Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 933 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 933 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OTELLA ALESSANDRO N. IL 25/08/1944
avverso l’ordinanza n. 10/2014 TRIB. LIBERTA’ di CUNEO, del
19/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. l= ravx
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN

EArro

i. -rnri -ordin anza del 19.3.20 14 li Thihìinale di O.neo , a seguito di istanza
di riesame proposta da OTELLA Alessandro, indagato in ordine al reato
di corruzione attiva, avverso il decreto di sequestro preventivo: emesso
in via d’urgenza dal P.M. e convalidato dal G.I.P. in data 11.2.2014, ha

2.

Il provvedimento impugnato ha, in particolare, confermato il sequestro
preventivo di somme che hanno considerato anche erogazioni di
emolumenti corrisposti – per Euro 993.614 – per nove assunzioni in
favore del corrotto TARIZZO, considerando che anche queste erano
state determinate dalla condotta illecita dell’indagato e che dovevano
ricomprendersi nel prezzo della corruzione anche le erogazioni in favore
di terzi.

3. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore
dell’indagato deducendo inosservanza o erronea applicazione della legge
penale in ordine alla individuazione ed alla quantificazione del prezzo dei
reati oggetto di contestazione ex art, 322 ter comma 2 cod._ pen. e„
comunque, mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione sul punto. In particolare, il Tribunale ha

erroneamente

ritenuto che le somme che la GEC s.p.a. ha corrisposto e, in parte,
continua a corrispondere ai dipendenti asseritamente assunti su
segnalazione del funzionario regionale piemontese TARIZZO e di alcuni
funzionari regionali campani, fossero qualificate quali prezzo dei reati
oggetto di contestazione e che, pertanto, il relativo complessivo importo
potesse concorrere a costituire il montante delle somme di denaro o
delle altra utilità date o promesse ai predetti pubblici ufficiali – stimato
in complessivi Euro 1.805.199,00. Invece, gli emolumenti corrisposti a
seguito delle effettive assunzioni non potrebbe“)
paradigma normativo dovendo essi essere esclusi dalla nozione, per
quanto allargata, del prezzo dei delitto di corruzione che costituisce il
costo sostenuto dal corruttore per indurre il pubblico ufficiale a
commettere l’azione illecita. Né il Tribunale ha risposto alla doolianza

difensiva che censurava l’assunto secondo il quale tale prezzo sarebbe
stato ancora in corso di pagamento attraverso la corresponsione degli
emolumenti in questione.

rigettato l’istanza.

CONSIDERATO IN Dira t I 0
Il ricorso è fondato.

i.

L’art. 322 ter cod. perì. è Stato introdotto nei sistema, dotando
l’ordinamento di strumenti atti ad aggredire il patrimonio dell’autore di
reati contro la pubblica amministrazione e riconoscendo la possibilità
della confisca di beni nella disponibilità del reo di valore pari al profitto o
al prezzo di tali „illeciti, -laddove l’abla7ione diretta -di tali profitto o prezzo

aggiunge alle previsioni codicistiche che contemplano i singoli reati,
volto a scongiurare gli arricchimenti derivanti dalla consumazione degli
illeciti ove favoriti dalla difficoltà di individuare con precisione nel
patrimonio del reo i beni che ne costituiscono il prezzo ovvero il profitto
(forma di prelievo pubblico a compensazione di illeciti prelievi definisce
detta confisca Cass. sez. U n. 41936 del 25.10.05).
2.

Con riferimento al reato di corruzione, tipico reato bilaterale a
concorso necessario, l’art. 322 ter cod. pen. opera una distinzione a
seconda che si faccia riferimento alla posizione passiva del pubblico
ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio corrotto oppure a quella
attiva del soggetto corruttore, dato che il comma 1 è applicabile (tra gli
altri) ai reati _di cui agli _artt. 318, 319 e 320 c.p. e art. 322 bis c.p.,
comma 1, mentre il comma 2 è riferibile esclusivamente alla corruzione
attiva, sanzionata dall’art. 321 cod. pen.. Ne! comma 1 il riferimento è al
profitto o al prezzo immediati del reato nonché a beni di valore ad essi
corrispondente (dopo la novella di cui alla L. n. 190 del 2012) in caso di
impossibile individuazione; nel comma 2 il riferimento è evidentemente
al profitto del corruttore o a beni di valore corrispondente, in caso di
impossibile individuazione di esso nel patrimonio del reo.

3.

Nella specie si verte in tema di sequestro, ai sensi dell’art. 322 ter
comma 1 axi. pen., di beni appartenenti al corruttore per un valore
corrispondente al prezzo del reato: nella logica sanzionatoria della
previsione codicistic.a di questo è sempre ordinata la confisca anche in
capo al corruttore, giustificandosi il provvedimento di sequestro
preventivo ai sensi dell’art. 321 comma 2 rtnet .proc.

4.

