Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9238 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9238 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Arosio Franco nato a Desio il 21/2/1969
avverso la ordinanza del 09/09/2015 del Tribunale di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Guido Aldo Carlo Camera, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 09/09/2015 il Tribunale di Milano, sezione riesame,
confermava l’ordinanza in data 20/07/2015 con la quale il Gip presso lo stesso
Tribunale aveva applicato ad Arosio Franco la misura interdittiva della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale di commercialista nonché
dall’esercizio di imprese o uffici direttivi di persone giuridiche e delle imprese per
la durata di mesi 12, per i reati di cui agli artt. 110, cod. pen., 11, d.lgs.
74/2000, 12 quinquíes, L. 356/1992, in concorso con altri relativamente ad
ipotizzati atti fraudolenti commessi al fine della sottrazione dal pagamento delle
imposte sui redditi della MAX & GO srl ed ugualmente concorrendo con altri al
fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale
fittiziamente si intrometteva in interposizioni fittizie relative alle quote della
ROYAL MOTORS srl.

Data Udienza: 26/11/2015

1.1 Osservava il Tribunale che, refluendo il procedimento de quo da altro
procedimento riguardante anche altri soggetti in relazione ad un illecito traffico
di rifiuti, particolarmente in relazione al reato fiscale l’Arosio avrebbe prestato la
propria consulenza appunto al fine di agevolare Cannarozzo Massimiliano,
titolare della MAX & GO srl, al raggiungimento dello scopo di ostacolare l’attività
di riscossione coattiva avviata da Equitalia per un credito fiscale da evasione di
imposte dirette pari ad euro 1.805.456,15. Specificamente la condotta ascritta al
professionista risultava da files attratti dal suo personal computer in sede di

di un

trust,

cessione di un immobile) di depauperamento patrimoniale

fraudolentemente preordinato alla diminuzione della garanzia generica di detto
credito erariale, essendo peraltro tale indizio corroborato da intercettazioni
telefoniche tra altri soggetti che riguardavano il ruolo dell’Arosio nella strategia
inerente lo scopo delittuoso in questione. Venivano poi puntualmente verificate e
contraddette le singole tesi difensive sia in ordine all’elemento oggettivo che in
ordine all’elemento soggettivo del reato de quo.
1.2 D Tribunale rilevava inoltre quanto al reato inerente le misure di
prevenzione patrimoniale che le dichiarazioni rese dal legale rappresentante
“formale” della ROYAL MOTORS srl, Mormino Vincenzo, unitamente alle correlate
attività di indagine espletate dalla pg, integravano gravi indizi di colpevolezza
dell’Arosio anche relativamente al reato stesso. Sottolineava in particolare il
provvedimento del Tribunale che il Mormino era un semplice muratore, del tutto
privo delle competenze necessarie alla gestione di una attività di vendita di
autovetture, qual’era l’oggetto sociale di detta società. Quanto al versante
soggettivo dell’illecito il giudice dell’appello cautelare rimarcava che il correo
Cannarozzo, ipotizzato effettivo dominus della ROYAL MOTORS, ben poteva
aspettarsi una misura di prevenzione patrimoniale in quanto indagato in detto
procedimento ex art. 260, d.lgs. 152/2006. Il che non poteva essere ignorato
dall’Arosio quale professionista fiduciario del Cannarozzo da epoca risalente.
1.3 II Tribunale affermava altresì la piena sussistenza delle esigenze
cautelari esposte nel provvedimento gravato dal Gip, essendo le medesime
ritraibili dalle modalità delle condotte ascritte all’indagato con particolare
riguardo al pericolo di specifica recidivanza. Ciò non solo per il supporto “tecnico”
offerto dall’Arosio al Cannarozzo, ma anche perché il primo si era direttamente
attivato nel coadiuvare gli intenti criminali del secondo, fatti questi che secondo il
Tribunale dovevano considerarsi indici chiari di inclinazione a commettere reati
della stessa specie, costituendo specifico pericolo in questo senso non soltanto
l’appartenenza ad un ordine professionale, ma anche le cariche societarie, di
controllo ovvero gestione, riferibili all’indagato. Sicchè in conclusione la misura

