Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9306 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9306 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Condello Giandomenico

n. il 1 febbraio 1980

avverso
l’ordinanza 8 luglio 2013 — Tribunale di Reggio Calabria;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.
Massimo Galli, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha
chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle
Ammende;
uditi i difensori avv. ti Carlo Morace e Francesco Calabrese che, per Condello Giandomenico, hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 05/02/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 8 luglio 2013, depositata in cancelleria il
23 agosto 2013, il Tribunale di Reggio Calabria rigettava la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di Condello Giandomenico avverso l’ordinanza emessa in data
11 giugno 2013 dalla Corte di Appello di Reggio Calabria che applicava al prefato la
misura cautelare della custodia in carcere ai sensi dell’art. 307 comma secondo lett.

pen., ordinanza che veniva così confermata.
Il giudice, premesso che la misura cautelare era stata emessa ai sensi dell’art.
307 comma secondo lett. b) cod. proc. pen. in quanto il soggetto, scarcerato per
inefficacia della misura per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare,
era stato fatto oggetto di una sentenza di condanna, rivendicava il proprio potere di
integrazione della motivazione carente del primo giudice, che, richiesto della emissione della misura, aveva fatto riferimento, in punto di esigenze cautelari, al solo
pericolo di reiterazione della condotta e non del pericolo di fuga. In relazione a tale
esigenza il giudice richiamava non solo l’entità della pena irrogata in rapporto alla
pena già scontata, ma anche il fatto che il prefato si trovasse inserito a livello apicale nella cosca omonima, cosca che già si era distinta per aver assicurato al capo
Condello Pasquale, una latitanza di oltre vent’anni, elementi tali da far poter valutare in concreto e attuale il pericolo di fuga del prefato.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite i propri rispettivi difensori avv.ti
Carlo Morace e Francesco Calabrese, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Condello Giandomenico chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi
motivazionali.
In particolare dal ricorrente Condello Giandomenico, con ricorso redatto a ministero dell’avv. Carlo Morace, sono stati sviluppati due motivi di gravame:
a) con il primo motivo di doglianza veniva rilevata la violazione dell’art. 307
comma secondo lett. b), 178 comma primo lett. b), 292, comma secondo lett. c)
cod. proc. pen., 125 comma secondo cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. c)
cod. proc. pen.; il giudice non aveva potere integrativi nella fattispecie in quanto
era assoluta la mancanza motivazione del profilo da integrare; inoltre il potere integrativo non opera per un’ipotesi come quella di specie in cui l’interessato aveva
proposto appello e non riesame;

Ud. in c.c.: 5 febbraio 2014 — Condello Giandomenico — RG: 41715/13, RU: 28;

b) cod. proc. pen., per il reato di cui all’art. 416 bis commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8 cod.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale
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b) con il secondo motivo di doglianza veniva censurata la violazione dell’art. 274
lett. b) cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.; il giudice aveva stravolto l’orientamento giurisprudenziale in tema di riconoscimento della sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di fuga richiamandosi non alla sola entità
della pena residua da scontare, ma ad altri elementi specifici senza peraltro ancorarli a elementi concreti in quanto ha fatto riferimento allo stato di latitanza di altri

Con ricorso redatto a ministero dell’avv. Francesco Calabrese, è stata dedotta la
violazione degli artt. 310, 597, 307 e 274 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606 lett.
c) ed e) cod. proc. pen.; veniva censurato il potere integrativo del giudice di appello, posto che lo stesso deve e può muoversi solo nell’ambito del potere devolutivo,
atteso peraltro che avverso i provvedimenti che dispongono il ripristino della misura
cautelare ai sensi dell’art. 307 comma secondo lett. b) cod. proc. pen. è possibile
interporre unicamente l’appello e non il riesame; inoltre il giudice del provvedimento genetico non argomenta in alcun modo la sussistenza del pericolo di fuga sicché
non era possibile per il giudice dell’impugnazione potesse operare un’integrazione
come del resto è costretto a riconoscere il Tribunale pur affermando contraddittoriamente che tale esigenza non fosse stata del tutto pretermessa; inoltre il giudice
non motiva in concreto sul pericolo di fuga non tenendo conto che lo stimolo alla
fuga è dato non tanto dal quantum di pena, ma anche dal residuo da scontare al
netto del periodo di carcerazione cautelare, nella fattispecie, di poco conto e comunque inferiore a tre anni e dunque tale da escludere il periculum libertartis e
comunque da altri indici specifici non indicati; del tutto inadeguato è anche il riferimento relativo all’appartenenza del soggetto a una consorteria mafiosa capace di
aiutarlo a sottrarsi alla misura non essendo di per sé elementi concreti; da ultimo è
erroneo il richiamo al comma terzo dell’art. 275 cod. proc. pen. posto che è principio di diritto secondo cui nell’ipotesi di emissione di provvedimento coercitivo a seguito di sentenza di condanna possa ritenersi operante la presunzione di persistenza delle esigenze cautelari.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 — Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Ud. in c.c.: 5 febbraio 2014 — Condello Giandomenico — RG: 41715/13, RU: 28;

