Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9237 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9237 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLO GIOVANNA N. IL 28/06/1954
ANNOSCIA ANTONIO N. IL 02/07/1954
avverso la sentenza n. 880/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
02/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. g2 .34) , (22 c(2,1to
che ha concluso per (
2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

twig –

Data Udienza: 30/01/2014

RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bari con sentenza 2.7.2012 ha confermato il giudizio di
colpevolezza di Cavallo Giovanna e Annoscia Antonio per contravvenzione edilizia
consistente nella realizzazione, nella rispettiva qualità di legale rappresentante e
procuratore della Ristor Più srl, di una struttura adibita a ristorante e pizzeria
composta da cinque gazebo della superficie complessiva di mq. 97, in assenza di
permesso di costruire.
La Corte di merito – per quanto ancora interessa -ha motivato escludendo la

buona fede degli imputati e ritenendo che il termine di prescrizione del reato andava
fatto decorrere dalla data del sequestro e non dalla precedente data del collaudo, per
cui la prescrizione sarebbe maturata il 19.3.2013.
Contro questa decisione gli imputati, tramite i rispettivi difensori, propongono
separati, ma identici ricorsi per cassazione deducendo due censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un primo motivo denunziano, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cpp, l’inosservanza degli artt. 42 e 43 cp nonché la mancanza o manifesta illogicità
della motivazione circa la ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato
ribadendo di avere fatto affidamento sul tempo trascorso (ben quattro anni)
dall’esecuzione delle opere per le quali era stata presentata la DIA senza che ad essa
facesse seguito la notifica dell’inibitoria prevista dalla legge. Secondo i ricorrenti,
l’esercizio del potere di controllo dopo ben quattro anni dalla realizzazione dell’opera
non poteva non giustificare la convinzione della liceità del proprio operato.
2. Col secondo motivo denunziano, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cpp, l’inosservanza dell’art. 157 cp nonché la mancanza o manifesta illogicità della
motivazione il momento consumativo del reato ribadendo che il manufatto alla data
del sequestro risultava già ultimato da anni, come confermato dalla documentazione
fotografica e da quella relativa all’acquisto dei materiali utilizzati per le rifiniture,
nonché da un avviso accertamento relativo alla TARSU.
I motivi – che sostanzialmente investono il vizio motivazionale – ben si prestano
a trattazione unitaria e vanno dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla
coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo
logico argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo
sulla motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti
maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa). Queste
operazioni trasformerebbero infatti la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le
impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo

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deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di
merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno
standard minimo di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter
logico seguito dal giudice per giungere alla decisione (cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923
del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv. 252349). Ancora, la giurisprudenza ha
affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu
oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di

macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo
logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del
20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999,
Spina, RV. 214794).
Nel caso di specie la Corte d’Appello ha motivato sulla questione della buona
fede in modo esauriente osservando che gli imputati non avevano ragione di fare
affidamento sulla mancata notifica dell’inibitoria prevista dall’art. 23 comma 6 del
DPR n. 380/1981 ed a tal fine ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte
secondo cui in materia edilizia, il decorso del termine di giorni trenta dalla data di
presentazione della denuncia di inizio attività (art. 23, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)
esaurisce il potere di riscontro a fini inibitori attribuito alla P.A. ma non determina il
venir meno dei poteri di vigilanza e controllo di quest’ultima, in quanto la P.A. ha
sempre il potere di controllare che l’opera realizzata sia conforme a quella denunciata
e, in caso di difformità, di provvedere a denunciare il trasgressore.
La Corte ha altresì rilevato che i committenti del manufatto ristorante erano ben
consapevoli della difformità dell’opera rispetto ai tre gazebi autoportanti per riparo
dalla intemperie oggetto della DIA ed ha pertanto ritenuto la volontarietà
dell’intervento.
Il ragionamento appare logicamente coerente oltre che corretto in diritto e
pertanto si sottrae alla critica dei ricorrenti che invece tende ad una diversa
rivisitazione delle risultanze del processo in senso favorevole alla tesi difensiva.
Quanto al tema della prescrizione, il giudice di merito, con apprezzamento in
fatto ha accertato che il manufatto realizzato era assolutamente non rispondente a
quello descritto nella dichiarazione di collaudo ed ha escluso che il dies quo potesse
decorrere da tale data in mancanza di prova – a carico degli imputati – che il diverso
manufatto fosse all’epoca già ultimato e che, di conseguenza, il certificato di collaudo
fosse ideologicamente falso.
Il percorso argomentativo anche in tal caso appare esauriente ed in linea con la
giurisprudenza di questa Corte che individua, appunto, il momento consumativo del

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reato di costruzione abusiva con l’ultimazione dei lavori, coincidente con la
realizzazione delle rifiniture (Sez. 3, Sentenza n. 8172 del 27/01/2010 Ud. dep.
02/03/2010 Rv. 246221; Sez. 3, Sentenza n. 39733 del 18/10/2011 Cc. dep.
03/11/2011 Rv. 251424; Sez. 3, Sentenza n. 33013 del 03/06/2003 Ud. dep.
05/08/2003 Rv. 225553). Piuttosto, va evidenziato che il ricorso, contravvenendo
all’onere di specificità dei motivi (artt. 581 lett. C e 591 lett. C cpp) non indica
neppure le rifiniture che sarebbero state realizzate e le date della loro realizzazione.
3 L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un

dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3,
Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009; cass. Sez. 4, Sentenza n.
18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004; sez. un., Sentenza n. 32 del
22/11/2000 Cc. (dep. 21/12/2000): il tema della prescrizione non può dunque
essere affrontato in questa sede.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
e

dichiara inammissibili

P.Q.M.

N ricorsé e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle

spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 30.1.2014.

valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e

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