma 3
cod. proc. pen.
Resta, invece e come anticipato, preclusa ogni ulteriore valutazione inerente la dedotta unicità dell’episodio criminoso, il decorso del tempo (art. 292 lett. c] cod. proc. pen.) rispetto ai
fatti, il preteso scarso allarme sociale dei reati contestati, i quali costituiscono elementi già
vagliati dal Tribunale con la prima ordinanza, annullata in sede di legittimità limitatamente al
punto sopra indicato.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. T. M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrete al pagamento delle spese processuali. Manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. Cod. proc. pen.

Roma, 11/12/014

nuova delibazione ad esso demandata.

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