Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9262 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9262 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIOVALE ALESSANDRO N. IL 27/09/1981
avverso la sentenza n. 3435/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A _
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

9c2.

Data Udienza: 06/02/2014

28424/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21 febbraio 2013 la Corte d’appello di Genova, a seguito dell’appello
proposto da Alessandro Giovale avverso sentenza del 10 aprile 2012 con cui il Tribunale di
Genova lo aveva condannato alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo
10 bis d.lgs. 74/2000 (per avere, quale legale rappresentante di TTC TOOL S.p.A., omesso di
versare all’erario, entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta,
le ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, per un importo complessivo nel
periodo di imposta 2006 di C 127.739), e a seguito altresì dell’appello proposto avverso la
stessa sentenza dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Genova, in parziale
riforma della sentenza impugnata, ha escluso l’applicabilità delle attenuanti generiche e
rideterminato la pena in dieci mesi di reclusione.
2. Ha presentato ricorso il difensore dell’imputato, adducendo due motivi. Il primo motivo
denuncia violazione degli articoli 423, 516, 517, 518 e 521 c.p.p. L’imputato era stato
condannato con decreto penale per il reato di cui all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per omesso
versamento dell’Iva per il periodo d’imposta 2006. Opposto il suddetto decreto, l’imputazione
si cristallizzava nel decreto di citazione a giudizio, dove, ex articolo 10 bis (sic) d.lgs. 74/2000
gli era contestato l’omesso versamento dell’Iva per tale periodo d’imposta. Dall’escussione di
un teste, come risulta dal verbale d’udienza, emergeva quale fatto nuovo l’omesso versamento
da parte dell’imputato delle ritenute d’acconto per lo stesso periodo d’imposta: il PM ometteva
di procedere ex articolo 518 c.p.p., per cui il Tribunale, condannando l’imputato per un fatto
nuovo, violava l’articolo 521, comma 2, c.p.p., incorrendo la sentenza nella nullità ex articolo
522 c. p. p.
Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 133 e 62 bis c.p. con correlato vizio
motivazionale in ordine alla negazione delle attenuanti generiche che la corte territoriale ha
effettuato per l’accertata capacità a delinquere dell’imputato, laddove avrebbe “dovuto usare
maggior prudenza nella valutazione delle precedenti condanne” dell’imputato stesso. Tenuto
conto, poi, della unicità di contesto e della sovrapposizione di reati della stessa specie nello
stesso periodo di tempo, la corte avrebbe dovuto concedere le attenuanti generiche, e
diversamente aveva fatto “pesare due volte” i precedenti penali sull’imputato, la prima ai fini
della recidiva e la seconda ai fini della negazione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 Il primo motivo adduce un preteso vizio di rito attinente al primo grado di giudizio che
non risulta essere stato oggetto di appello da parte dell’imputato. L’appello, invero, anziché
eccepire alcuna lesione del diritto di difesa in riferimento alla necessaria correlazione tra
imputazione e decisione, si è limitato a lamentare la mancata esclusione della recidiva

,

chiedere il contenimento delle sanzioni accessorie entro il limite minimo edittale. Deve
anzitutto rilevarsi che non sussiste, in realtà, alcuna inosservanza del diritto al contraddittorio
in ordine alla natura e alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato è chiamato a
rispondere (diritto presidiato dall’articolo 111, comma 3, Cost., nonché dall’articolo 6, comma
1 e comma 3, lettere a) e b), CEDU così come interpretato nella nota sentenza Drassich della
Corte di Strasburgo) nel caso in cui il giudice di primo grado provveda alla riqualificazione dei
fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, proprio perché

(Cass. sez. III, 7 novembre 2012-17 gennaio 2013 n. 2341;Cass. sez.II, 9 maggio 2012 n.
32840; cfr. altresì, in ordine alla necessaria concretezza della lesione del diritto di difesa in
rapporto ad elementi ulteriori rispetto a quelli descritti nel capo d’imputazione, Cass. sez. VI,
22 gennaio 2013 n. 5890). Non riversando nell’atto d’appello alcuna censura in ordine alla
correlazione tra quanto contestato e quanto deciso, dunque, lo stesso attuale ricorrente attesta
l’evidente infondatezza del motivo proposto per la prima volta in questa sede. E ciò si pone in
perfetta coerenza con l’articolo 606, comma 3, c-.p.p., in forza del quale è inammissibile il
ricorso per violazioni di legge non dedotte con i motivi d’appello al di fuori dei casi – qui infatti
non ricorrenti – di cui agli articoli 569 e 609, comma 2, c.p.p. Il motivo, in conclusione, risulta
pertanto inammissibile.
3.2 n secondo motivo, come si è visto emergere dalla sua sintesi sopra tracciata, censura
una valutazione – la concedibilità o meno nel caso concreto delle attenuanti generiche spettante al giudice d’appello (non può non ricordarsi che presupposto della concessione delle
attenuanti generiche è un giudizio di fatto che rientra nella discrezionalità del giudice di
merito:Cass. sez. VI, 28 ottobre 2010 n. 41365) senza fondarsi, in effetti, su reali vizi
motivazionali o su specifiche violazioni di legge, e quindi senza giungere a varcare la soglia di
ammissibilità necessaria per fruire della giurisdizione di questa Suprema Corte. Invero, la
motivazione che la corte territoriale ha offerto in ordine all’accoglimento dell’appello del
Procuratore Generale non è affetta da vizi riconducibili all’articolo 606, primo comma, lettera
e), c.p.p. Osserva infatti il giudice d’appello che le attenuanti generiche “non costituiscono
assoluto diritto dell’imputato, ma debbono trovare contenuto in concreti elementi
favorevolmente apprezzabili”: e sulla base di tale corretta impostazione giuridica (la
concessione delle attenuanti generiche necessita, infatti, la concreta dimostrazione di elementi
positivi, non potendosi configurare alcuna concedibilità “scontata”: da ultimo cfr. Cass. sez. V,
17 gennaio 2013 n.7562; Cass. sez. III, 27 gennaio 2012 n. 19639; Cass. sez. II, 2 dicembre
2008-21 gennaio 2009 n. 2769; Cass. sez. II, 10 luglio 2009 n. 38383) la sentenza impugnata
perviene ad escludere la sussistenza di elementi positivi, riconoscendo invece, poi, la
sussistenza di elementi negativi, quali appunto i precedenti penali dell’imputato. Non è
pertanto condivisibile la prospettazione del ricorrente che la negazione delle attenuanti
generiche si sia fondata direttamente sull’esistenza di precedenti: quest’argomento è soltanto

l’imputato può comunque esercitare pienamente il diritto di difesa tramite l’impugnazione

un elemento sussidiario di cui il giudice di merito si è servito, a ben guardare, ad abundantiam,
avendo invece la sua decisione trovato fondamentale sostanza nella inesistenza di alcun
elemento positivo favorevole alla concessione delle attenuanti generiche, cioè atto a
giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale

ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014

Il Consigliere Estensor

Il Presidente

emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il

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