Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9255 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9255 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO TAPHA N. IL 22/12/1982
avverso la sentenza n. 1138/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del
29/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 29.3.2013 la Corte d’Appello di Salerno ha confermato il giudizio di
colpevolezza di Lo Tapha in ordine al delitto di detenzione e vendita di CD musicali
illecitamente riprodotti in base al rilievo che, come correttamente evidenziato dal
primo giudice, nessun dubbio sussisteva in ordine alla destinazione alla vendita dei
supporti e in ordine al contenuto illecito, riproducente abusivamente opere
dell’ingegno. Ha considerato in particolare la zona commerciale in cui era avvenuto il
sequestro, la peculiarità dei beni (con la copertina fotocopiata), la detenzione in mano,

ritenuto inconferente la censura in ordine alla mancata comunicazione alla
commissione europea della norma tecnica richiamata, non essendo stata contestata
l’ipotesi di cui all’art. 171 ter lett. D.
Il difensore ricorre per cassazione deducendo inosservanza della legge penale,
inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e mancanza o manifesta
illogicità della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La non manifesta infondatezza della censura di natura processuale (relativa alla
nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello per essere stata
tentata in luogo diverso dal domicilio eletto in Salerno via Bottiglieri 10) consente di
rilevare la prescrizione del reato di cui agli artt. 81 cpv. cp e artt. 171 bis e 171 ter
comma 1 e 2 della legge n. 633/1941.
Dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che l’accertamento risale al 4.8.2005,
per cui il termine massimo di prescrizione del reato (sette anni e mezzo) è venuto a
spirare – considerando il periodo di sospensione di mesi sette e giorni 40 – il
14.10.2013.
Devono trovare applicazione i principi di recente ribaditi dalle Sezioni unite
(sentenza 28 maggio 2009, Tettamanti), secondo cui, in presenza di una causa di
estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a
norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad
escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e
la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile,
così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al
concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o
di approfondimento. Nel caso di specie, non ricorrendo le anzidette condizioni va
senz’altro applicata la causa estintiva.
La sentenza quindi va annullata senza rinvio.
P.Q.M.

per la strada, e da tali elementi ha escluso qualsiasi finalità di uso personale. Infine, ha

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il residuo reato di cui all’art.
173 legge n. 633/1941 estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 34.1.2014.

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