Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9341 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9341 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
BERARDI GAETANO

n. il 31.01.1977

avverso la sentenza n. 40/2013 del Tribunale di Trani del 17.01.2013.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 14 novembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona dle dott.
Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per l’annullamento della
sentenza con rinvio.

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
BERARDI Gaetano ricorre per cassazione avverso la sentenza, in epigrafe
indicata, con la quale il Tribunale di Trani ha applicato ai sensi dell’art. 444
c.p.p. la pena concordata in ordine al delitto di furto aggravato.
Denuncia violazione di legge nella specie degli artt. 88 cod. pen e 70 c.p.p. per
non avere il giudice dichiarato nei suoi confronti n.d.p. per vizio totale di mente
pur emergendo dagli atti che già con sentenza del 29.11.2004 il GUP del

successivamente il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, con
provvedimento del 29.01.2009, ha proceduto all’applicazione del condono in
favore dell’imputato confermando la misura di sicurezza del ricovero presso
l’ospedale psichiatrico giudiziario per 5 anni.
Il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 585 comma 1 lett. A) per
perenzione del termine perentorio di quindici giorni per l’impugnazione. Invero
la sentenza, da ritenersi emessa in camera di consiglio alla presenza
dell’imputato con lettura del dispositivo e contestuale motivazione, è del 17
gennaio 2013, il ricorso è stato depositato il 14 febbraio 2013.
Comunque, al di là della intempestività del ricorso esso è da ritenersi
inammissibile anche per la manifesta infondatezza del motivo addotto.
Si rammenta che il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi
di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per
una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il
giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a
valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le
stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p.,
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio.
Nel caso di specie, al momento della proposizione dell’accordo raggiunto dalle
parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nessuna circostanza è stata addotta
. dall’imputato e dalla difesa circa una incapacità di intendere di volere

medesimo Tribunale aveva dichiarato n.d.p. per vizio totale di mente e che

manifestatasi al momento del fatto contestato, la documentazione agli atti
(certificato penale) di per sé non rileva ai fini dell’applicazione della causa di
esclusione della imputabilità del vizio parziale di mente, in quanto tale
condizione deve essere presente al momento della commissione del reato, e,
quindi, in mancanza di una certificazione medica in tal senso, il giudice non ha
correttamente ritenuto di prendere in considerazione solo ciò che emergeva dai
precedenti del BERARDI.

pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
500,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

Per questi motivi

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di euro 500,00 (cinquecento/00).
Così deciso in Roma alla udienza camerale del 14 novembre 2013.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al

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