Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9352 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9352 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) VALENDINO VALERIA, N. IL 14/5/1969,
avverso l’ordinanza n. 21/2013 pronunciata dal Tribunale di Trani, sezione per il
riesame il 12/4/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Valendino Valeria ricorre per cassazione avverso l’ordinanza indicata in
epigrafe, con la quale il Tribunale di Trani, in funzione di giudice del riesame, ha
rigettato l’istanza di riesame del sequestro conservativo dei beni immobili di
proprietà degli imputati, nei limiti previsti dalla legge per il pignoramento e a
garanzia del pagamento delle spese processuali.
Lamenta mancanza assoluta di motivazione: il Tribunale, dopo aver dato
atto dell’esistenza di due opposti orientamenti giurisprudenziali in ordine ai
presupposti legittimanti il sequestro conservativo (comportamento degli imputati
teso a disperdere le garanzie in favore dei creditori; mera sproporzione tra
patrimonio dell’imputato e credito), si è limitato ad aderire al secondo, ormai
superato, e senza spiegare le ragioni della preferenza accordata. Aggiunge

Data Udienza: 28/11/2013

l’esponente che solo la prima interpretazione appare costituzionalmente
conforme, in relazione all’art. 3 Cost.
Con un secondo motivo deduce violazione dell’art. 324, co. 7 cod. proc.
pen., in combinato disposto con l’art. 309 cod. proc. pen. Sussistendo ‘abnorme
carenza di motivazione’ nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Trani, in punto di indicazione delle condotte distruttive e/o
dispositive poste in essere dalla Valendino, il Collegio territoriale adotta una
diversa tesi interpretativa, supplendo così con argomentazioni proprie a carenze

Con un terzo motivo deduce analoga violazione di legge, non avendo il
Tribunale consentito all’imputata di difendersi, non accordando il richiesto rinvio
dopo che il PM, all’udienza del 28.3.2013, aveva prodotto documentazione dalla
quale il Tribunale ha tratto argomenti per rigettare l’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.

4.1. La carenza assoluta di motivazione lamentata dalla ricorrente è del
tutto insussistente. Lo svela la stessa articolazione del ricorso, che dopo aver
espresso la prima doglianza richiama la tesi interpretativa fatta propria dal
Tribunale e gli argomenti tratti dalla documentazione versata in atti dal P.M.
all’udienza del 28.3.2013.
Invero, il Collegio territoriale ha effettivamente aderito alla tesi che reputa
sufficiente a fondare il sequestro conservativo la sproporzione tra patrimonio
dell’imputato e obbligazioni nascenti dal reato; e ciò ha fatto spiegando che la
preferenza trova ragione nel dato letterale della norma.
Inoltre, il giudice non si è limitato ad enunciare il principio di diritto ritenuto
valevole nel caso di specie, ma ha anche esaminato le circostanze acquisite,
ovvero la consistenza patrimoniale della Valendino come definita dalla G.d.F.
nella nota del 13.2.2013 (valore stimato in euro 88.435,20) e l’ha comparata alle
spese processuali, quantificate in euro 230.000 alla data del 14.3.2013 ma
suscettibili di ulteriore incremento in ragione di euro 330,00 giornaliere. Da qui il
giudizio, non manifestamente illogico, di obiettiva inadeguatezza del patrimonio
della Valendino.
Peraltro, il Collegio non si è limitato a tanto, avendo ulteriormente analizzato
il comportamento tenuto dall’imputata, e quindi rinvenendo gli estremi di una
condotta dispersiva delle garanzie del credito, consistente nello svuotamento di
due conti correnti.

2

motivazionali del provvedimento impugnato.

Sicchè l’opzione iniziale in punto di diritto non ha precluso una ricognizione
ed una valutazione della vicenda alla stregua del diverso orientamento
giurisprudenziale.

4.2. Ciò rende privo di rilievo il preteso vizio censurato con il secondo
motivo. Vizio che tuttavia non può farsi a meno di definire insussistente, poiché
non risponde al vero che il Tribunale del riesame non possa sostituire la propria
motivazione a quella del giudice della cautela. Il principio è stato posto dalle S.U.

sede di riesame del sequestro preventivo, è legittima la decisione con la quale il
tribunale conferma il relativo decreto per ragioni non coincidenti con quelle che
lo sorreggono, in quanto, data la natura interamente devolutiva del citato mezzo
di gravame, il Tribunale, da un lato, ha il potere di sottoporre a nuovo scrutinio
l’atto di impulso del P.M. e, dall’altro, pur non potendo supplire con
argomentazioni proprie a carenze motivazionali del provvedimento impugnato di
portata tale da renderlo giuridicamente inesistente, è tuttavia abilitato a
modificarne e integrarne la struttura logica nei termini ritenuti meglio rispondenti
allo scopo legittimamente perseguito in concreto dall’organo di accusa (Sez. U,
n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239694). Che nella
fattispecie non ricorra alcuna carenza motivazionale si è già dimostrato.
4.3. Infine, quanto al terzo motivo, va rammentato che costituisce preciso
obbligo del decidente prendere in esame la documentazione prodotta in udienza
dalle parti (“In tema di riesame dei provvedimenti che dispongono misure
cautelari coercitive, l’art. 309, comma nono cod. proc. pen. prevede che il
tribunale decide ‘anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso
dell’udienza’. Ne consegue che va annullata con rinvio l’ordinanza con cui il
tribunale confermi il provvedimento coercitivo, omettendo di prendere in
considerazione la produzione difensiva”: Sez. 2, n. 16759 del 13/04/2010 – dep.
03/05/2010, Rizzo, Rv. 247028).
Tuttavia, non vi è norma che preveda l’obbligo del giudice di disporre, in
conseguenza della produzione, il rinvio dell’udienza ove richiesto dalla parte
avversa a quella che ha operato la produzione. Peraltro, la ricorrente non ha
neppure allegato quale nocumento le sia venuto dal mancato rinvio, a fronte
della acquisizione di documenti che recavano indicazioni relative a condotte e a
dati ad essa stessa riferibili.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

3

con la decisione citata in termini non esattamente congrui dalla ricorrente: “in

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28/11/2013.

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