Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9243 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9243 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BAFTI DURIM N. IL 15/09/1982
avverso la sentenza n. 64/2011 TRIB.SEZ.DIST. di SASSUOLO, del
23/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.,
che ha concluso per .
,›,krurs’i–

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Modena – Sezione Distaccata di Sassuolo, con sentenza del
23.5.2012 ha condannato

Durim BAFTI alla pena dell’ammenda per il reato di

cui all’art. 674 cod. pen., così qualificando l’originaria imputazione, riferita all’art.
612, comma 2 cod. pen., essendo chiamato a rispondere di tale reato «(…)

ingiusto danno SPADARO Marco e PIGONI Alex, brandendo la stessa nei loro
confronti oltre a colpirli con schiaffi e spintonamenti vari»

(in Sassuolo

28.8.2009).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 521 cod. proc.
pen., rilevando che, essendo emerso nel corso del dibattimento un fatto diverso
da quello contestato, il giudice del merito avrebbe dovuto trasmettere gli atti al
Pubblico Ministero.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inamissibile.
L’art. 521 cod. proc. pen., nello stabilire che il giudice possa dare al fatto una
diversa qualificazione giuridica, richiede che il fatto storico addebitato rimanga
identico per ciò che concerne la condotta, l’evento e l’elemento soggettivo.
In applicazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, la
diversità del fatto accertato rispetto a quello contestato si ha dunque quando il
secondo si pone, rispetto al primo, in un rapporto di completa eterogeneità.

4. La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro rilevato, in più occasioni,
che la violazione di detto principio sia ravvisabile soltanto quando la modifica
dell’imputazione pregiudichi le possibilità di difesa dell’imputato (cfr. ex pl. Sez.
VI n. 6346, 8 febbraio 2013; Sez. III n. 41478, 24 ottobre 2012; Sez. III n. 36817,
12 ottobre 2011; SS.UU. 36551, 13 ottobre 2010; Sez. IV n.10103, 9 marzo 2007;
Sez. IV n. 16900, 9 aprile 2004).
Nel considerare la questione in esame, inoltre, si è anche tenuto conto dei
principi stabiliti dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte Europea, 11

perché, impugnando tra le mani una bottiglia di vetro rotta, minacciava di un

dicembre 2007, Drassich c. Italia; Corte Europea, 25 marzo 1999, Pellissier e
Sassi c. Francia) che questa Corte ha avuto modo di richiamare (Sez. VI n. 20500,
28 maggio 2010) ricordando che “la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha
affermato che la portata dell’art. 6, par. 3, lett. a) e b) della Convenzione Europea
dei diritti dell’uomo impone un concetto ampio del principio del contraddittorio,
che non si limita solo alla formazione della prova, ma che proietta i suoi effetti
anche alla valutazione giuridica del fatto. In sostanza, l’imputato deve essere
messo nelle condizioni di discutere in contraddittorio ogni profilo dell’accusa che

ad essere informato dell’accusa e, quindi, dei fatti materiali posti a suo carico e
sui quali si fonda l’accusa stessa, implica il diritto dell’imputato a preparare la
sua difesa, sicché se il giudice ha la possibilità di riqualificare i fatti, deve essere
assicurata all’imputato la possibilità di esercitare il proprio diritto alla difesa in
maniera concreta ed effettiva: ciò presuppone che sia informato, in tempo utile,
sia dell’accusa, sia della qualificazione giuridica dei fatti a carico”.
Sempre in applicazione di tali principi si è ulteriormente chiarito che la
diversa qualificazione giuridica del fatto non determina la violazione dell’art. 521
cod. proc. pen. quando appaia come uno dei possibili epiloghi decisori del
giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile e
l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto, nella fase di merito, la possibilità di
interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, anche attraverso l’ordinario
rimedio dell’impugnazione (Sez. V n. 7984, 19 febbraio 2013. V. anche Sez. I n.
9091, 8 marzo 2010).
Inoltre, nella decisione in precedenza richiamata (SS.UU. n. 36651\2010, cit.)
le Sezioni Unite hanno anche precisato che l’indagine finalizzata alla verifica della
violazione del principio di correlazione non deve esaurirsi nel pedissequo e mero
confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza, in quanto,
vertendosi in materia di garanzie e di difesa, non vi è violazione quando
l’imputato, attraverso lo sviluppo del processo, sia venuto a trovarsi nella
condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.
Deve conseguentemente tenersi conto non soltanto del fatto descritto in
imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a
conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale
contestazione, in modo tale da porlo in condizione di esercitare le sue difese
sull’intero materiale probatorio valorizzato ai fini della decisione (Sez. VI n. 5890,
6 febbraio 2013; Sez. III n. 15655, 16 aprile 2008 ed altre prec. conf.).

