Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9353 del 20/01/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9353 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GAMBIE MODOR DETTO “GALLAS” N. IL 03/04/1994
avverso la sentenza n. 31692/2014 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
01/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Data Udienza: 20/01/2016
Fatto e diritto
otaro
I kr
GAMBIE MODOR ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe di applicazione della pena su
richiesta ex articolo 444 c.p.p. per le violazioni dell’articolo 73 del dpr n. 309 del 1990
contestategli
Contesta, in termini sintetici ed assertivi, la violazione dell’articolo 129 c.p.p.
Del resto, nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più
consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento alla
sussistenza ed alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze, alla entità e modalità di applicazione della pena
(salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale) (Sezione IV, 7 novembre 2006, Cassata).
In ogni caso, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Sezioni unite,
27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della
pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba
essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Ciò il giudicante ha fatto, ben oltre la sinteticità richiesta dal rito, con riferimento proprio ai
presupposti di inapplicabilità dell’articolo 129 c.p.p. [valorizzando soprattutto gli esiti delle
intercettazioni e dei sequestri] e anche alla correttezza della pena proposta.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle
spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in millecinquecento euro, in
favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro millecinquecento alla cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 gennaio 2016
Il Consigliere estensore
Pre dent
La doglianza è formulata in modo assolutamente generico.