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verifica fiscale della GdF, nei quali erano ipotizzati due distinti modi (costituzione

interdittiva applicata, anche per l’ampiezza e la durata, appariva unica adeguata
a soddisfare l’esigenza cautelare in esame.
2. Avverso l’ordinanza, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per
cassazione l’Arosio, formulando tre articolati motivi.
2.1 Con un primo motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione di legge
ed omessa motivazione in relazione al fumus commissi delicti del reato di cui
all’art. 11, d.lgs. 74/2000. Anzitutto a sostegno della doglianza afferma
l’irrilevanza della costituzione del trust MAX & GO ai fini degli interessi della

sono effettuati trasferimenti di valori di proprietà della MAX & GO srl, con
particolare riguardo agli immobili, come del resto emergente da informativa della
GdF in data 4/5/2015. Soggiunge che da perizia asseverata di un professionista
risulta che il patrimonio immobiliare della MAX & GO ammonta ad oltre 4 milioni
di euro, a fronte di un debito tributario di poco più di un terzo di tale somma ed
essendo l’immobile ceduto dalla società situato a Lazzate del valore di poco più
di 500 mila euro. Particolare accento pone poi sulla illegittimità -assoluta- della
acquisizione di files dal suo PC in sede di verifica fiscale, essendosi violate le
previsioni di cui all’ art. 247, comma 1 bis, cod. proc. pen., posto che era già
chiaro e conosciuto dalla GdF operante l’acquisizione medesima che egli era
indagato dalla Procura di Monza per reati fiscali.
2.2 Con un secondo motivo l’Arosio si duole dell’erronea applicazione della
legge nonché della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento impugnato in relazione al fumus commissi delicti
relativamente al reato ascrittogli ex art. 12

quinquies,

L. 356/1992.

Specificamente sottolinea che il tempo in cui il Mormino assunse l’incarico di
amministratore della ROYAL MOTORS è di oltre un anno precedente il decreto di
sequestro del GIP di Monza nell’ambito dell’indagine relativa ai reati ambientali
per i quali è stato indagato, anche, il Cannarozzo, sicchè non era possibile la sua
conoscenza di questa circostanza in precedenza e quindi il suo dolo di correità
nell’elisione delle misure di prevenzione adottabili quali conseguenza di quel
diverso procedimento penale. D’altro canto osserva il ricorrente non essere
sostenibile che un rapporto professionale iniziato alla fine del 2011, possa
considerarsi, come ritenuto dal Tribunale, duraturo e risalente, sì da far
presumere che egli conoscesse

funditus

tutte le vicende riguardanti il

Cannarozzo.
2.3 Con un terzo motivo infine il ricorrente censura il provvedimento
impugnato per violazione di legge e carenza motivazionale relativamente alle
esigenze cautelari. Prima di tutto lamenta l’eccessività della durata indicata nel
provvedimento applicativo della misura interdittiva, essendo pari al massimo
previsto dalla legge, senza peraltro che se ne sia data una motivazione

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riscossione tributaria, posto che con tale atto ed a seguito dello stesso non si

adeguata, anche in considerazione del tempo passato dalle condotte.
Ugualmente afferma l’assenza di motivazione in ordine all’estensione oggettiva
della misura medesima a tutte le attività, professionali, amministrative ed
imprenditoriali dalla legge previste, essendosi comunque fatta non corretta
applicazione delle previsioni normative stesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

violazione di legge e mancanza di motivazione del

fumus commissi delicti

relativamente all’imputazione provvisoria mossagli ex art. 11, d.lon. 74/2000.
Sostiene anzitutto che la costituzione del Trust Max & Go srl non esplica effetti a
tale fine, poiché nello stesso non sono affluiti beni di alcun tipo provenienti dal
patrimonio della debitrice fiscale Max & Go srl, come certificato dalla GdF con
nota del 4 maggio 2015, e lamenta altresì l’omessa motivazione sul punto da
parte del Tribunale di Milano. In secondo luogo afferma che il Tribunale
medesimo non abbia preso in alcuna considerazione la valutazione data al
patrimonio della Max & Go srl con perizia asseverata dall’arch. Arienti,
dimostrativa che, anche al netto della cessione immobiliare oggetto di accusa
(immobile sito in Lazzate), tale patrimonio è del tutto capiente rispetto alla
pretesa fiscale (immobili per il valore stimato di euro 4.648.603,00; prezzo di
cessione di detto immobile pari ad euro 528,061,00). In terzo luogo contesta la
legittimità dell’acquisizione di files dal suo personal computer in sede di verifica
tributaria da parte della GdF, per violazione delle previsioni di cui all’art. 247,
comma 1 bis, cod. proc. pen.
Il motivo è infondato.
I primi due profili non hanno alcun rilievo in ordine alla configurazione,
ancorchè provvisoria e cautelarmente finalizzata, del reato di cui all’art. 11, ci.ip
n. 74/2000 a carico dell’indagato. Infatti che il Trust Max & Go non abbia
ricevuto conferimenti, in particolare immobiliari, ovvero che il patrimonio della
Max & Go possa essere capiente rispetto alla pretesa fiscale penalmente tutelata
dalla norma incriminatrice de qua, sono fatti che non incidono sulla concreta
applicabilità della medesima, trattandosi di un reato non di danno, bensi di
pericolo, eventualmente permanente, la cui consumazione si protrae per tutto il
tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a insidiare patrimonialmente l’
adempimento dell’obbligazione tributaria (Cass, Sez. 3, n. 37415 del
25/06/2012, Tonetto, 253359).
Tale configurazione del reato in questione si attaglia pienamente alle
fattispecie in esame e viene ampiamente illustrata nella motivazione della
ordinanza impugnata. In essa particolarmente si rileva che la stessa costituzione
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2. Con la prima doglianza il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per

