Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9298 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9298 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Zito Vincenzo

n. il 1 dicembre 1958

avverso
l’ordinanza 11 maggio 2012 — GIP del Tribunale di Milano;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;

Data Udienza: 05/02/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 11 maggio 2012, depositata in cancelleria
in pari data, il GIP del Tribunale di Milano, quale giudice dell’esecuzione, rigettava
l’istanza avanzata nell’interesse di Zito Vincenzo volta a ottenere la sostituzione
della pena dell’ergastolo comminata con sentenza della Corte di Assise di Appello di

In via di premessa, il giudice chiariva che lo Zito era stato condannato in primo
grado dalla Corte di Assise di Reggio Calabria con sentenza 19 gennaio 1999 alla
pena dell’ergastolo con isolamento diurno per la durata di mesi sei. Nel corso del
giudizio di appello il prefato era stato ammesso con ordinanza 11 luglio 2000 al rito
abbreviato (ai sensi della disciplina transitoria della L. 16 dicembre 1999, n. 479 di
cui agli artt. 438 e ss cod. proc. pen. e del secondo comma dell’art. 4 ter della legge di conversione del dl 7 aprile 2000) cosicché la Corte di Assise d’Appello, confermando le statuizioni di primo grado e uniformandosi ai principi della giurisprudenza europea (sentenza Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009 della Corte
dei Diritti Dell’Uomo) riduceva le pene dell’ergastolo irrogate in primo grado ad anni
30 di reclusione per ciascun omicidio applicando quindi l’art. 73 comma secondo
cod. pen. che imponeva la pena dell’ergastolo.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento per violazione di
legge e vizi motivazionali.
In particolare è stato rilevato dal ricorrente che il giudice era in corso nell’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 7 della CEDU con motivazione illogica e
contraddittoria. Il Giudice delle indagini preliminari aveva erroneamente ritenuto
l’art. 73 comma secondo cod. pen., norma inibente l’applicazione della pena di
trent’anni, avendo ritenuto che anche nel vigore applicativo dell’art. 442 cod. proc.
pen. comma secondo, non ancora modificato dal D.L. 341/2000, il concorso di reati
in un unico procedimento non avrebbe consentito il trattamento sanzionatorio della
pena temporanea di anni trenta dovendosi applicare la pena dell’ergastolo senza

isolamento diurno e cioè una norma che, secondo la sentenza CEDU più sopra indicata, è di natura sostanziale e dunque insuscettibile di retroagire.

2.1 — Con motivi nuovi avanzati, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., e depositati in cancelleria 1’8 maggio 2013, il difensore di Zito Vincenzo, avv. Fortunato Re-

Ud. in c.c.: 27 maggio 2013— Zito Vincenzo — RG: 41598/12, RU: 12;

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Reggio Calabria in data 3 aprile 2001 con la pena di anni 30 di reclusione.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

nato Russo, riprendendo e approfondendo le doglianze già espresse in ricorso, eccepiva l’illegittimità costituzionale degli artt. 7 e 8 D.L. 24 novembre 2000, n. 341
convertito dalla legge 19 gennaio 2001 n. 4 in riferimento agli artt. 3 e 117 comma
primo della Cost, quest’ultimo in relazione all’art. 7 CEDU.

3. — Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1 — Si deve premettere che con la legge 16 dicembre 1999 n.479 (c.d. legge
Carotti, entrata in vigore il 2 gennaio 2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i delitti per i quali era comminata la pena
dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 c.p.p. che in caso di scelta da parte
dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta” (questa previsione, già contenuta nel suddetto articolo
del codice di rito quando detto codice è entrato in vigore, era stata dichiarata illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 176/1991, poiché la legge delega
del codice di procedura penale non aveva previsto il giudizio abbreviato per i reati
puniti con la pena dell’ergastolo).
Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7 aprile 2000 n. 82, convertito nella legge n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli
imputati dei processi in corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti,
non avevano potuto accedere al suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di pena previsto per la scelta del predetto
rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito
abbreviato – la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento
diurno, con quella a trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore
del Decreto Legge 24.11.2000 n. 341 (convertito nella legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p.
e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei processi per i reati puniti con
l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale,
l’espressione “pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.

