Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9353 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9353 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
n. il 13.07.1985

ZUCCARO AGATINO
Nei confronti del
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE

avverso l’ordinanza n. 33/2012 della Corte d’appello di Catania del
12.06.2012
Visti gli atti, l’ ordinanza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 3 dicembre 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.
Giovanni D’Angelo che ha concluso per l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza.
Il

Ministero

dell’Economia

e

delle

Finanza,

rappresentata

dall’Avvocatura dello Stato, con memoria depositata in termini chiede
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con l’ordinanza, indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Catania ha
rigettato la richiesta, presentata da ZUCCARO Agatino,

di riparazione per

ingiusta detenzione, in riferimento al procedimento penale che lo aveva visto
imputato dal reato di cui all’art. 416 bis cod. pen, successivamente
derubricato in quello di cui all’art. 478 cod. pen.,Ofief con successiva

del 13.12.2010.
Rifacendosi alle risultanze delle indagini preliminari ed al decreto di
archiviazione, quale elemento certo acquisito agli atti la Corte l.evidenzia le
dichiarazioni del padre dello Zuccaio, appartenente al clan “Cappello”, con cui
asseriva di essersi avvalso del figlio quale tramite nella consegna del danaro
con Colombrita Giovanni. Pertanto ponendo l’accento sulla consapevolezza da
parte dell’istante dell’implicazione del proprio genitore nell’attività illecita
ga la condotta ritenuta gravemente colposa è stata quella di
accondiscendere alle consegne di somme di danaro prive di uhapparente titolo
di liceità.
Con il proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza, indicata in
epigrafe, a mezzo del difensore, l’istante denuncia vizi di motivazione
dell’atto, consistenti in una errata valutazione della condotta del ricorrente,
apoditticamente ritenuta integrare l’ipotesi di colpa grave, gravità sulla quale
manca una convincente ed analitica motivazione, che possa superare la
valutazione della sentenza di assoluzione, per la quale gli indicati elementi
sono stati ritenuti inconsistenti o insufficienti per una affermazione di penale
responsabilità. In sostanza il provvedimento restrittivo era stato emesso per
comportamenti ritenuti illeciti od equivoci del ricorrente, ma che invece
rientravano nelle normali relazioni tra parenti.
Pertanto, si sostiene che i comportamenti dello ZUCCARO, come evidenziati
nell’impugnata ordinanza, non hanno avuto alcuna rilevanza per l’emissione
del provvedimento restrittivo e non possono perciò avere integrato la causa
ostativa posta a base della decisione di rigetto dell’istanza.
Con il parere scritto il P.G., nella persona del dott. Giovanni D’Angelo, nel
chiedere di annullare l’impugnata ordinanza ha evidenziato che l’impugnata
ordinanza non appare adeguatamente motivata in quanto in essa non
vengono specificati, con riferimento al caso concreto, i comportamenti del
ricorrente caratterizzati da spiccata leggerezza o macroscopica
trascuratezza o evidente imprudenza.

-L

archiviazione della sua posizione con decreto del GIP del tribunale di Catania

Il ricorso va rigettato essendo i relativi motivi infondati.
Appare conferente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui
(cfr. fra tutte Cass. Pen., IVA sez., n. 2830, del 12.5.2000) “il sindacato del
Giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del
procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o
negare il presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato. Resta invece
nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito la valutazione sull’esistenza e

soltanto il compito di verificare la correttezza logica del ragionamento”
Per il caso che ci occupa, l’iter argomentativo, seguito dalla Corte
d’Appello, resiste alle censure di cui al ricorso in quanto,,ii gli elementi
probatori già sussistenti nella fase delle indagini che, se da un lato non sono
stati ritenuti sufficienti per un rinvio a giudizio dello ZUCCARO TRASHAJ in
ordine ai fatti a lui addebitati, costituiscono, per altro verso, condotte
riganti una eclatante e macroscopica negligenza ed imprudenza;
presupposto che ha ingenerato la falsa apparenza della loro configurabilità
come illecito penale e dando luogo, così, alla detenzione con rapporto di
causa ed effetto.
In sostanza la Corte d’appello, ha ritenuto che siffatti elementi – che
vedono l’odierno ricorrente partecipe negli affari condotti dal padre – erano
sintomatici di una conoscenza diretta che quegli affari erano illecitfr,
conoscenza che integra, quanto meno, una connivenzetYse non rilevante dal
punto di vista penale, lo è sotto il profilo che in questa sede interessa; nel
senso che può essere astrattamente configurata gravemente colposa, perché
caratterizzata da grave negligenza, la condotta passiva del connivente per
non averne valutato gli effetti in quanto idonea a creare un’apparenza di
partecipazione alle attività criminose di altri.
L’assenza di qualsivoglia traccia economico-contabile, proprio in
considerazione dell’attività di commercio di pesce a mezzo di una società
della famiglia Zuccaio, con riferimento ai rapporti avuti con il Colubrina, non
può non aver ingenerato nell’Autorità procedente l’erronea rappresentazione
della realtà circa le effettive finalità di dazione di danaro che avvenivano con
cadenza regolare per di più in contanti.
Di fronte alla condotta volontaria del ricorrente su descritta, sussistevano,
dunque, concrete probabilità che egli potesse essersi reso responsabile dei reati
contestatigli e, comunque, ad aver colpevolmente indotto l’Autorità giudiziaria a

la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo restando al giudice di legittimità

credere nel suo coinvolgimento e a procedere all’applicazione della misura
cautelare personale.
Ed appare evidente che il GIP, nella valutazione complessiva della condotta
criminosa del ricorrente, in relazione alla verifica dei presupposti per emettere il
provvedimento cautelare, ha tenuto senz’altro conto dei dati oggettivi ma anche
del comportamento dell’indagato, e di tanto ha tenuto 1i conto la Corte
territoriale, nell’esaminare la richiesta

de qua, sotto il profilo della colpa,

indipendentemente dalla relativa valutazione di non valenza criminale operata

Al rigetto del ricorso segue 01qcondanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e alla rifusione delle spese in favore del costituito Ministero che si
liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
oltre alla rifusione in favore del costituito Ministero dell’Economia e delle
Finanze delle spese che liquida in complessivi € 750,00.
Così deciso in Roma alla udienza camerale del 3 dicembre 2013.

dalla sentenza della Corte d’Appello in sede di gravame.

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