del Trust è atto che di per sé mette in pericolo la garanzia patrimoniale del
credito fiscale, potendo in qualsiasi momento essere ceduto a esso e quindi
segregato un valore economico rientrante nel patrimonio della Max & Go ed
essendo d’altro canto proprio questa la finalità per la quale, espressamente, il
Trust è

stato costituito. Sottolinea, correttamente, il Tribunale che tale

intenzione, concretizzante il dolo concorrenziale ascritto -anche- al prevenuto,
risulta tabularmente sia dalle premesse dell’atto costitutivo del Trust sia dai files
acquisiti presso il personal computer dell’Arosio; che in quest’ultimi esso è

unitamente alla cessione dell’immobile di Lazzate; che la pericolosità concreta di
questo secondo atto, giuridicamente perfezionato, consiste nel fatto che tramite
lo stesso il patrimonio della Max & Go è stato significativamente depauperato,
mediante una complessa operazione simulata che ha fatto sì che Brunetto
Rosetta, socia di detta società e già convivente del suo titolare Cannarozzo
Massimiliano, divenisse titolare delle quote della Silver Service srl utilizzando il
prezzo della cessione immobiliare oggetto dell’imputazione che le è stato girato
quale rimborso, peraltro fittizio, di crediti per finanziamento alla Max & Go
medesima.
Infine sempre in ordine al dolo dell’Arosio di concorso nel reato fiscale de
quo

va rilevato che nell’ordinanza, come peraltro ritenuto legittimo da

consolidata giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale fa espresso ed integrale
rinvio alla motivazione dell’ ordinanza cautelare del Gip, dalla quale rinviene
l’ulteriore rilevante considerazione che il ruolo attivo e di primo piano assunto
dall’Arosio stesso si possa desumere anche dall’univoco significato che in questo
senso assume la conversazione intercettata tra Fulcoli Antonio e Senzani
Marialetizia in data 21/10/2013 ed in quella che la riscontra tra il ricorrente ed il
Fulcoli intercettata il 31/10/2013, oltre alla circostanza che in data 19/05/2014
la sede legale della Max & Go sia stata trasferita presso lo studio professionale
del ricorrente medesimo.
Sul punto va poi notato che non può considerarsi vizio motivazionale
dell’ordinanza stessa il non aver approfondito la questione, posta in sede di
riesame della misura cautelare

de qua,

della “capienza” del patrimonio

immobiliare residuo della società debitrice fiscale, sulla base della consulenza,
pur asseverata, dell’arch. Adenti. Trattasi all’evidenza di questione pertinente al
merito dell’accusa che non può essere affrontata

funditus sul piano delle

valutazioni cautelari di competenza del Tribunale del riesame di Milano.
In ogni caso va notato che nella struttura ontologica del reato di sottrazione
fraudolenta al pagamento delle imposte, l’ “idoneità” delle condotte è riferita all’
inefficacia della esecuzione esattoriale sia “in tutto” sia “in parte”. Il che appunto
sta a significare che anche una non totale diminuzione della garanzia
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indicato quale modalità di attuazione del disegno frodatorio in oggetto,

patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore fiscale deve
pacificamente considerarsi condotta penalmente rilevante nell’ambito di questo
titolo di reato.
Più in generale va peraltro rilevato che il Tribunale ha ampiamente,
congruamente e logicamente motivato sulla gravità degli indizi a carico
dell’Arosio in ordine alla fattispecie delittuosa in esame, quali principalmente
emergenti, quoad effectum, dagli atti dispositivi patrimoniali suindicati e quanto
alla dolosità della condotta dell’indagato, dalle acquisizioni informatiche pure

