Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9274 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9274 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Rapachi Paola, nata a Mantova il 28/12/1969;
avverso la sentenza del 24/04/2013 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. Gaetano Alaia, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13.10.2009 il Tribunale di Mantova dichiarò Rapachi
Paola responsabile del delitto di ricettazione di capi di vestiario ed altro,
contraffatti í e la condannò alla pena di anni 3 di reclusione ed C 900,00 di multa.
L’imputata fu altresì condannata al risarcimento dei danni ed alla rifusione
delle spese a favore delle parti civili Prada S.p.A. e Blufin S.p.A.

2. L’imputata propose gravame e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza
del 24.4.2013 in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ridusse la pena
ad anni 2 mesi 6 di reclusione ed C 700,00 di multa, pena condonata. L’imputata

Data Udienza: 14/02/2014

fu altresì condannata alla rifusione delle ulteriori spese di giudizio sostenute dalla
parte civile Prada S.p.A.

3. Ricorre per cassazione l’imputata, tramite il difensore, deducendo:
1. vizio di motivazione anche per travisamento dei fatti in quanto non vi
sarebbe alcuna prova che l’imputata abbia avuto, anche in via mediata il
possesso dei beni di provenienza illecita; l’immobile in cui sono stati
rinvenuti tali beni / in Sailetto di Suzzara / è di proprietà della sorella
dell’imputata e del marito della stessa (come risulterebbe dalle

dal luogo in cui i beni sono stati rinvenuti; l’imputata si sarebbe limitata
a fornire il numero di telefono della sorella a due avventori del proprio
ristorante i quali erano alla ricerca di un magazzino; al momento
dell’intervento della Guardia di Finanza l’imputata non era presente, ma
sopraggiunse dopo essere stata chiamata dalla sorella; gli operanti si
sono limitati a riferire che Rapachi Paola era indagata senza precisarne le
ragioni; sarebbe perciò illogica la motivazione della Corte territoriale
laddove afferma che l’imputata si pose come ndoming dell’immobile al
momento della perquisizione;
2. mancanza di motivazione in ordine alla consapevolezza della provenienza
delittuosa dei beni in base alla mancata giustificazione del possesso degli
stessi, pur avendo l’imputata dimostrato di aver fornito ai propri clienti il
numero di telefono della sorella.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. il primo motivo di ricorso è inammissibile perché, sotto il profilo della
violazione della legge processuale e del vizio di motivazione tenta di sottoporre a
questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della
modifica dell’art. 606 lettera e) cod. proc. pen. introdotta con L. n. 46/2006, ed
inoltre è manifestamente infondato.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 lettera e) cod. proc.
pen., di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo
demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può
estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che
attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà
può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma
anche da altri atti del processo specificamente indicati.
È perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si
realizza allorché si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non

2

trascrizioni allegate); l’imputata abita in Castelnuovo nei Monti, distante

esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva
ai fini della pronunzia.
Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od
omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della
motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di
primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del
devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità,

contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non
esaminati dal primo giudice.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere
carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione
una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
Nel caso in esame i giudici di merito non hanno affatto travisato il contenuto
di atti processuali, ma hanno dato degli stessi un’interpretazione diversa da
quella proposta nel ricorso.
In particolare la Corte territoriale ha ritenuto (richiamando la sentenza di
primo grado) che al momento dell’intervento della Guardia di Finanza Rapagchi
Patrizia chiamò al telefono la sorella Paola, la quale, sopraggiunte), aveva
indicato ai militari il luogo ove si trovavano i beni alla cui ricerca la perquisizione
era destinata.
In tale valutazione non vi è alcune manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato dal momento
che le indicazioni circa la provenienza della merce fornite dall’imputata erardel
tutto generiche, non avendo ella fornito alcun elemento per l’individuazione dei
due asseriti clienti del suo ristorante.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.

3

salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 14/02/2014.

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