Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9238 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9238 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARCISI SABRINA N. IL 07/09/1974
avverso l’ordinanza n. 3156/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 13/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
e-ot•A
che ha concluso per

A

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/01/2014

4,

RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di L’Aquila con ordinanza 13.5.2011 ha dichiarato
inammissibile l’appello proposto da Narcisi Sabrina contro la sentenza del Tribunale di
Chieti che aveva dichiarato la sua responsabilità per il reato di omesso versamento di
ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni corrisposte nel maggio 2004 ai
lavoratori della ditta Promopolis di cui era legale rappresentante. La Corte di merito ha
ritenuto che l’appello appariva del tutto generico ed aspecifico, senza alcuna critica
effettiva contro uno o più punti della decisione né censure contro individuati passaggi

Secondo la Corte abruzzese l’appello potrebbe attagliarsi a qualsiasi decisione avente il
medesimo oggetto.
Il difensore ricorre per cassazione denunziando l’inosservanza degli artt. 125,
127 e 581 lett. c) cpp nonché la contraddittorietà della motivazione.
Osserva inoltre che i motivi di doglianza erano stati rappresentati dalla richiesta
di assoluzione della Narcisi, condannata senza che si tenesse in considerazione
l’intervenuta prescrizione e si accertasse l’effettiva dazione al lavoratore delle somme
poi trattenute e non riversate, soprattutto quando la situazione della Promopolis era di
evidente decozione, tanto da comportarne il successivo fallimento; rileva di avere
dedotto l’intervenuto pagamento in proprio delle somme.
Contesta pertanto la ritenuta

inammissibilità dell’impugnazione per

indeterminatezza dei motivi rimproverando alla Corte abruzzese di avere adottato una
motivazione sommaria, estensibile a qualunque tipo di appello, gravemente lesiva del
diritto di difesa e tale da privare l’imputato di un grado di giudizio.
Infine, rileva l’omessa notifica dell’ordinanza benché nel provvedimento fosse
stato disposto la notifica a mezzo fax.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La non manifesta infondatezza del ricorso in ordine al dedotto contenuto
stereotipato dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello, consente alla Corte di
rilevare l’intervenuta prescrizione del reato.
Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, il reato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali ha natura di reato omissivo
istantaneo per il quale il momento consumativo coincide con la scadenza del termine
utile concesso al datore di lavoro per il versamento ed attualmente fissato, dall’art. 2,
comma primo, lett. b) del D.Lgs. n. 422 del 1998, al giorno sedici del mese successivo
a quello cui si riferiscono i contributi (v., da ultimo, Sez. III n. 20251, 14 maggio
2009). Va poi considerato il periodo di sospensione legale di tre mesi (ai sensi del D.L.
12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1 quater, convertito nella L. 11 novembre
1983, n. 638).

della motivazione, che esprime argomentate ragioni poste a sostegno della decisione.

Ebbene, nel caso di specie, trattandosi dell’omesso versamento relativo alla
mensilità del maggio 2004 il momento consumativo va fatto risalire al 16 giugno 2004
(giorno 16 del mese successivo) e, tenuto contro del trimestre di sospensione legale, il
termine prescrizionale ha iniziato a decorrere il 16 settembre 2004 sicché, non
ravvisandosi periodi di sospensione (cfr. atti) il termine massimo di prescrizione di
sette anni e sei mesi (cfr. art. 157 cp) è venuto a scadere il 16 marzo 2012.
Devono trovare applicazione i principi di recente ribaditi dalle Sezioni unite (cfr.
Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15/09/2009 Rv. 244274),

pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto
nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione
del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in
modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve
compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione
ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi
necessità di accertamento o di approfondimento.
Nel caso di specie, non ricorrendo le anzidette condizioni va senz’altro applicata la
causa estintiva.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio per essere il
reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.
annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 6.11.2013.

secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a

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