Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9362 del 20/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9362 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCAPOLATIELLO LUIGI N. IL 28/01/1985
avverso la sentenza n. 5793/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
24/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 20/01/2016

Fatto e diritto

SCAPOLATIELLO LUIGI ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con cui, confermandosi
quella di primo grado, è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 73 del dpr n.
309 del 1990 contestatogli [in concorso con altro, non ricorrente].

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il giudicante ha fatto corretta e logica applicazione del principio in forza del quale, in tema di
sostanze stupefacenti, la ipotesi del fatto di lieve entità (articolo 73, comma 5, del dpr 9
ottobre 1990 n. 309) può essere riconosciuta solo in ipotesi di “minima offensività penale”
della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri
richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che,
ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante
l’eventuale presenza degli altri. Ciò in quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di
ragionevolezza derivante dall’articolo 3 della Costituzione, che impone – tanto al legislatore,
quanto all’interprete- la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del
fatto (Sezione IV, 13 maggio 2010, Lucresi, che ha ritenuto corretto il diniego dell’attenuante
basato proprio sulla gravità della condotta di spaccio).
Qui, il giudicante ha ampiamente motivato sulle ragioni che deponevano per l’insussistenza
dell’attenuante e il relativo giudizio regge al vaglio di legittimità anche a fronte di motivazione
sicuramente satisfattiva, siccome basata su una “complessiva” ed attenta disamina dei diversi
profili della condotta, con conseguente valorizzazione negativa – nei termini suindicati- di quelli
ritenuti significativi [modalità organizzata della condotta, essenzialmente].
Nessuna conseguenza, sotto questo specifico profilo, deriva dal novum normativo introdotto
dal decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10, che
ha trasformato l’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 del dpr n. 309 del 1990 in fattispecie
autonoma di reato [scelta normativa ribadita anche a seguito dell’ulteriore modifica introdotta
dal decreto legge n. 36 del 2014, convertito dalla legge n. 79 del 2014], giacchè i presupposti
del reato sono rimasti gli stessi che potevano giustificare [o, per converso, negare] la
concessione dell’attenuante.
Va affermato con chiarezza, infatti, che nella “ricostruzione” della nuova fattispecie autonoma
di reato sono utilizzabili gli stessi parametri che caratterizzavano la previgente previsione di
circostanza attenuante. Il fatto di “lieve entità”, cioè, deve essere apprezzato considerando i
mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la qualità e quantità delle sostanze
stupefacenti, riproponendo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, che vale
tuttora per cogliere il proprium anche della nuova fattispecie di reato. I principi cardine, in
proposito, sono quelli della “valutazione congiunta” dei parametri normativi e della rilevanza
ostativa anche di un solo parametri quando risulti “esorbitante” e cioè chiaramente
dimostrativo della “non lievità” del fatto. La valutazione congiunta, infatti, consente di
apprezzare, in modo equilibrato, il fatto in tutte le sue componenti, senza peraltro trascurare
le connotazioni particolari che assumono, nel concreto, i singoli parametri di riferimento.
E’ principio qui correttamente applicato.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle

Si duole del diniego dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 cit., giustificata dalla Corte di
merito valorizzando negativamente le modalità del fatto [modalità dello spaccio e diversi tipi
di stupefacenti, ritenuti dimostrativi di un’attività organizzata seppure rudimentale].

spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

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