Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9256 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9256 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TUCCI GIUSEPPE N. IL 29/10/1965
TUCCI MASSIMO N. IL 03/08/1972
avverso la sentenza n. 990/2010 TRIBUNALE di FROSINONE, del
06/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. $.
che ha concluso per J2_`,Q.5„).32Q.Lb……00 (2,p_o_mk

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

• V.•–a-5)…0

Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Frosinone, con sentenza del 6.7.2011 ha condannato alla
pena dell’ammenda Giuseppe TUCCI e Massimo TUCCI, imputati «del reato p.
e p. dall’art. 17, comma 1, lett. a) in relazione agli artt. 28 commi 1 e 2 lett. a) e
lett. d), art. 55, comma 1 lett. a) d.lgs. 8112008 per non aver provveduto a

sicurezza e salute dei lavoratori stessi» (in Castro dei Volsci, 16.6.2008).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione,
di identico tenore.

2. Con un primo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione e la
violazione di legge, rilevando che il giudice del merito aveva attribuito rilevanza
alla mancata consegna, all’atto dell’accertamento, del documento di valutazione
di

rischio

(DVR),

sollevando

successivamente

dubbi

sulla

validità

dell’autocertificazione esibita in udienza, circostanza che escluderebbe,
conseguentemente, l’affermazione di penale responsabilità oltre ogni ragionevole
dubbio.
Aggiungono che, a fronte dell’imputazione formulata, il giudice del merito li
ha giudicanti in applicazione di norme diverse e, segnatamente, in base al
disposto dell’art. 17, comma 1, lett. a), 29 comma 5 e 55, comma 3 d.lgs.
81\2008, rilevando che tale ultimo articolo, nello stabilire la sanzione, non
richiama affatto l’art. 29, comma 5.

3. Con un secondo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione,
rilevando che la decisione impugnata si porrebbe in contrasto con le risultanze
dell’istruzione dibattimentale, ritenendoli responsabili per la violazione accertata
nonostante essi non impiegassero nell’azienda lavoratori dipendenti.
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Occorre in primo luogo rilevare che, come fatto presente dal giudice di prime
cure, nell’imputazione viene erroneamente fatto riferimento al Piano di Sicurezza
Operativo (POS), alla cui redazione non erano tenuti gli imputati, operando in

redigere il Piano di Sicurezza Operativo (POS) per valutare i rischi per la

settore di attività che non lo richiede, in luogo del documento di valutazione di
rischio (DVR).
L’imputazione richiama, inoltre, l’art. 17, comma 1, lett. a) d.lgs. 81\2008,
che vieta al datore di lavoro di delegare la valutazione di tutti i rischi con la
conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28; l’art. 28,
commi 1 e 2 lett. a) e lett. d) del medesimo decreto, che individua l’oggetto della
valutazione dei rischi, che deve riguardare tutti quelli concernenti la sicurezza e
la salute dei lavoratori, precisando che i relativo documento deve avere data

la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i
criteri adottati per la valutazione stessa e l’individuazione delle procedure per
l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione
aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente
soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. Un ulteriore richiamo
riguarda, poi, l’art. 55, comma 1 lett. a) del d.lgs. 81\2008, il quale indica le
sanzioni per il il datore di lavoro che omette la valutazione dei rischi e l’adozione
del documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in
assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell’articolo 28 e che
viola le disposizioni di cui all’articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte.