5. Tenuto conto dei condivisibili principi dianzi richiamati, occorre rilevare
che, nella fattispecie in esame, il giudice del merito ha rilevato come, rispetto

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gli viene mossa, compresa la qualificazione giuridica dei fatti addebitati. Il diritto

alla originaria imputazione, le emergenze probatorie in atti avessero evidenziato
che l’imputato, il quale versava in stato di alterazione conseguente all’assunzione
di sostanze alcooliche, era stato ripreso dalle telecamere di un impianto di
videosorveglianza che lo mostravano dapprima spintonare una persona e, dopo,
discutere animatamente con altre, allontanandosi per poi cominciare a lanciare
oggetti all’indirizzo dei presenti, i quali trovavano rifugio all’interno di un bar.
Aggiunge il giudice che uno dei testi escussi, presente ai fatti, aveva riferito
che l’uomo aveva lanciato all’indirizzo del gruppo alcune bottiglie di vetro,

spinto dall’imputato, veniva fatto bersaglio, unitamente ai suoi amici, del lancio
di bottiglie di vetro preventivamente rotte.
Considerata la ricostruzione dei fatti, il giudice del merito ha ritenuto che
l’imputato brandisse una bottiglia rotta non tanto con finalità di minaccia,
quanto, piuttosto, per lanciarla all’indirizzo dei presenti unitamente ad altre che
erano state rinvenute sul posto e, in ragione di tale evenienza, ha ritenuto
configurabile, nei fatti così accertati, il reato di cui all’art. 674 cod. pen.

6. Ciò posto, rileva il Collegio che il fatto storico, nella sua sostanza, è
rimasto invariato ed il Tribunale ha proceduto ad una sua diversa qualificazione,
ridimensionandolo sensibilmente in senso decisamente favorevole all’imputato,
escludendo il delitto di minaccia aggravata e considerando la contravvenzione di
getto pericoloso di cose.
Si tratta, invero, di mera diversa qualificazione giuridica della condotta che,
implicitamente escludendo la rilevanza penale delle percosse descritte
nell’imputazione, ha considerato il gesto dell’impugnare la bottiglia rotta non
come finalizzato all’intimidazione, bensì quale atto meramente prodromico al
lancio della stessa, poi avvenuto, evidentemente non diretto a minacciare o
ledere l’incolumità delle persone verso le quali era indirizzato.
Così facendo, il Tribunale, fermo restando l’elemento descrittivo del fatto
riportato nell’imputazione, ne ha sensibilmente ridimensionato il profilo
soggettivo sulla base di dati probatori formatisi nel corso dell’istruzione
dibattimentale svoltasi, ovviamente, nel contraddittorio delle parti e rispetto ai
quali la difesa -ha avuto la possibilità di interloquire ed articolare le proprie
richieste.
Non può conseguentemente ritenersi violato il principio di correlazione tra
contestazione e sentenza, né in alcun modo la decisione impugnata ha
pregiudicato la possibilità di difesa dell’imputato.

7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla

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circostanza confermata da altro teste, il quale precisava che, dopo essere stato

declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00 .

P.Q.M.

spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso n data 31.1.2014

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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