Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9254 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9254 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUIDOTTI EMANUELE N. IL 18/02/1973
avverso la sentenza n. 5653/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
31/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. _C
che ha concluso per e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 31.1.2013 ha confermato la
decisione con la quale, in data 10.11.2011, il Tribunale di quella città aveva
riconosciuto Emanuele GUIDOTTI responsabile del reato di cui all’art. 5 d.lgs.
74\2000 perché, quale legale rappresentante della «Auto 95 di GUIDOTTI

presentava la dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta 2004,
evadendo il tributo dovuto per un valore pari ad euro 315.180,61 (imponibile non
dichiarato pari ad euro 955.117,00).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, rilevando che la sentenza impugnata sarebbe affetta da
contraddizione laddove, da un lato, attribuisce all’accertamento della Guardia di
Finanza una valore meramente indiziario e, dall’altro, ritiene detto accertamento
valido ai fini dell’affermazione di penale responsabilità.
Aggiunge che non sarebbe stato accertato il superamento della soglia di
punibilità prevista dalla disposizione applicata e che la Corte territoriale avrebbe
proceduto ad una indebita inversione dell’onere della prova affermando che la
difesa, pur deducendo l’esistenza di costi deducibili per euro 892.533,00, non
avrebbe fornito alcun supporto avente valenza dimostrativa, senza tenere conto,
peraltro, del fatto che, avendo egli cessato la carica di amministratore della
società nel 2006, aveva provveduto a consegnare la documentazione contabile
al nuovo amministratore, che rilasciava ricevuta, esibita nel corso del giudizio e
che, quando rivestiva la carica, aveva sempre provveduto all’esibizione di detta
documentazione quando richiesta dall’Agenzia delle Entrate.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Occorre preliminarmente ricordare come la giurisprudenza di questa Corte
(Sez. III n. 35858, 4 ottobre 2011) abbia affermato che il reato di cui all’art. 5
d.lgs. 74\2000 può essere legittimamente accertato quando le imposte evase
vengono determinate considerando soltanto i ricavati aziendali in assenza di

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Emanuele s.r.l. unipersonale», al fine di evadere le imposte sui redditi, non

elementi che facciano ritenere l’esistenza di costi, trattandosi di accertamento
non induttivo.
Nella richiamata decisione viene altresì ricordato come si sia in precedenza
rilevato che è compito esclusivo del giudice penale procedere all’accertamento
ed alla determinazione dell’imposta evasa, eventualmente mediante ricorso a
presunzioni di fatto, senza poter utilizzare, però, la presunzione tributaria
secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi
dell’azienda (Sez. III n. 5490, 6 febbraio 2009. V. anche Sez. III n. 21213, 28

In altra occasione si è anche precisato che, ai fini del superamento della
soglia di punibilità di cui all’art. 5 del d.lgs. 74\2000, il giudice può
legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto
dagli uffici finanziari (cfr. Sez. III n.24811, 21 giugno 2011; Sez. III n.5786, 6
febbraio 2008).

4. Date tali premesse, rileva il Collegio che le argomentazioni sviluppate in
ricorso risultano manifestamente infondate, in quanto i giudici del gravame, pur
ritenendo, in linea generale, la valenza meramente indiziaria dell’accertamento
della Guardia di Finanza, hanno indicato sulla base di quali dati fattuali concreti
doveva ritenersi provata la penale responsabilità dell’imputato, senza effettuare
alcuna inversione dell’onere probatorio.
Invero, nella sentenza impugnata viene fatto presente che l’ammontare degli
elementi attivi di reddito della società amministrata dal ricorrente all’epoca dei
fatti risulta pacificamente dimostrata dall’accusa sulla base di una dichiarazione
proveniente dallo stesso imputato, in quanto questi, pur non presentando la
dichiarazione dei redditi, aveva comunque trasmesso le comunicazioni annuali
dei dati IVA, dalle quali detto importo era stato ricavato, dovendosi
conseguentemente escludere che si trattasse di una mera presunzione come
rilevato dalla difesa.
Altro dato determinante sul quale i giudici fondano il loro convincimento è
dato dal mancato reperimento, da parte della Guardia di Finanza, di qualsivoglia
documentazione contabile, che non è stata in alcun modo esibita, neppure
successivamente, cosicché l’importo delle operazioni passive, per un ammontare
quasi pari a quello delle operazioni attive, non è in alcun modo verificabile.
La Corte territoriale aggiunge un ulteriore dato fattuale significativo,
rappresentato dalla circostanza che il documento prodotto, il quale, secondo la
difesa, comproverebbe la consegna della documentazione contabile al nuovo
amministratore della società, risulta «apparentemente redatto il 6 aprile 2006»,
verosimilmente così intendendo che esso non recava data certa e che è stato

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maggio 2008, nonché Sez. III n. 36396, 7 ottobre 2011).

esibito soltanto all’udienza di primo grado il 13 ottobre 2010, nonostante fosse
nota all’imputato la pendenza del procedimento a suo carico almeno dal 2008,
come dimostrato dall’elezione di domicilio in atti.

5. Quanto alla produzione della sentenza di proscioglimento dell’imputato
per il reato di cui all’art. 10 d.lgs. 74\2000, osservano i giudici del merito che
essa ha un significato del tutto irrilevante, essendo idonea a dimostrare soltanto

6. Ritiene pertanto il Collegio che la sentenza impugnata sia giuridicamente
corretta e scevra da lacerazioni di senso o manifesta contraddittorietà, avendo
posto in evidenza dati certi risultanti dalla documentazione in atti e rilevando
come mancasse del tutto ogni dimostrazione della effettiva sussistenza delle
operazioni passive indicate dall’imputato il quale, per quanto ritenuto in punto di
fatto, non ha neppure documentato in maniera convincente per i giudici del
merito l’effettiva consegna della documentazione contabile al nuovo
amministratore.
Del resto, la totale assenza di documentazione contabile conseguente ad
occultamento o distruzione, situazione che configura autonoma ipotesi di reato,
ancorché non imputabile al ricorrente, non poteva giustificare la mancanza di
elementi dimostrativi dei costi sostenuti dalla società, la cui indicazione resta una
mera asserzione.
In altre parole, dal tenore della sentenza impugnata non emerge affatto
l’intento della Corte territoriale di far gravare sull’appellante l’onere di dimostrare
l’infondatezza di una presunzione circa l’ammontare del tributo evaso e, dunque,
il superamento della soglia indicata dall’art. 5, d.lgs. 74\2000, risultando,
piuttosto, che, a fronte di dati fattuali certi, la Corte del merito abbia inteso
rilevare che non sono emersi dati significativi di segno contrario.

7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

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che questi non aveva occultato le scritture contabili e null’altro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso ‘n data 31.1.2014

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