Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9370 del 15/11/2017

Penale Sent. Sez. 3 Num. 9370 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: CIRIELLO ANTONELLA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A.
B.B.

avverso la sentenza del 17/01/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA CIRIELLO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLO

Data Udienza: 15/11/2017

CANEVELLI che ha chiesto il rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza presentata
dall’avv. FABIO TARGA il 14/11/2017 e concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17.01.2017, per quanto qui rileva, la Corte di appello di Venezia, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Padova del 17.05.2016, nel confermare la
responsabilità dei ricorrenti, ha riqualificato i fatti ai sensi degli artt. 73, commi 1 e 5, DPR

ed alla multa di 10.000,00 euro, oltre pene accessorie, e Ahnnetaj Elvis alla pena di anni
due e mesi otto di reclusione e alla multa di euro 8.000,00 per avere, i medesimi, in
concorso tra loro e con altro soggetto, detenuto, ai fini di cessione, complessivi gr. 20,830
di cocaina e complessivi gr. 14,004 di marijuana, cedendo, altresì, gr. 4,957 di cocaina e
gr. 9,535 di marijuana a F.F. e gr. 0,951 di cocaina a Roberto Nesti, nonché
per avere, in concorso tra loro, detenuto kg. 2,519 di marijuana.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato A.A.,
chiedendone l’annullamento.
3. Questi deduceva, con il primo motivo, il vizio di motivazione, in cui sarebbe incorsa la
sentenza impugnata, che avrebbe individuato una pena in misura prossima ai massimi
edittali in ragione del quantitativo di stupefacente sequestrato e dell’elevatissimo numero
di dosi ricavabili senza considerare, tuttavia, il limitato effetto drogante rispetto al peso
lordo, ossia la scarsa purezza delle sostanze stupefacenti detenute illecitamente che
renderebbe la condotta non particolarmente offensiva e la sanzione non proporzionata.
Si duole altresì il ricorrente della contraddittorietà della motivazione, in ordine al
trattamento sanzionatorio, in quanto il collegio, dopo aver in termini generali statuito la
congruità di una pena vicina ai massimi edittali, in considerazione della gravità dei fatti
ascritti, avrebbe individuato in tali termini la sola pena detentiva (che si colloca oltre il
punto mediano tra la pena minima e la pena massima),mentre la pena pecuniaria, sarebbe
risultata vicina ai minimi edittali.
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente deduce un ulteriore vizio di motivazione del
provvedimento impugnato, in relazione all’aumento della pena per la continuazione,
relativo al capo a) di imputazione, pari ad un anno di reclusione ed a euro 300,00 di multa,
ritenuto nella prospettazione difensiva eccessivo e non proporzionato al fatto, come
riqualificato dalla stessa corte in termini di lieve entità, ai sensi del quinto comma dell’art.
73 DPR 309/90.
2.3. Ha proposto ricorso per Cassazione anche B.B. chiedendone l’annullamento,
tramite del proprio difensore, dolendosi del vizio di violazione di legge e il difetto di
motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, in relazione all’art. 133 c.p. e alla

309/90, ed ha condannato A.A. alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione

valutazione della congruità della pena; la corte avrebbe reso, in particolare, una
motivazione solo apparente, senza indicare gli elementi presi in analisi ed operando solo
un generico riferimento alle circostanze di fatto della condotta e ai parametri dell’art. 133
c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.La richiesta di differimento dell’udienza odierna non può trovare accoglimento, in quanto

tardivamente formulata (il 14.11.2017) e solo genericamente motivata.
3.1. Nel merito dell’impugnazione, i ricorsi sono inammissibili, in quanto in maniera
generica e aspecifica pongono in discussione il potere discrezionale del giudice di
determinare la pena che, nel caso di specie, risulta esercitato in modo conforme ai principi
generali elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per interpretare le norme che regolano
tale potere.
In termini generali, come è noto, l’obbligo di motivazione deve intendersi adempiuto tutte
le volte che la scelta del giudice di merito venga a cadere su una pena che, per la sua
entità globale, non appaia sul piano della logica manifestazione sproporzionata rispetto al
fatto oggetto di sanzione, e la giurisprudenza, concordemente ha da anni ritenuto che non
sia neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice
risulta contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale, affermando che
“quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare
ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente,
fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai
fini di tale giudizio”

(cfr. ex multis Sez. 1, Sentenza n. 24213 del 13/03/2013 Rv.

255825).
Nel caso di specie, con riguardo ad entrambi gli imputati, la corte di Appello ha dato conto
in maniera adeguata delle ragioni per le quali non ha ritenuto, pur riqualificando il fatto in
termini più lievi rispetto a quanto avvenuto in primo grado (e così riducendo la pena
irrogata in prima istanza), di applicare una pena minima (e concretamente applicandone
una appena sopra la media per la componente detentiva), nell’ambito della cornice
edittale, giustificando così l’uso del potere discrezionale (pacificamente connotato da
discrezionalità vincolata) che gli art. 132 e 133 cod. pen. attribuiscono al giudice di merito
(chiarendo, cioè in concreto, che il numero delle dosi ricavabili, pari a ben 6922 dosi, e la
personalità degli imputati, che avevano dimostrato di essere capaci di reperire quantitativi
di stupefacenti significativi e di diverse qualità).
Né appare fondato il rilievo di irragionevolezza per non aver applicato una pena più alta
della media edittale anche per la componente pecuniaria (che in concreto, si duole il
ricorrente, si colloca al sotto di tale media), essendo pacifico il potere del giudice di
differenziare le due componenti, senza in ragione di ciò, incorrere in motivazione illogica
_

soprattutto quando, come nel caso di specie, sia adeguatamente motivata la componente
che si colloca sopra la media.
3.2. Le considerazioni svolte valgono anche con riguardo alla posizione del B.B., il cui
ricorso, peraltro, risulta inammissibile per la estrema genericità e aspecificità delle censure
formulate.
4. Ne consegue che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato

ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore
della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.
Rigettata l’istanza di rinvio in quanto tardiva, dichiara inammissibile i ricorsi e condanna
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2017
Il , Consigliere estensore

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che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il

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