5. A fronte di tale imputazione, come osservato dai ricorrenti, il giudice del
merito ha fatto invece riferimento all’art. 29, comma 5 del medesimo decreto
legislativo, il quale stabilisce che i datori di lavoro che occupano fino a 10
lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al medesimo articolo sulla
base delle procedure standardizzate di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f) e
che fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in
vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), e,
comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono auto
certificare l’effettuazione della valutazione dei rischi.
Nel dispositivo della sentenza il giudice del merito ha, invece, dato atto della
diversa qualificazione del fatto, menzionando il combinato disposto degli articoli
17, comma 1, lett. a), 29 comma 2 lett. b) e 55, comma 3 d.lgs. 81\2008. Alla
luce di tale diversa qualificazione del fatto, ha applicato la sanzione prevista
dall’art. 55, comma 3, il quale punisce il datore di lavoro che non redige il
documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), secondo le modalità di cui
all’articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonché nei casi in cui nel documento di
valutazione dei rischi manchino una o più delle indicazioni di cui all’articolo 28,
comma 2, lettere c) ed e).
In altra parte della motivazione (pag. 6, quarto paragrafo) specifica,

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certa e contenere, tra l’altro, una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per

testualmente, che «(…) erroneamente si e fatto riferimento all’art. 29, comma 2
lett. b del summenzionato Decreto, dovendosi più correttamente intendersi il
riferimento al comma 5 dello stesso articolo».
Va rilevato, a tale proposito, che nell’articolo 29, comma 2 non vi è alcuna
lettera b) e che la sanzione indicata dall’art. 55, comma 3 non riguardano
neppure il comma 5 dell’art. 29.
Deve peraltro presumersi, sulla scorta della pena in concreto irrogata (euro
1.500,00 di ammenda), che il giudice del merito abbia preso in considerazione

lett. a), menzionato nell’imputazione (da 5.000,00 a 15.000,00 euro), avrebbe
dovuto essere necessariamente maggiore anche applicando le attenuanti
generiche nella massima estensione.

6. Ma vi è di più.
Il d.lgs. 81\2008 è entrato in vigore il 15.5.2008, ma le disposizioni
considerate dal giudice del merito a quella data non erano ancora vigenti.
Stabilisce infatti l’art. 306, comma 2 del medesimo decreto che

«le

disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonché le altre
disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese
le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano
efficaci a decorrere dal 10 gennaio 2009; fino a tale data continuano a trovare
applicazione le disposizioni previgenti».

Il termine è stato poi prorogato al

16.5.2009 dal decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con
modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.
I fatti contestati risalgono al 16.6.2008, dunque a quella data le disposizioni
in precedenza richiamate non erano vigenti.
Avrebbe dovuto invece applicarsi l’art. 4, comma 11 del d.lgs. 626\1994, il
quale stabiliva che il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle
aziende che occupavano fino a dieci addetti, non era soggetto agli obblighi di cui
ai commi 2 e 3, quindi alla predisposizione e tenuta del documento di
valutazione dei rischi, ma era tenuto comunque ad autocertificare per iscritto
l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’adempimento degli
obblighi ad essa collegati.

7. Alla luce di quanto emerso, appare evidente che la sentenza fa
riferimento a disposizioni non ancora vigenti, peraltro erroneamente contestate
ed ha proceduto ad una riqualificazione dei fatti sempre sulla base di norme non
ancora entrate in vigore, richiamate, inoltre, in maniera confusa e senza
corrispondenza tra motivazione e dispositivo.

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effettivamente l’art. 55, comma 3, perché la pena prevista dall’art. 55, comma 1

Risulta poi, dal provvedimento impugnato, che i ricorrenti hanno esibito, al
dibattimento, un’autocertificazione concernente la valutazione del rischio in
ordine alla datazione della quale il giudice del merito solleva generici dubbi in
considerazione della mancata tempestiva esibizione in sede di controllo e della
assenza di prove circa l’avvenuta ricezione da parte dell’ASL cui era stata spedita
per raccomandata, senza alcun ulteriore specifico approfondimento in merito.

8. La sentenza, prescindendo dall’esaminare gli ulteriori aspetti evidenziati

di annullamento, annullamento che va tuttavia disposto senza rinvio in
considerazione del fatto che, non risultando sospensioni, deve ritenersi maturato,
a far data dal 16.6.2013, il temine massimo di prescrizione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
intervenuta prescrizione.
Così deciso in data 31.1.2014

dai ricorrenti, risulta dunque palesemente carente nella motivazione e meritevole

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