Ud. in c.c.: 27 maggio 2013— Zito Vincenzo — RG: 41598/12, RU: 12;

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Osserva in diritto

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il
seguente periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli

dotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione dell’isolamento diurno.
Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la
violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la
Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17
settembre 2009, ha accertato la non equità del trattamento sanzionatorio, perché
inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta Convenzione, essendo stato
condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma con sentenza in data
10 gennaio 2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima aspettativa
di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di essere
giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.
442/2 c.p.p., come introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta, senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.
Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti, ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da
applicare, per la scelta del rito abbreviato, in caso di condanna alla pena
dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione ha natura sostanziale e non processuale, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente
per il principio secondo il quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e
le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al
reo.

Ud. in c.c.: 27 maggio 2013— Zito Vincenzo — RG: 41598/12, RU: 12;

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nel primo grado di giudizio era stata inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ri-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei
confronti dello Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
Restava l’esigenza di eliminare l’accertata violazione della CEDU anche nei confronti
dei condannati che si trovavano nella stessa situazione dello Scoppola, non essendo
tollerabile una situazione di illegalità convenzionale, che si è ritenuto dovesse essere eliminata anche sacrificando il valore della certezza del giudicato.

un caso (Ercolano Salvatore) del tutto simile al caso Scoppola hanno sollevato questione di legittimità costituzionale (anche) dell’art. 7 D.L. n. 341/2000, in relazione
all’art. 7 della CEDU, nella parte in cui tale norma (in quanto definita di interpretazione autentica) opera retroattivamente.
Con sentenza n. 210 in data 3 luglio 2013 la Corte costituzionale ha dichiarato,
fra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 24
novembre 2000, n. 341 convertito, con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2001
n. 4.
Secondo la predetta sentenza, le norme della CEDU nel significato loro attribuito
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo integrano, quali norme interposte, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117/1 della Costituzione, nella parte in cui
impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali, e per questo è stata dichiarata illegittima la citata norma dell’art. 7
del D.L. n. 341/2000, convertito nella legge n. 4/2000.
A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art.7, deve
essere applicato l’art.30 della legge n.87/1953, secondo il quale le norme dichiarate
incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione e, quando in applicazione della norma incostituzionale è stata
pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano l’esecuzione e tutti gli
effetti penali.
Pertanto, l’art. 442/2 c.p.p. deve ora essere applicato nel testo anteriore alla
modificazione operata con il D.L. n. 341/2000, convertito nella legge n. 4/2000.
Al fine di dare attuazione ai principi della menzionata sentenza della Corte EDU
emessa nel caso Scoppola anche nei confronti di condannati che si trovano nelle
stesse condizioni del predetto è sufficiente l’apertura di un incidente di esecuzione,
nel quale si deve verificare se effettivamente sussistano le suddette condizioni, e

Ud. in c.c.: 27 maggio 2013— Zito Vincenzo — RG: 41598/12, RU: 12;

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Le Sezioni unite di questa Corte, con ordinanza in data 10 settembre 2012, in

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

non è necessaria la riapertura del processo di cognizione, dovendosi solo modificare
il titolo esecutivo.
Da quanto esposto nella prima parte della presente sentenza, risulta in tutta evidenza che il ricorrente non si è trovato nelle stesse condizioni di Franco Scoppola.
Occorre per vero osservare che nella fattispecie la Corte di Assise di Appello di

provveduto ad applicare nella fase di cognizione il principio della sentenza Scoppola
sovra ricordato irrogando, in luogo della pena dell’ergastolo, la pena di anni trenta
di reclusione; il GIP ha altresì chiarito che, in presenza di due condanne ad anni
trenta di reclusione, andava applicato l’art. 73 comma secondo cod. pen., che impone appunto la pena dell’ergastolo. Ne consegue che la portata decisionale della
sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 3 luglio 2013 che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 comma primo D.L. 341/00 non è qui operante
avendo il giudice di merito optato proprio per la soluzione propugnata dalla CEDU.
In quest’ottica, il giudicato intervenuto per la fase di cognizione impedisce qualsivoglia incursione nella fase di merito al fine di emendare qualsiasi altra violazione
ravvisabile nella fattispecie.
4. — Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

per questi motivi
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 5 febbraio 2014

Il Presidente

Reggio Calabria, come rilevato dal giudice de provvedimento impugnato, ha già

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