assunto la funzione, assolutamente fiduciaria ed intranea, di trustee.
In ordine ai ft/és acquisiti dal PC dell’indagato, il vizio di legittimità dedotto
in questa sede, quale terzo profilo del primo motivo di ricorso, nemmeno può
affermarsi sussistente. Ritiene infatti il Collegio che debbano essere seguiti i più
recenti indirizzi ermeneutici di questa Corte secondo i quali, per un verso « In
materia di illeciti tributari gli elementi raccolti durante gli accessi, le ispezioni e le
verifiche compiute dalla Guardia di Finanza per l’accertamento dell’imposta sul
valore aggiunto e delle imposte dirette sono sempre utilizzabili quale “notitia
criminis”, in quanto a tali attività non è applicabile la disciplina prevista dal
codice di rito per l’operato della polizia giudiziaria, sicché la mancanza o
l’irregolarità formale dell’autorizzazione, se è causa di invalidità
dell’accertamento fiscale, non riverbera i suoi effetti sull’accertamento penale»
(Sez. 3, n. 12017 del 07/02/2007, Monni, Rv. 235927); per altro verso «L’
illegittimità della perquisizione non invalida il conseguente sequestro, qualora
vengano acquisite cose costituenti corpo di reato o a questo pertinenti,
dovendosi considerare che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose
obbiettivamente sequestrabili, non dipende dalle modalità con le quali queste
sono state reperite, ma è condizionato unicamente all’acquisibilità del bene e alla
insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleabili dal sistema»
(Sez. 2 n. 26819 del 23/04/2010, PM in proc. Ceschini, Rv. 247679), ben
potendosi considerare detti files, ai fini dell’applicazione di questo secondo
principio di diritto, quali “cose pertinenti” al reato.
3. E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso inerente il fumus commissi
delicti del reato di cui all’art. 12 quinquies, L. n. 356/1992.
Afferma il ricorrente che, all’epoca in cui asseritamente egli avrebbe
consigliata la nomina “fittizia” di Mormino Vincenzo quale amministratore della
Royal Motors, non poteva essere consapevole della commissione da parte del
Cannarozzo di reati ambientali che potessero indurre l’applicazione di misure di
prevenzione patrimoniale nei confronti dello stesso Cannarozzo e che deve
dunque escludersi che detto “consiglio”, come in ipotesi accusatoria, fosse
finalizzato concorrenzialmente all’elusione delle misure stesse. Ciò sulla base del
6

sopra citate, ma anche sottolineando il fatto che del Trust Max & Go l’Arosio ha

fatto che tra la nomina del Mormino e il primo atto di indagine -a valenza
esterna- per reati ambientali nei confronti del Cannarozzo doveva essere
considerato il decreto di sequestro del Gip di Monza in data 13/02/2015 e
comunque non corrispondendo alla verità dei fatti che egli fosse intimo
conoscente, pur per ragioni professionali, del Cannarozzo e quindi delle sue
“disavventure” giudiziarie.
Diversamente da quanto opina il ricorrente di contro la motivazione
dell’ordinanza impugnata è anche su tale punto molto solida e logicamente

intercettata il 19/09/2012 è chiaro l’intervento “consulenziale”
concorrenzialmente delittuoso dell’ Arosio, il quale in tale conversazione
suggerisce al correo Fulcoli la necessità di ricercare quale amministratore (della
Royal Motors) la classica “testa di legno”; ha poi anche riscontrato questa
intenzione nelle dichiarazioni rese dal Mormino, che accusano chiaramente
l’indagato di induzione alla assunzione di questa veste nella Royal Motors,
dovendosi necessariamente tener conto a riscontro oggettivo che il Mormino è un
muratore, del tutto dichiaratamente ignaro delle caratteristiche e necessità di
gestione di una attività di rivendita di auto.
Questi fatti, unitamente alla relativa, ma non certo minima risalenza nel
tempo del rapporto professionale tra l’Arosio ed il Cannarozzo, hanno indotto il
Tribunale di Milano a ribadire, con il Gip emittente la misura interdittiva,
l’affermazione di sussistenza del fumus commissi delicti anche in ordine a tale
ipotesi accusatoria.
Tale assetto motivazionale risulta pienamente rispettoso degli standards
correlativi, quali uniformemente indicati nella giurisprudenza di questa Corte.
4. Deve infine altresì rilevarsi la non fondatezza del terzo motivo di ricorso
inerente le esigenze cautelari.
Lamenta il ricorrente la carenza della motivazione dell’ordinanza anche su
questo punto, particolarmente quanto alla applicazione della misura interdittiva
nella estensione massima sia temporale che oggettiva.
Risulta di contro che il Tribunale abbia esposto le ragioni correlative in modo
ineccepibile sul piano logico, valorizzando, come era peraltro nella sua
discrezionalità di giudice meritale cautelare, la pervicacia ed insidiosità delle
condotte poste in essere dal prevenuto, quale indice dal quale desumere un
giudizio prognostico sfavorevole relativamente all’esigenza cautelare della
prevenzione della sua recidivanza specifica, ciò anche con specifico e puntuale
riguardo all’estensione ed alla durata della misura. In buona sostanza ha dato
risposta piena e congrua ai motivi dell’appello cautelare anche su questo punto.
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e, per l’effetto, il ricorrente
va condannato al pagamento delle spese processuali.
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fondata. Il Tribunale ha infatti rilevato che sin dalla comunicazione telefonica

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 26/11/2015

processuali.

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