Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9370 del 20/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9370 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
KAPAJ SPIRO N. IL 19/01/1968
avverso la sentenza n. 2223/2014 GIP TRIBUNALE di NOVARA, del
09/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 20/01/2016

Ritenuto in fatto e in diritto

Kapaj Spiro ha proposto a mezzo del difensore ricorso per Cassazione avverso la sentenza in data
9.10.14 del GUP del Tribunale di Novara di applicazione della pena per plurimi episodi di
cessione di sostanza stupefacente.
La presente impugnazione censura, con unico motivo di ricorso, l’omessa motivazione su criteri di

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il giudice, infatti, come era suo preciso compito, non ha fatto altro che verificare la giustezza
dell’accordo sottopostogli dalle parti ed applicare la relativa pena da esse concordata.
Questa Corte, in tema di patteggiamento, ha più volte affermato che “la parte non può dolersi della
misura della pena ‘Patteggiata”, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale”. (Sez. V, 20.9.99,
Espinola Vergara Tegualda de la Mercedes, Rv. 214482, Sez. VI 10.4.03, Valetta, Rv. 228405) —
Ed infatti, la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte
integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice
che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato
origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, “non è
legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la con gruilà della pena,
in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute” (Sez.
III, 27.3.01, Ciliberti, Rv. 219852).
Invero, il Giudice del patteggiamento deve solo valutare la congruità della pena negoziata, e non
determinare né, tantomeno, motivare la scelta effettuata, non essendo una sua valutazione, bensì
frutto di una libera e concordata scelta delle parti.
Il ricorso è dunque inammissibile; segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20.1.2016.

cui all’art. 133 di determinazione della pena, ritenuta eccessiva.

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