Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 924 del 25/11/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 924 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

MARZOUKI Mohammed, n. Beni – Amir Est (Mar) 5.7.1985
avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo n. 1546/2014 del 19/04/2014

esaminati gli atti e letti il ricorso e il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. E. V. Scardaccione, che ha
concluso per il rigetto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Bergamo, su richiesta dell’imputato concordata
con il PM, ha applicato a Marzouki Mohammed ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. la pena di un
anno e quattro mesi di reclusione ed C 3.000,00 di multa, per il reato di illecita detenzione di
sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990), riferita al possesso complessivo di poco
più di gr. 21 di cocaina, ritenuto fatto lieve ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, previo
bilanciamento delle riconosciute attenuanti generiche con la contestata recidiva.

1

Data Udienza: 25/11/2014

2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo con un primo motivo carenza di motivazione in ordine all’affermata insussistenza delle condizioni di cui
allo art. 129 cod. proc. peri.; con un secondo motivo deduce, inoltre, l’illegalità della pena,
derivante dall’omessa applicazione della legge più favorevole rappresentata dall’ultima modifica apportata dal legislatore al comma 5 del d.P.R. n. 309 del 1990.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con riferimento al primo motivo, l’impugnazione si rivela inammissibile per manifesta infondatezza, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è conformato alle indicazioni di questa Corte regolatrice e adeguandosi a quanto contenuto nell’accordo tra le parti e
rendendo comprensibile l’effettuazione dei controlli a lui demandati, ha soddisfatto in maniera
adeguata all’obbligo di motivazione, calibrato in rapporto alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. U del 27/03/1992, Di
Benedetto; Sez. U del 27/09/1995, Serafino; Sez. U del 25/11/1998, Messina).

1.2 Parimenti e palesemente infondato appare il secondo motivo di ricorso.
La pena applicata dal giudice non risulta affatto illegale, rientrando nei limiti edittali minimo
e massimo dell’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dal d.l. n. 36 del 20
marzo 2014 (precedente, quindi, all’emissione della sentenza) convertito in legge n. 79 del
2014 in vigore dal 26 maggio 2014: costituisce, pertanto, frutto di mera illazione la mancata
applicazione della nuova disciplina normativa, ancorché non formalmente menzionata nella
motivazione della sentenza impugnata.

2. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si
stima equo determinare nella misura di 1.500,00 (millecinquecento) Euro.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Roma, 25/11 2014

1. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale va dichiarato inammissibile.

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