Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 930 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 930 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Giuliano Rosario, nato a Calatabiano il 04/08/1969

avverso l’ordinanza del 01/06/2015 del Tribunale di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Vincenzo Iofrida, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 1 giugno 2015 il Tribunale di Catania – chiamato a
pronunziarsi sull’impugnazione avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di
Catania, che aveva applicato la misura della custodia in carcere per Rosario
Giuliano, in relazione ad un traffico di stupefacenti – confermava l’ordinanza
impugnata. Affermava il Tribunale che la gravità indiziaria evidenziata dal GIP a

Data Udienza: 25/11/2015

proposito del prevenuto (marito della proprietaria della motonave, a bordo della
quale erano stati rinvenuti 880 kg. di marijuana) emergeva dal riconoscimento,
effettuato da militari appostati in attesa dell’attracco, che lo avevano visto
successivamente salire su un’auto scura, dopo essere sceso dal peschereccio ed
aver percorso alcuni metri sul molo. Le obiezioni difensive avrebbero riguardato
le tecniche d’indagine ed il Giuliano non avrebbe fornito alcuna spiegazione circa
la disponibilità del peschereccio da parte di un terzo, in grado di agire
indisturbato.

sulla motonave – dalla predisposizione ed attuazione del trasporto di un ingente
quantitativo di droga dall’Albania, e quindi gli stessi collegamenti con circuiti
criminali internazionali, oltre al compito attribuito al prevenuto, quale
consegnatario dell’ingente partita e trasportatore della medesima, facevano
emergere pienamente il rischio di reiterazione e la non occasionalità della
condotta, tanto più che l’imputato era già stato condannato in via definitiva per
cessione illecita di stupefacenti, sicché l’unica misura idonea ad evitare la
ricaduta nel reato sarebbe appunto stata la custodia cautelare in carcere.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Giuliano, deducendo due
fondamentali motivi.
In primo luogo, ha eccepito la mancanza di motivazione dell’ordinanza
impugnata sulla sussistenza dei gravi indizi (art. 606 comma 1° lett. e) c.p.p., in
relazione all’art. 273 c.p.p. In particolare, a fronte della generalizzazione fra le
posizioni degli imputati (come effettuata dal GIP) ed all’impugnazione, che aveva
sottolineato la genericità del riconoscimento, per la distanza tra i militari e la
motonave nonché per i dubbi inerenti l’individuazione dell’autovettura, sarebbe
stato onere del Tribunale rispondere agli specifici rilievi della difesa, anche
perché il Giuliano era stato arrestato presso la propria abitazione dopo tre ore
dall’operazione, non aveva intrattenuto alcun contatto telefonico con gli indagati
né era stato individuato con certezza. Ed invece il giudice del riesame aveva
accreditato mere supposizioni, non suffragate da elementi oggettivi sicuri.
In secondo luogo, ha dedotto mancanza di motivazione sull’invocata
insussistenza delle esigenze cautelari. Anche in tal caso, dopo aver
omogeneizzato le diverse posizioni, il Tribunale avrebbe svolto una serie di rilievi
estranei all’imputato, il che deporrebbe per l’assoluta carenza di elementi
probatori univoci. E, d’altronde, le motivazioni offerte in ordine alla misura
cautelare prescelta sarebbero risultate incomplete ed incoerenti, essendo
costruite sulla riproposizione delle affermazioni del GIP con l’aggiunta di mere
frasi di stile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

Il contesto fattuale, caratterizzato da plurimi contatti con tale Greco – sorpreso

,

1.11 ricorso è infondato.
In tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso
per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale
del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla
Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il
giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e

degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto
che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie [Sez.
4, n. 26992 del 29/05/2013 Cc. (dep. 20/06/2013) Rv. 255460].
La motivazione dell’ordinanza impugnata non è contraddittoria né tanto
meno illogica. Essa passa in rassegna gli elementi indizianti a carico del
prevenuto (costituiti dal rapporto di coniugio con la proprietaria del
peschereccio che trasportava il carico di 880 kg. di marijuana e dal
riconoscimento visivo effettuato dai militari operanti, che lo avevano notato
scendere dall’imbarcazione e salire su un’auto, dopo aver percorso qualche
metro sul molo) e si cura altresì di discutere e svalutare – sulla scorta di
precise argomentazioni logiche – le argomentazioni addotte dallo stesso
Giuliano. Quest’ultimo si chiede il perché del mancato fermo
antecedentemente alla sua salita sul peschereccio, ma è evidente che la
scelta investigativa di non intervenire subito, era dettata dal fine di bloccare,
al momento opportuno, anche gli eventuali correi che fossero apparsi nel
prosieguo. D’altronde, nessuna spiegazione plausibile è stata fornita
dall’indagato sulla disponibilità dell’imbarcazione da parte di un terzo.
Anche il tema della misura cautelare applicata appare esaustivamente
trattato, attraverso la valutazione negativa circa la capacità di autocontrollo
e di osservanza spontanea delle regole impostegli, che dà sicura contezza
della sua congruità ed adeguatezza. D’altronde, l’ordinanza impugnata ha
congruamente ed adeguatamente ritenuto che la sussistenza delle esigenze
cautelari, legate al pericolo concreto ed attuale di reiterazione del reato, è
deducibile essenzialmente dalla condanna in via definitiva per un reato
analogo, il che dimostra che solo attraverso la detenzione in carcere può
essere scongiurato il compimento di ulteriori reati.
A fronte di tali indiscutibili riscontri, il ricorso ripropone doglianze già
avanzate in fase di riesame e che, come già detto, hanno trovato adeguata
e satisfattiva risposta da parte del Tribunale.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3

di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa

stabilito dall’art. 94, co. 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 25/11/2015.

al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto

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