Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9326 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9326 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FINA ALESSANDRO N. IL 19/01/1958
avverso la sentenza n. 187/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
04/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/20141a relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
Udito il Procuratore Generale in persona del DttjJUÀ.
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che ha concluso per

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Data Udienza: 30/01/2014

28097/2013

1. – Con sentenza resa in data 4.2.2013, la Corte d’appello di
Trieste ha parzialmente riformato, quanto alla misura della
pena che rideterminava a seguito della concessione delle
attenuanti generiche, la sentenza emessa dal Tribunale di
Tolmezzo in data 24.6.2010 con la quale Fina Alessandro è
stato condannato per esser stato colto in stato di ebbrezza
alcolica alla guida della propria vettura in Asti il 1 agosto
2009.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per
cassazione il difensore del Fina che si duole della erronea
applicazione di legge e del difetto di motivazione in relazione
all’accertamento e alla sussistenza della prova della
responsabilità per il contestato reato ex art. 186, co. 2 lett. c)
cds. In particolare, il ricorrente evidenzia che egli è stato
sottoposto ad una sola prova valida il cui risultato era 1,93
g/I; la seconda
1,95 g/I) non era invece
utilizzabile poiché nel tagliando dell’apparecchio era
comparsa la dicitura “volume insufficiente” ; la Corte di
appello aveva richiamato in sentenza il manuale delle
istruzioni d’uso dell’apparecchio utilizzato per il test, da cui si
ricava che l’espressione “volume insufficiente” compare
quando la durata della espirazione è più breve del dovuto ma
tuttavia ugualmente sufficiente alla misurazione; osservando
che ove non fosse a ciò sufficiente comparirebbe la scritta
“ripetere test”, come nella specie era avvenuto diverse volte
secondo quanto riferito dagli agenti operanti. Secondo il
ricorrente tale spiegazione non sarebbe attendibile anche
perché uno degli agenti, sentito come teste, ha riferito che
solo una delle suddette prove era valida. Rimaneva dunque
un solo test, insufficiente a provare lo stato di ebbrezza
anche in unione con i dati sintomatici riscontrati, atteso che
tali dati secondo la difesa non indicavano con certezza il
superamento del limite massimo di ebbrezza; in applicazione
del favor rei, il Fina avrebbe dovuto essere assolto perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato ravvisandosi
eventualmente la sola ipotesi di cui alla lett. a).
2. Con successiva memoria la difesa insiste nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Ritiene la Corte che la motivazione fornita dalla corte
d’appello sul punto della regolarità delle prove esperite con
l’etilometro sia logica e corretta. La Corte ha infatti spiegato

RITENUTO IN FATTO

2. Al riscontro dell’infondatezza di tutti i motivi di doglianza
avanzati dall’imputato segue il rigetto del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 30.1.2014.

che la dicitura “volume insufficiente” riportatg su uno dei due
test, seguita dalla stampa dello scontrino con la scritta
“autotest corretto” e l’indicazione delle percentuali di alcol
riscontrate,
significa che il test è stato validamente
effettuato. La dicitura “volume insufficiente” significa che non
è stato raggiunto il livello massimo di aria espirata. Quello
raggiunto era però sufficiente per la validità del test atteso
che in caso contrario sarebbe comparsa e sarebbe stata
riportata sullo scontrino la espressione “volume minimo non
raggiunto” e “test da ripetere”; così era avvenuto numerose
volte e difatti il test era stato ripetuto. In relazione a tali
motivazioni – correttamente dettate dal giudice d’appello sulla
base di un ragionamento pienamente lineare sul piano logico
– l’odierno ricorrente ha omesso di contrapporre alcuna
argomentazione critica dotata di adeguata specificità.
In ogni caso, la prova dello stato di ebbrezza è stata
debitamente raggiunta anche sulla base del combinato
risultato del primo test, regolarmente effettuato e non
contestato e dei sintomi riferiti dagli agenti (la condotta
zigzagante dell’auto, la fatica a reggersi in piedi, l’accasciarsi
sul volante, la difficoltà a trovare i documenti con esibizione
di documenti non propri, l’alito alcolico, la scena di pianto
accompagnata alla esibizione della foto di un cane che era
morto). Costituisce infatti un principio pacifico quello secondo
cui l’esame con test alcolemico non costituisce una prova
legale, ma
possibilità di
permane nell’ordinamento la
accertare lo stato di ebbrezza in base ad elementi sintomatici,
e tutte le ipotesi di cui all’art. 186 possono essere provate in
tal modo (v. sentenza del 9.6.2011 n.28787 rv. 250714,
sentenza del 7.6.2012 n.27940; sentenza 4.6.2013 n.30321
Rv. 255870).

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