Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9379 del 20/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9379 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RENARD ALESSANDRO N. IL 13/07/1970
IUSSI LUCIANO N. IL 30/04/1996
VAILATTI GIACOMINO N. IL 10/07/1990
DIGLAUDI GIANNI N. IL 12/02/1984
avverso la sentenza n. 259/2015 TRIBUNALE di MANTOVA, del
26/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 20/01/2016

In fatto e diritto
Vailati Giacomino, Renard Alessandro Diglaudi Gainni lussi Luciano hanno proposto, a mezzo dei
rispettivi difensori, ricorso per Cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena del Tribunale
di Mantova in data 26.3..2015, per il reato di furto in abitazione, resistenza a pubblico ufficale e
ricettazione, deducendo deducendo, Vailati e Diglaudi, carenza di motivazione in ordine alla
sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., Reinard e lussi, vizio di motivazione in ordine

tentativo.
I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza..
Quanto alla censura riguardante la pronuncia ex art. 129 cpp„ i ricorrenti Vailati e Diglaudi„ pur
dolendosi della insufficienza delle argomentazioni poste alla base della pronuncia ex art. 129 c.p.p,
non indicano in alcun modo le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di applicazione della
pena da lui proveniente, che presuppone la rinuncia implicita a qualsiasi questione sulla colpevolezza, il
Giudice avrebbe dovuto disattendere tale richiesta e pervenire ad una decisione di proscioglimento
basata sull’evidenza della insussistenza dei fatti, della loro mancata commissione da parte dell’imputato
etc ex art. 129 cpp.
Questa Corte ha costantemente affermato che nel giudizio definito ex art. 444 cod proc. pen. è
inammissibile per genericità l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o
comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la
censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al
giudice l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’ art. 129 cod. proc. ( Cass Sez. 3, Sentenza n. 1693

del 19/04/2000 Cc. (dep. 01/06/2000 ) Rv. 216583

Sez.

3, Sentenza n. 2932 del 22/09/1997

Cc. (dep. 06/11/1997) Rv. 209387)
Difatti è onere del ricorrente indicare l’esistenza di una possibile causa di non punibilità. Qualora dagli
atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di
non punibilità, il giudizio negativo sulla ricorrenza di una delle ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p.. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione; diversamente, deve ritenersi sufficiente una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta
dalla legge e nella valutazione negativa della non ricorrenza le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento. ( Sez. 3, Sentenza n.39952 del 03/10/2006, dep. 05/12/2006 Rv. 235495, Cass sez 5
5.1.2006 n. 211 Cortese)
Nel caso in esame, il giudice non si è limitato a ciò, ma ha anzi illustrato gli elementi di prova a carico
degli imputati, emergenti di arresto in flagranza e dagli atti di indagine.

al riconoscimento dell’aggravante contestata (danno di rilevante entità) e al mancato riconoscimento del

L

Quanto all’altra censura, si rammenta che la richiesta di pena patteggiata costituisce un negozio
giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere modificato
unilateralmente né revocato e, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito
alle parti e, quindi anche al pubblico ministero, prospettare questioni e sollevare censure con
riferimento alla sussistenza del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, alla qualificazione giuridica del
fatto quando non sia frutto di errore manifesto, alla sussistenza di circostanze del reato, all’entità e

richiesta di patteggiamento e il consenso prestato, fermo restando, per eventuali vizi, che occorre
sussistere uno specifico interesse a dedurli onde ottenere un accoglimento del ricorso produttivo di una
migliore condizione per il ricorrente ( su quest’ultimo profilo argomenta da Cass SU n. 4410/2005);
In tale ambito, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con una sia pur sintetica indicazione
dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti, (Cass sez
V n. 20562/07);
Infatti l’adesione del prevenuto al patteggiamento comporta una implicita ammissione del fatto che
esime il giudice dal pieno accertamento della sua responsabilità permettendogli invece il mero
“accertamento negativo” di insussistenza di cause di non punibilità (Corte Costituzionale n. 155/1966);
Alla stregua di tali considerazioni, la doglianza sul mancato riconoscimento del tentativo e sulla
applicazione della aggravante del danno di rilevante entità, peraltro equivalente alla attenuanti, è
inammissibile in quanto fondata su motivi diretti a porre in discussione i principi in tema di
motivazione della sentenza di patteggiamento. Peraltro il giudice ha adeguatamente motivato in punto di
correttezza della qualificazione giuridica del fatto come furto consumato e non tentato e in punto di
applicazione della contestata aggravante suindicata.

P.Q.M

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno
al pagamento della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20.1.016

modalità di applicazione della pena purchè legale, a nullità anche assolute quando non inerenti la stessa

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