Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9305 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9305 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Buda Natale

n. il 1 gennaio 1963

avverso
l’ordinanza 6 settembre 2013

Tribunale di Reggio Calabria;

sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.
Massimo Galli, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha
chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata e la trasmissione degli
atti al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame;

Data Udienza: 05/02/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -Prima Sezione penale

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Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 6 settembre 2013, il Tribunale di Reggio
Calabria rigettava l’appello avanzato nell’interesse di Buda Natale avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in data 22 giugno 2013 con cui era
stata rigettata la richiesta di declaratoria di inefficacia della custodia cautelare in
carcere applicata all’istante per scadenza del termine di fase relativa al giudizio di

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che il Buda, ancorché fosse legittimato ad addurre, ex art. 299 cod. proc. pen., che la sentenza emessa nei
confronti dei coimputati, giudicati con altro rito, avendo escluso l’aggravante inizialmente contestata ex art. 416 bis comma quarto cod. pen., potesse avere effetti
estensivi per lui favorevoli in punto di perenzione dei termini di fase della custodia
cautelare, doveva rilevarsi tuttavia che la derubricazione del reato con la sentenza
di condanna non aveva efficacia retroattiva e incideva invece solo sulla durata complessiva della custodia cautelare in corso sicché l’imputato non aveva il diritto di
chiedere la scarcerazione, ora per allora, qualora nella fase pregressa sia già scaduto il termine ricollegabile al fatto per cui si procede, qualificato inizialmente come
reato più grave e successivamente derubricato.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Basilio
Pitasi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Buda Natale chiedendone
l’annullamento.
In particolare è stata rilevata dal ricorrente la violazione degli artt. 299, 273,
303 lett. b) n. 2 cod. proc. pen., in relazione all’art. 416 bis comma quarto cod.
proc. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.; l’esclusione di una
determinata circostanza aggravante incide immediatamente sui termini di custodia
cautelare e non solo dopo l’eventuale pronuncia della sentenza di condanna; se non
fosse così, non vi sarebbe neppure interesse a ricorrere.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1 — Occorre per vero rilevare che, a prescindere dalle argomentazioni avanzate dal giudice it~tzintilngt più sopra riportate, va osservato in via dirimente,
che la sentenza cui fa riferimento l’appellante non ha nessuna ricaduta sulla misura

Ud. in c.c.: 5 febbraio 2014 — Buda Natale — RG: 41683/13, RU: 27;

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primo grado.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -Prima Sezione penale

cautelare in corso, posto che la sentenza in questione, emessa in un giudizio di cognizione, non è passata in cosa giudicata e dunque è ancora suscettibile di rivalutazione nel merito da parte dello stesso giudice dell’impugnazione, giusta la sua non
definitività.
Inoltre, è appena il caso di rilevare che l’appellante ha sollevato ricorso solo ai
fini dell’applicazione dell’art. 587 cod. proc. pen., non richiedendo di valutare la

tenza di condanna degli altri coimputati, ma solo come effetto estensivo del giudizio
favorevole espresso in altra decisione, sicché il giudice dell’esecuzione non doveva
farsi carico di alcuna ulteriore valutazione.
Infine, non è stata prodotta la decisione, cui il ricorrente fa riferimento e di cui
si discute, violando così il principio dell’autosufficienza del ricorso, sicché questo
giudice dì legittimità, a prescindere dalla natura oggettiva dell’aggravante di cui al
comma quarto dell’art. 416 bis cod. pen., non è in grado di poter effettuare funditus
qualsivoglia altra valutazione. Rimangono infatti non apprezzabili non solo la sussistenza di un rapporto processuale unico fra gli imputati e la medesimezza del fattoreato cui si è fatto riferimento, presupposti questi per l’applicabilità dell’istituto giuridico invocato, ma anche la natura dell’impugnazione stessa, attesa la sostanziale
diversità tra il gravame sollevato ad opera del solo pubblico ministero per violazione
di legge e quella da parte di uno o più coimputati (Cass., Sez. 3, 22 aprile 2004, n.
18707).
4. — Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si deve altresì provvedere agli incombenti di cui all’art. 94, comma 1 ter disp.
att. cod. proc. pen.

per questi motivi
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 5 febbraio 2014

Ud. in c.c.: 5 febbraio 2014 — &da Natale — RG: 41683/13, RU: 27;

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sussistenza dell’aggravante di per sé, in modo autonomo dal rilievo di cui alla sen-

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