Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9359 del 20/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9359 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANNUNZIATA MAURO N. IL 18/12/1966
avverso la sentenza n. 5628/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
14/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 20/01/2016

Fatto e diritto

ANNUNZIATA MAURO ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con cui, confermandosi
quella di primo grado, è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 73 del dpr n.
309 del 1990 contestatogli.

Si duole del diniego dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 cit., giustificata dalla corte di
merito valorizzando negativamente la quantità complessiva della droga, l’alta percentuale del
principio attivo e l’elevato numero delle osi ricavabili.

Si duole ancora del diniego delle generiche, giustificato soprattutto per il fatto che si trattava
di appartenente alle forze dell’ordine sospeso disciplinarmente dal servizio, mentre sussisteva
il divieto normativo di concessione per il solo fatto della incensuratezza.
Si duole, infine, dell’eccessività della pena, ritenuta congrua in ragione dei parametri di cui
all’articolo 133 c.p.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, il giudicante ha fatto corretta e logica applicazione del principio in
forza del quale, in tema di sostanze stupefacenti, la ipotesi del fatto di lieve entità (articolo
73, comma 5, del dpr 9 ottobre 1990 n. 309) può essere riconosciuta solo in ipotesi di
“minima offensività penale” della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo,
sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con
la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge,
diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in quanto la finalità dell’attenuante si
ricollega al criterio di ragionevolezza derivante dall’articolo 3 della Costituzione, che impone tanto al legislatore, quanto all’interprete- la proporzione tra la quantità e la qualità della pena
e l’offensività del fatto (Sezione IV, 13 maggio 2010, Lucresi, che ha ritenuto corretto il diniego
dell’attenuante basato proprio sulla gravità della condotta di spaccio).
Qui, il giudicante ha ampiamente motivato sulle ragioni che deponevano per l’insussistenza
dell’attenuante e il relativo giudizio regge al vaglio di legittimità anche a fronte di motivazione
sicuramente satisfattiva, siccome basata su una “complessiva” ed attenta disamina dei diversi
profili della condotta, con conseguente valorizzazione negativa – nei termini suindicati- di quelli
ritenuti significativi [quantità della droga, principio attivo, ecc.].
Nessuna conseguenza, sotto questo specifico profilo, deriva dal novum normativo introdotto
dal decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10, che
ha trasformato l’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 del dpr n. 309 del 1990 in fattispecie
autonoma di reato [scelta normativa ribadita anche a seguito dell’ulteriore modifica introdotta
dal decreto legge n. 36 del 2014, convertito dalla legge n. 79 del 2014], giacché i presupposti
del reato sono rimasti gli stessi che potevano giustificare [o, per converso, negare] la
concessione dell’attenuante.
Va affermato con chiarezza, infatti, che nella “ricostruzione” della nuova fattispecie autonoma
di reato sono utilizzabili gli stessi parametri che caratterizzavano la previgente previsione di
circostanza attenuante. Il fatto di “lieve entità”, cioè, deve essere apprezzato considerando i
mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la qualità e quantità delle sostanze
stupefacenti, riproponendo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, che vale
tuttora per cogliere il proprium anche della nuova fattispecie di reato. I principi cardine, in
proposito, sono quelli della “valutazione congiunta” dei parametri normativi e della rilevanza
ostativa anche di un solo parametri quando risulti “esorbitante” e cioè chiaramente
dimostrativo della “non lievità” del fatto. La valutazione congiunta, infatti, consente di

\

apprezzare, in modo equilibrato, il fatto in tutte le sue componenti, senza peraltro trascurare
le connotazioni particolari che assumono, nel concreto, i singoli parametri di riferimento.

Anche il diniego delle generiche è incensurabile, alla luce del principio secondo cui la
concessione o no delle circostanze attenuanti generiche risponde ad una facoltà discrezionale
del giudice, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere motivato nei soli limiti atti
a far emergere in misura sufficiente il pensiero del decidente circa l’adeguamento della pena in
concreto inflitta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Tali attenuanti non
vanno intese, comunque, come oggetto di una “benevola concessione” da parte del giudice,
né l’applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro
concessione deve avvenire come riconoscimento dell’esistenza di elementi di segno positivo,
suscettibili di positivo apprezzamento [Sezione IV, 20 gennaio 2015, Guaman Diaz]. Qui il
giudicante ha dato satisfattiva spiegazione del diniego.

Incensurabile è la determinazione del giudicante sul trattamento sanzionatorio, adeguatamente
motivata avendo riguardo ai criteri di cui all’articolo 133 c.p. [qui, a ben vedere, sia pure per
implicito, avendo riguardo alla personalità del prevenuto – operatore di polizia sospeso dal
servizio- come già apprezzato per negare le generiche].

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle
spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 gennaio 2016
Il Consigliere estensore

residente

E’ principio qui correttamente applicato.

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