Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9335 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9335 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
LA BELLA VITTORIO

n. 11 19.03.1939

Nei confronti di
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 110/2008 della Corte d’appello di Bari dell’
11.04.2011.
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 14 novembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott. Vito
D’Ambrosio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Letta la memoria depositata per conto del Ministero dell’Economia e
delle Finanze con cui si chiede l’inammissibilità e/o il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
LA BELLA Vittorio ricorre per cassazione avverso l’ordinanza, in epigrafe
indicata, con la quale la Corte d’Appello di Bari ha respinto la sua richiesta
volta ad ottenere equa riparazione per ingiusta detenzione sofferta agli arresti
domiciliari dal 7 marzo al 30 maggio 2003 in ordine al delitto di cui agli artt.
110, 479, 61 n. 2 cod. pen.,- per aver formato quale addetto dell’UTC del
comune di Foggia, in concorso con il direttore dei lavori, un atto

ai progetti approvati, mentre tre mesi dopo, i VV.UU. dello stesso comune
accertavano la difformità dei lavori, che avevano trasformato la destinazione
degli immobili, previsti per uffici e predisposti invece per uso abitativo.
Dal suddetto reato il ricorrente veniva prosciolto con la formula “perché il
fatto non sussiste”, perché non vi era prova che il sopralluogo non fosse stato
effettuato.
La Corte d’appello, con l’impugnata ordinanza, ha ritenuto di non accogliere
l’istanza di riparazione, sussistendo la causa ostativa di cui all’art. 314, 10
comma c.p.p., in quanto lo stesso richiedente aveva concorso a dare causa
alla misura cautelare con colpa grave. In particolare, la Corte distrettuale
evidenziava che il comportamento colposo del La Bella risultava dal fatto che
gli esiti dei sopralluoghi dei VV:UU. non erano stati smentiti, nel senso che
effettivamente erano stati realizzati lavori abusivi che avevano modificato la
destinazione d’uso degli immobili e dalle ammissioni dello stesso, nel suo
interrogatorio di garanzia, avvenuto tre giorni dopo l’arresto, quando aveva
dichiarato: “io non ho saputo neanche niente, perché altrimenti sarei stato
più attento”.
Il ricorrente lamenta vizio di motivazione sia per gli elementi risultanti dalle
pronunce assolutorie, sia e soprattutto perché, si sostiene, avendo ammesso
almeno una sua scarsa attenzione nel corso dell’interrogatorio di garanzia in
data 10 marzo 2003, la carcerazione dell’interessato doveva considerarsi
illegittima quanto meno dalla data dell’arresto – 7 marzo 2003 – a quella
della suddetta dichiarazione.
((((((((((((o))))))))))
Appare conferente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo
cui (cfr. fra tutte Cass. Pen., IV” sez., n. 2830, del 12.5.2000) “il sindacato
del Giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del
procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o
negare il presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato. Resta invece

2_ –

ideologicamente falso, con il quale si attestava la conformità di un immobile

nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito la valutazione sull’esistenza e
la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo restando al giudice di legittimità
soltanto il compito di verificare la correttezza logica del ragionamento”
Per il caso che ci occupa, l’iter argomentativo, seguito dalla Corte d’Appello,
non resiste alle censure del ricorrente, atteso che i ravvisati comportamenti,
ritenuti indici rilevatori della sussistenza del preciso nesso eziologico tra la
condotta tenuta dall’istante – che lo avrebbe posto nella obiettiva situazione

che appaiono essere marginali, cioè non manifestamente e verosimilmente
riconducibili ad una situazione che apparentemente potrebbe configurasi
come di concorso nel contestato reato di falso in atto pubblico.
Non convince, invero, la motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove ha
ritenuto di dover basare la statuizione di rigetto della richiesta riparatoria
sulle dichiarazioni ammissive rese dallo stesso istante.
Innanzitutto, è la stessa ordinanza che rileva che il giudice dell’assoluzione ha
ritenuto che il sopralluogo sia stato realmente effettuato dal LA BELLA
(laddove gli era stato contestato di aver rilasciato le attestazioni di conformità
senza neanche procedere al sopralluogo) e che per altro, era avvenuto di
lunedì e non di domenica, eliminandosi così il sospetto che esso non fosse
mai avvenuto, in quanto appariva un’anomalia il fatto che fosse stato
eseguito in un giorno festivo.
Di poi, sempre la sentenza di assoluzione, richiamata nell’ordinanza,
premesso che gli interventi di modifica della destinazione degli immobili ad
uso residenziale erano stati determinati dai vari procedimenti amministrativi
ed erano stati posti in essere dai privati acquirenti e, quindi successivi alla
realizzazione ed al completamento degli immobili, per cui le attestazioni di
conformità, tra il progettato ed il realizzato, erano coerenti con l’oggetto
delle concessioni e con i lavori eseguiti, su tale rilievo è giunta ad affermare
l’assoluzione perché manca l’oggetto materiale del falso.
E’ da rilevare che i sopralluoghi dei VV:UU: all’esito dei quali si riscontrò la
difformità circa la destinazione d’uso degli immobili erano stati eseguiti a
distanza di tre mesi da quello del La Bella.
Dunque, l’unico comportamento ritenuto gravemente colposo posto in essere
dal ricorrente sarebbe stato quello, come ammesso dal medesimo, di avere
eseguito il sopralluogo con superficialità.
Ed è proprio la valutazione di tale comportamento che dovrà essere rivisitata
dalla Corte della riparazione; ed , invero, non basta riportare la frase riferita

di gravità indiziaria – e la misura cautelare emessa, afferiscono a condotte

dal La Bella in sede di interrogatorio “perché altrimenti sarei stato più
attento” per giungere ad affermare che il sopralluogo fu eseguito non
evidenziando elementi macroscopici che testimoniassero la modifica della
destinazione d’uso degli immobili. E’ ben possibile che nell’arco di tempo tra il
sopralluogo del geometra dell’UTC e quello dei VV:UU i proprietari abbiano
realizzato modifiche strutturale più visibili.
Il giudice della riparazione, come costantemente affermato da questa
Corte, non deve enucleare gli indici del dolo o della colpa grave da
elementi successivamente accertati all’emissione della misura cautelare;
l’analisi della condotta dell’istante, al fine della verifica della sussistenza o
meno di condizioni ostative al riconoscimento dell’indennizzo de quo, va
cristallizzata al momento in cui è stata adottata la misura cautelare
Dunque, è necessario rivalutare, alla luce delle risultanze istruttorie certe
emerse dal procedimento penale, il comportamento, evidenziato dalla Corte
d’appello quale ostativo al riconoscimento della richiesto indennizzo, per
determinarne l’effettiva rilevanza sotto il profilo gravemente colposo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Bari per
l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma alla udienza camerale del 14 novembre 2013.

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