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soggetti.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Deve ritenersi per vero che il giudice del gravame, anche in sede di appello, abbia poteri integrativi dell’ordinanza emessa dal primo giudice persino al di fuori del
potere devolutivo dovendo ritenersi che il profilo argomentativo della decisione di
merito sia comune a entrambi i provvedimenti. L’effetto devolutivo non deve per
vero essere interpretato in senso riduttivo e meccanicistico, giacché i profili sostanziali sono presupposti collegati con i motivi dedotti e vanno apprezzati non soltanto
nel giudizio di riesame, ma anche in sede di appello (Sez. 6, 21 giugno 2012, n.

Sez. 6, 16 gennaio 2007, n. 10846, Caselli). Del resto nessuna norma processuale
vieta tale interoperatività.
Semmai, va osservato, che l’aspetto devolutivo delinea quello che è il perimetro
decisionale del giudice adito potendo il medesimo non tener conto, in fase di deci-

sum, dei punti e dei capi della precedente decisione non selezionati dall’impugnante, ma ciò non toglie che i profili valutativi del giudice dell’appello possano confluire nella prima motivazione arricchendola nel formare un giudizio unitario.
Nella fattispecie, peraltro, l’integrazione è avvenuta proprio nell’ambito del devoluto essendo stato impugnato dal Condello il difetto di motivazione di una esigenza cautelare, vale a dire quella concernente il pericolo di fuga, né ricorreva nella
fattispecie l’assoluta carenza motivazionale da parte del giudice emittente la misura, così come denunciato dalla difesa, posto che il provvedimento genetico affronta
comunque la problematica della sussistenza delle esigenze cautelari.
3.2 — Anche il secondo motivo di gravame è manifestamente infondato.
3.2.1 — Le argomentazioni del giudice sono ampie ed esaustive e concrete
mentre quelle avanzate dalla difesa sono meramente inducenti una valutazione già
espressa dal giudice; se è vero che il giudicante non deve argomentare la sussistenza del pericolo di fuga unicamente con riferimento allo stato di latitanza di altri
coindagati vi è da rilevare tuttavia che la latitanza ventennale di Condello Pasquale,
soggetto in posizione apicale del medesimo gruppo cui appartiene il ricorrente, è
fortemente indicativa della potenzialità dell’associazione a prestare ausilio a soggetti di spicco, qual è il prefato, che dovessero trovarsi in situazione del tutto analoga.
La valutazione del pericolo di fuga è giudizio di possibilità dell’evento corrispondente e la capacità del sodalizio di apprestare ausilio ai propri compartecipi, giusta la
forte natura solidale che connota questo tipo di aggregazioni criminali, diviene concreto nella prospettiva in cui il Condello non ha operato alcuna dissociazione certa e

Ud. in c.c.: 5 febbraio 2014 — Condello Giandomenico — RG: 41715/13, RU: 28;

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35786, rv. 254392, Buttini e altri; Sez. 3, 15 ottobre 1996, n. 3482, Balestreri;

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definitiva nei confronti di esso sodalizio, attualmente ancora operativo sul territorio.
La forte tutela assistenziale nei confronti dei associati non dissenzienti e dispiegata
per tutte le vicissitudini che dovessero colpire il socius (dall’incarcerazione all’assistenza ai familiari, dall’elargizione di uno stipendio all’assistenza legale), è pertanto
concreta ed effettiva e in concreto operabile se non attesa.
Inoltre occorre considerare, così come ha fatto il giudice, che lo stimolo alla fuga

ma anche dalla definitività in sé della sentenza di condanna e dal fatto che per il
titolo del reato per cui si procede (art. 416 bis cod. pen.) il Condello incorrerà nei
rigori di cui all’art. 4 bis ord. pen. sicché residua un interesse attuale a sottrarsi alla
detenzione in dipendenza della effettiva esecutività, Le argomentazioni espresse dal
giudice sono pertanto immuni da vizi logici e giuridici e, in quanto tali, non aggredibili in questa sede dì legittimità.

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4. — Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuaii

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per questi motivi

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rigetta il ricorso e conoanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 5 febbraio 2014

Il

nsigliere estensore

Il Presidente

può essere dato non solo e non tanto dalla entità residuale della pena da scontare,

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