Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9375 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9375 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VASTOLO VINCENZO JUNIOR N. IL 30/05/1974
avverso la sentenza n. 6356/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Lti■ cuLtAJAA,:

Udito, per la parte civile, PAvv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/11/2013

Con sentenza in data 16.10.2012 la Corte di Appello di Napoli riformava
parzialmente la sentenza emessa dal GM. Del Tribunale del luogo,in data
23.3.2012,appellata da VASTOLO Vincenzo Junior ,con la quale il predetto imputato
era stato condannato per i reati di cui agli artt.110/468 CP.-(per la contraffazione del
sigillo di un ente pubblico apposto a carte di identità )(capo A);nonché ai sensi degli
artt.110/497 bis CP.per aver formato carte di identità false valide per l’espatrio(capo
B),e artt.110/477/482 CP.per aver formato false tessere sanitarie(capo C); artt.110-CP
e 55,co.IX D.Lgs. n.231/2007,per aver formato false carte di credito ,o di
pagamento.–Fatti acc.in data 10-1-2012Per tali reati la Corte riduceva la pena inflitta dal primo giudice,rideterminando la
pena base ,in relazione al capo B,ritenuto fatto di maggiore gravità, in anni uno e
mesi nove di reclusione,aumentata per la recidiva ex art.99 co.4 CP. ad anni due e
mesi undici di reclusione ,ulteriormente aumentata per la continuazione, ad anni tre e
mesi otto di reclusione per il predetto imputato.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il VASTOLO ,deducendo la
violazione di cui all’art.606 co.1 lett.E) CPP.
A sostegno del gravame censurava la motivazione inerente alla definizione del
trattamento sanzionatorio,atteso che era stato valutato il comportamento
dell’imputato che aveva manifestato di collaborare,ma —nella definizione della entità
della pena ,i1 giudice di appello non aveva operato la distinzione tra il comportamento
processuale del ricorrente ,che aveva iniziato a collaborare fin dalla fase iniziale
dell’istruttoria,rispetto al comportamento della coimputata.
Per tali motivi chiedeva l’annullamento.

RILEVA IN DIRITTO
Il ricorso risulta inammissibile.
Invero,premesso che dal testo del provvedimento impugnato si desume la adeguata
motivazione in merito alle deduzioni della difesa in sede di appello,essendo stata
accolta la richiesta tendente alla riduzione della pena originariamente inflitta,si deve
evidenziare che la Corte territoriale ha specificamente illustrato le ragioni in base alle
quali non erano state accolte le ulteriori richieste difensive,a favore del
Vastolo,rendendo conto della valutazione degli elementi desunti dalla entità del
fatto,e del ruolo rivestito dall’imputato nella produzione dei documenti
contraffatti,oltre che della strumentazione adibita alla illecita attività-

RITENUTO IN FATTO

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 a favore della Cassa delle AmmendeRoma,deciso in data 21 novembre 2013.
Il Consigliere relatore
IL PRESIDENTE

Ibt;,

Risultano in tal senso rispettati i criteri richiamati dall’art.133 CP.,rimessi
all’apprezzamento del giudice di merito,che deve ritenersi di carattere
discrezionale,ed esente da una rivalutazione in questa sede.
Le deduzioni difensive relative alla mancata distinzione tra la condotta processuale
dell’imputato e quella di altra coindagata,devono pertanto ritenersi
inammissibili,perché strettamente attinenti al giudizio esaurientemente esposto dalla
Corte di appello,e prive di riferimenti a presunte violazioni di legge(si richiama
sull’argomento sentenza di questa Corte,Sez.IV,in data 9.12.1982,n.2269CED157911,per cui-il giudice nella determinazione della pena,deve vagliare tutti gli
elementi di cui all’art.133 CP. Ed ha un ampio potere discrezionale che non può
essere ancorato a calcoli aritmetici che limitano irrazionalmente tale potere,perciò
non è accoglibile la censura con cui un condannato lamenti l’applicazione nei suoi
confronti di una pena sproporzionata rispetto a quella inflitta al coimputato)Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso,condannando il ricorrente al
pagamento delle spese processuali,oltre al versamento della somma di euro 1.000,00
a favore della Cassa delle Ammende-

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