Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9252 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9252 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANDREACCHIO GIOVANNI BATTISTA N. IL 07/10/1959
BARGHI LUCA N. IL 01/12/1965
BARBATO FRANCESCO GIUSEPPE N. IL 20/06/1937
avverso la sentenza n. 1578/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
08/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. r iSr-uni..–t
che ha concluso per .12,!, (1,«>2..u.—..„–.CAis2:7

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. e. 2 20’es:2

C)15L

Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza dell’8.6.2012 ha riformato
parzialmente la decisione emessa in data 15.7.2009 dal Tribunale di Livorno,
dichiarando non doversi procedere per alcuni reati ascritti agli imputati e
rideterminando la pena originariamente inflitta a

Giovanni

Battista

associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’IVA e delle altre imposte
dirette mediante il meccanismo delle cosiddette frodi carosello.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione.

2. Giovanni Battista ANDREACCHIO deduce, con un unico motivo di
ricorso, l’errata applicazione dell’art. 416 cod. pen., rilevando come,
dall’istruttoria espletata, non emergerebbe alcuno degli elementi tipici della
fattispecie delittuosa contestatagli.

3.

Francesco Giuseppe BARBATO

deduce anch’egli, premessa la

distinzione tra associazione per delinquere e mero concorso nel reato,
l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, facendo altresì
rilevare la propria posizione di mera testa di legno e ponendo in evidenza che il
giudice di merito si sarebbe avvalso, per affermare la sua responsabilità, della
sola prova indiziaria.

4. Luca BARGHI deduce, con un unico motivo di ricorso, l’insussistenza del
reato associativo, che distingue dal mero concorso, lamentando il ricorso alla
prova indiziaria da parte dei giudici di merito.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Tutti i ricorsi sono inammissibili.
Va preliminarmente osservato, in linea generale, che la giurisprudenza di
questa Corte ha avuto modo di precisare che elementi tipici dell’associazione per
delinquere sono la sussistenza un vincolo associativo tendenzialmente
permanente o, comunque, stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione
dei delitti concretamente programmati, l’indeterminatezza del programma

1

ANDREACCHIO, Francesco Giuseppe BARBATO e Luca BARGHI per i reati di

criminoso, che distingue il reato associativo dall’accordo caratterizzante il
concorso di persone nel reato e l’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur
minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi
presi di mira (così, da ultimo, Sez. Il n. 16339, 10 aprile 2013).
Si è ulteriormente chiarito che la partecipazione all’associazione si distingue
da quella del concorrente nel reato di cui all’art. 110 cod. pen. in quanto implica,
a differenza di quest’ultima, l’esistenza di un «pactum sceleris», con riferimento
alla consorteria criminale e della

«affectio societatis»,

in relazione alla

47602, 7 dicembre 2012).

6. Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno rilevato che il sistema
frodatorio, attivato nell’ambito del commercio di apparecchiature per telefonia
cellulare, consisteva nell’interposizione, tra un acquirente italiano ed un fornitore
comunitario, di una società «cartiera» che, non versando l’IVA, vendeva il bene
all’acquirente ad un prezzo imponibile inferiore a quello di acquisto.
In tale contesto Giovanni Battista ANDREACCHIO risultava essere stato
l’artefice ed il principale organizzatore del sodalizio criminale, che si avvaleva di
numerose società anche costituite a tale scopo.
Osservano i giudici del merito che la responsabilità degli imputati era
emersa a seguito di attività di intercettazione telefonica, dal sequestro delle
fatture utilizzate e dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria oltre che dalla
obiettiva constatazione del fatto che le società cartiere erano prive di qualsiasi
struttura operativa.
In particolare, da detta attività era emersa la commissione, da parte degli
imputati, di un numero considerevole di reati-fine commessi nell’ambito di una
complessa e continuativa attività commerciale che necessariamente richiedeva
una struttura aziendale articolata e costanti rapporti tra le singole società, alcune
delle quali, come si è detto, fittiziamente costituite, il che evidenzia la certa
compartecipazione all’associazione criminale finalizzata alla frode fiscale.
Nel far ciò, i giudici del merito hanno illustrato le singole posizioni dei
ricorrenti, indicando puntualmente le modalità con le quali l’ANDREACCHIO aveva
organizzato e gestito l’attività dell’associazione e la commissione dei singoli reati,
nonché la posizione dei singoli associati e, segnatamente, del BARGHI e del
BARBATO, confutando le censure mosse con gli atti di appello e ponendo in
evidenza il significativo ruolo da ciascuno assunto nell’ambito del sodalizio
criminale.

7. A fronte di ciò, i ricorrenti formulano, nei rispettivi ricorsi, soltanto

2

consapevolezza del soggetto di inserirsi in un’associazione vietata (Sez. Il n.


generiche censure.
Invero, tutti i

ricorsi si limitano all’apodittica affermazione circa

l’insussistenza, nella fattispecie, degli elementi tipici della fattispecie delineata
dall’art. 416 cod. pen., senza alcun riferimento specifico alle diffuse
argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata.
Altrettanto avviene con il riferimento alla utilizzazione, da parte dei giudici
del merito, della sola prova indiziaria, affermazione peraltro smentita dalla
preciso richiamo agli elementi probatori acquisiti ed agli esiti delle indagini

A tali affermazioni si accompagnano l’osservazione, di carattere generale,
sulla differenza tra associazione per delinquere e concorso di persone nel reato
ed altre osservazioni, sempre estremamente generiche, sulle singole posizioni.
Si tratta, in definitiva, di motivi di ricorso del tutto indeterminati ed, in ogni
caso, privi della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento della
sentenza impugnata, circostanza, questa, che pacificamente determina
l’inammissibilità del ricorso (v. Sez. V n. 28011, 26 giugno 2013 e Sez. Il n.
19951, 19 maggio 2008 con richiami alle decisioni precedenti).

8. I ricorsi, dunque, devono essere dichiarato inammissibili e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00
per ciascuno di essi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in data 31.1.2014

espletate.

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