Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9271 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9271 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MEDEDOVIC Obren, nato in Bosnia Erzegovina il 30 marzo 1962;

avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma Sezione riesame del 14 giugno 2013;

letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentita la requisitoria del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Vito D’AMBROSIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità
del ricorso;
sentito l’avv. Giacomo MARINI per il Mededovic.

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Data Udienza: 23/01/2014

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Roma, sezione del riesame delle misure cautelari, con ordinanza
del 14 giugno 2013 ha rigettato l’appello proposto da Mededovic Obren avverso le
ordinanze emesse dal Gip del Tribunale di Roma il 19 marzo 2013 e dalla Corte di
appello di Roma, giudice competente per il dibattimento a carico del ricorrente, il 9
maggio 2013 e con i quali sono stati, a loro volta, rigettate le domande di

Mededovic.
Il Tribunale del riesame osserva, preliminarmente, che, essendo stato il
Mededovic già attinto da una sentenza di condanna, non definitiva, in relazione ai
reati per i quali egli è attualmente ristretto in regime di custodia cautelare, il
Tribunale è esonerato dal valutare i motivi di censura che attengono alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza, essendo questi già stati riscontrati in sede di giudizio
di merito.
Quanto alle esigenze cautelari rileva il Tribunale che esse non possono essere
elise dalla sussistenza di asserite deficitarie condizioni di salute del Mededovic, in
quanto dalla documentazione in atti non risulta che si tratti di condizioni incompatibili
con lo stato di detenzione.
Per il resto, rileva il giudice del riesame che non sono stati addotti fatti nuovi che
modifichino il quadro cautelare già esaminato dalla Corte di appello, in particolare il
fatto che il ricorrente abbia la possibilità di essere posto agli arresti domiciliari
avendo la disponibilità di un alloggio, dato questo già presente e già ritenuto non
idoneo a giustificare la modifica della misura, non diversamente dal fatto che questa
sia già in atto da un significativo lasso di tempo, essendo anche questo elemento, se
non corredato da ulteriori fattori sintomatici, neutro rispetto all’affievolimento delle
esigenze che avevano giustificato l’adozione della misura.
Avverso tale provvedimento ha presentato ricorso per cassazione il Mededovic,
chiedendone l’annullamento, riproponendo, oltre ad una serie di argomenti volti a
porre in evidenza la nullità di taluni atti delle indagini svolte a suo carico nonché nelle
manchevolezza della successiva istruttoria dibattimentale, gli stessi argomenti già
svolti di fronte al Tribunale del riesame, cioè l’incompatibilità col regime carcerario
per motivi di salute la idoneità ai fini cautelari anche delle meno afflittiva misura
degli arresti domiciliari e lo stemperarsi delle esigenze cautelari per tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Osserva, infatti, questa Corte che il Mededovic – oltre ad aver formulato
una lunga serie di censure aventi ad oggetto sia la legittimità di diversi atti
compiuti nel corso delle indagini preliminari (ad esempio audizioni,
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sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere attualmente applicata al

perquisizioni, sequestri) che hanno condotto al promovimento della azione
penale a suo carico sia la stessa sentenza emessa a suo carico (asseritamente
non depositata entro i termini di legge) sia, infine, la complessiva valutazione
della vicenda quale effettuata in sede di sentenza di condanna a suo carico,
elementi tutti questi all’evidenza non rilevanti nella presente sede di
impugnazione non della sentenza ma del provvedimento cautelare de libertate
adottato dal Tribunale del riesame di Roma in sede di appello avverso i

di sostituzione della misura cautelare in atto nei confronti del Mededovic con
altra più lieve – ha impugnato la predetta ordinanza deducendo: le gravi
condizioni di salute in cui egli versa, incompatibili con lo stato di detenzione; il
lungo periodo di detenzione già sofferto, tale da indurre nel ricorrente la
necessaria resipiscenza e a escludere la persistenza dell’allarme sociale; la
assenza di pericolo di inquinamento delle prove (essendo il processo già
definito), di fuga (non avendo egli mezzi economici) o di reiterazione della
condotta (resa impossibile dall’eventuale regime degli arresti domiciliari).
Al riguardo la Corte osserva che si tratta di tutte questioni già
esaurientemente affrontate dal Tribunale del riesame, con motivazione priva di
vizi logici o giuridici, che, peraltro, neppure sono stati allegati dall’attuale
ricorrente, il quale, in realtà, si limita a sollecitare un nuovo esame in fatto
delle sue doglianze; cosa questa che è del tutto preclusa nella presente fase
giudiziaria di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, secondo quanto
previsto dall’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art.
94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.

t

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2014
Il Consigliere estensor

Il Presidente

provvedimenti del Gip e della Corte di appello che hanno respinto la domanda

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