Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9345 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9345 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALLORE MASSIMILIANO N. IL 24/03/1977
avverso l’ordinanza n. 15/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 22/07/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/sentile le conclusioni del PG Dott. .2,1.A4ì .
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4)1 lice.w. –

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Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Ballore Massimiliano, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 25.8.2008 al
10.3.2009, in relazione ai delitti di fabbricazione, illecita detenzione e porto di
due ordigni esplosivi, di danneggiamento aggravato di un palo dell’illuminazione
del cortile di una caserma dei Carabinieri, di tentato incendio della caserma
per i quali era stato mandato assolto in data 10.3.2009 dal

Tribunale di Nuoro, perché il fatto non sussiste, venendo condannato per il reato
contravvenzionale di scoppio continuato dei due menzionati ordigni, previa
diversa qualificazione del fatto originariamente contestato.

2. La Corte territoriale ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti del diritto alla
riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., in quanto il
comportamento dell’odierno ricorrente aveva dato corso all’ordinanza di custodia
cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al
riconoscimento dell’indennizzo richiesto. E ciò in quanto, secondo l’accertamento
condotto dal Tribunale, il Ballore aveva lanciato in tempo di notte due lattine
contenenti liquido altamente infiammabile e con innesco acceso all’interno del
cortile della caserma dei carabinieri di Mamoiada.

3. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione
dell’art. 314 cod. proc. pen., censurando l’interpretazione data dal giudice di
merito e affermando che “il dubbio in ordine alla inoffensività della condotta del
Ballore e all’assenza di rilievo penale della medesima è apparso fin dal contatto
con il giudice della cautela.. e si è manifestato concretamente davanti al
tribunale…”. E’ noto che due lattine munite di stoppino acceso non potevano
deflagrare e causare l’incendio di una pavimentazione in calcestruzzo; non si
comprende perché non si siano immediatamente eseguiti gli approfondimenti
istruttori di natura tecnica che il Giudice per le indagini preliminari aveva
suggerito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

5.1. In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per
valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa
grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi
probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che

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medesima,

rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. U, n. 34559 del
26/06/2002 – dep. 15/10/2002, Min. Tesoro in proc. De Benedictis, Rv. 222263).
In particolare, quanto al compendio degli elementi valutabili, il S.C. ha
ripetutamente puntualizzato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno
della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per
ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della colpa

cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che
successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento
della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. U,
n. 32383 del 27/05/2010 – dep. 30/08/2010, D’Ambrosio, Rv. 247664; nel
medesimo senso già Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, Sarnataro
ed altri, Rv. 203636).
Vale anche precisare che idonea ad escludere la sussistenza del diritto
all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314, primo comma, cod. proc. pen. – è non solo
la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi
termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma
anche “la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del
procedimento riparatorio con il parametro dell’ “id quod plerumque accidit”
secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una
situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a
tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche
ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve
ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del
predetto primo comma dell’art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur
tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza,
imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme
disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile,
ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un
provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno
già emesso” (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, Sarnataro ed
altri, Rv. 203637).
5.2. Nella prospettiva del sindacato di legittimità è decisivo rimarcare che esso è
limitato alla correttezza del ragionamento logico giuridico con cui il giudice è
pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del beneficio,
mentre resta nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a

grave dell’interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia

motivare adeguatamente e logicamente il proprio convincimento, la valutazione
sull’esistenza e la gravità della colpa o del dolo (Sez. 4, n. 21896 del
11/04/2012 – dep. 06/06/2012, Hilario Santana, Rv. 253325).
Occorre quindi stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e
logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dall’istante ad
ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della libertà
personale il convincimento di un probabile coinvolgimento dell’odierno ricorrente
nell’attività illecita che gli è stata attribuita, partendo dal principio che il giudice

non esclusi, ma non può affermare come esistenti fatti che siano stati esclusi nel
giudizio di merito.

6. Nel caso che occupa, la Corte territoriale, con motivazione logica ed ampia, ha
spiegato che le condotte ascritte al prevenuto sono state idonee a determinare
l’applicazione della misura cautelare.
In particolare, il giudice della riparazione ha valorizzato il comportamento
certamente tenuto dal Ballore, consistito nel cosciente e volontario porto in luogo
pubblico di due lattine contenenti abbondante materiale altamente infiammabile
e l’occorrente per appiccargli il fuoco, nella fabbricazione in tempo di notte di due
inneschi, nell’aver dato fuoco ai medesimi e nell’aver lanciato le lattine contro un
obiettivo altamente significativo come la locale caserma dei Carabinieri. A
differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, nella prima fase delle indagini non
vi era alcuna evidenza risolutiva della scarsa offensività degli strumenti
incendiari preparati dal Ballore, tanto che dovette essere eseguita una perizia
balistica, risultata decisiva per poter accertare che i reperti non potevano essere
definiti ordigni assimilabili alle bombe Molotov perché l’attentatore aveva versato
parte del liquido contenuto in una lattina e non aveva travasato lo stesso in una
bottiglia di vetro e che l’incendio non si era potuto sviluppare per le
caratteristiche della pavimentazione del luogo (calcestruzzo).
Pertanto, correttamente il giudice di merito, senza effettuare alcuna illegittima
rivalutazione della sentenza penale di assoluzione, ma rilevando solo la
sussistenza di elementi che hanno dato causa all’emissione della misura
cautelare, e configuranti la colpa grave a norma del primo comma dell’art. 314
cod. proc. pen., ha escluso il diritto della istante alla riparazione, essendo
indubbiamente le circostanze succitate idonee a far ritenere le fattispecie
originariamente contestate.
7. Segue al rigetto del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4

della riparazione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

:23111/2-01.3

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio deltraign.

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