Ed il prezzo del reato, secondo la ricostruzione giurisprudenziale
ormai consolidata, che si deve a SAL, 3 luglio 1996, Chabni Samir,Rv.
205707 rappresenta « il compenso dato o promesso per indurre
istigare o determinare un altro soggetto a commettere un reato ». Con

non sia stata possibile. Esso rappresenta, dunque, un deterrente che si

S.U. n. 38691, Caruso, rv. 244189 è

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inoltre, insegridlU une

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nozione di profitto del reato contenuta nell’art. 240 c.p., << deve essere identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato >> e si contrappone al «prodotto» e al «prezzo>> del
reato. Il prodotto, invece, sottolineano le S.U., è il risultato empirico
dell’illecito, cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite
mediante il reato («il risultato>> del reato, «cioè il frutto che il

prezzo va individuato nel «compenso dato o promesso ad una
determinata persona, come corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito»
ovvero in «un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno
spinto l’interessato a commettere il reato>>, ribadendosi che ad esso
non può essere attribuita la definizione di «utilità economica>>
ricavata dalla commissione del reato.
5.

Possono costituire prezzo del reato di corruzione anche somme di
denaro che siano state erogate a soggetti terzi e non al funzionario
pubblico. (Nella specie, la Corte ha ritenuto qualificabile come prezzo del
reato i finanziamenti erogati da un imprenditore a società di produzione
cinematografica, per favorire la carriera di attore del figlio di un
funzionario pubblico e, di conseguenza, legittimo il sequestro preventivo,
funzionale alla confisca per equivalente, di beni nelle disponibilità delle
parti del rapporto corruttivo) (Sez. 6, n. 28264 del 26/03/2013,
Anemone e altro, Rv. 255609).

6.

Di tale insegnamento è stata espressione – come del resto rilevato
anche nell’ordinanza impugnata – la decisione assunta da questa Corte
con sentenza emessa da questa Sezione n. 35233 del 3.5.2013, Russo,
non massimata, con la quale – in procedura analoga – si è già chiarito
che << la confisca “per equivalente” prevista dall’art. 322 ter c.p., comma 1, ultima parte, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per taluno dei delitti di cui dall’art. 314 c.p. a art. 320 c.p., può essere rapportata, in base al testuale tenore della norma, non al “profitto” ma soltanto al “prezzo” del reato, inteso quest’ultimo in senso tecnico e non identificabile, quindi, in ciò che ne costituisce il provento (v. in particolare: sez. 6, Sentenza n. 12852 del 13/03/2006, Rv. 233742, Ingravallo). D’altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il prezzo consiste nel corrispettivo dell’esecuzione del reato pattuito e percepito dal suo autore; ne deriva che non è riconducibile alla nozione di “prezzo in senso tecnico” qualsiasi utilità colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita>>), mentre il

connessa al reato, ma soltanto quella materialmente corrisposta al
corrotto, sicché a questa nozione non possono con ogni evidenza essere
ricondotti gli stipendi corrisposti ai parenti dei coindagati, assunti grazie
alla raccomandazione dei medesimi funzionari pubblici, sul solo
presupposto che si tratterebbe di emolumenti corrisposti, direttamente o
indirettamente, da GEC».
7.

Osserva questo Collegio che è, quindi, erroneo non solo l’assunto

anche l’argomento con il quale la ordinanza impugnata ha inteso
superare l’orientamento già espresso dalla citata sentenza Russo facendo leva sull’orientamento espresso con la sentenza 28264/13,
Anemone – ascrivendo alla nozione di dazioni indirette i predetti
emolumenti corrisposti dalla GEC s.p.a.. L’insegnamento proveniente dal
richiamato arresto, invero, sì riferisce a dazioni che hanno la loro causa
diretta nel patto corruttivo, ancorchè destinate a soggetti terzi, e non
già a erogazioni che, invece, hanno la

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nell’espletamento di rapporti di lavoro effettivamente instaurati a
seguito di assunzione al lavoro frutto di favoritismo.
8.

Cosicchè gli emolumenti corrisposti ( e da corrispondere) ai soggetti
assunti non possono essere ricom presi nella nozione di prezzo del reato

non potendosi essi qualificare quali dazioni indirette, concorrendo, nella
specie, a costituire il prezzo della corruzione la sola acquisizione della
posizione negoziale coincidente con I’ assunzione di favore, suscettibile
di valutazione economica ed il cui valore dovrà essere determinato dal
giudice di merito ai fini del sequesito finalizzato alla confisca.
9.

La ordinanza deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale
di Cuneo in relazione all’importo sequestrato al ricorrente che dovrà
essere quantificato dal giudice del rinvio sulla base del principio di
diritto indicato.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Cuneo.
Così deciso in Roma, 11.12.2014.

secondo il quale sarebbe sfumata la distinzione tra prezzo e profitto, ma

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