Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9236 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9236 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MANZON ENRICO

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 23/06/2015 il Tribunale di Catania ha rigettato l’appello
proposto da Giuffrida Piero avverso l’ordinanza emessa nei suoi confronti dal Gip
presso il Tribunale medesimo in data 18/05/2015 reiettiva della istanza proposta dal suo difensore fiduciario- di sostituzione della misura cautelare della
custodia in carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari, essendo il
Giuffrida indagato per il delitto di tentata importazione di una ingente quantità di
marijuana.
1.1 Rilevava il Tribunale la correttezza e la fondatezza delle argomentazioni
spese dal primo giudice, particolarmente quanto alla insussistehza di un novum
cautelare sotto due distinti profili ossia l’esclusione da parte del giudice del
riesame della ordinanza cautelare genetica della gravità indiziaria in ordine al
delitto associativo di cui all’art. 74, dPR n. 309/1990 e la disparità di trattamento
cautelare con gli altri coindagati. In ordine al primo profilo osservava il giudice di

Data Udienza: 26/11/2015

appello che la questione della scelta della misura era già stata considerata dal
giudice del riesame contestualmente alla valutazione della questione della,
negata, gravità indiziarla in ordine a detto reato associativo, sicchè appunto di
novum non si poteva parlare. In ordine al secondo profilo il Tribunale affermava
che la valutazione del GIP doveva considerarsi ben fondata sulla diversità e sulla
maggior importanza rispetto ai coindagati del ruolo assunto dal Giuffrida nella
vicenda oggetto delle indagini

de quibus, evidenziandosi dunque una sua

maggior capacità delinquenziale, sicchè non era riscontrabile alcuna

2. Avverso tale ordinanza, tramite il difensore fiduciario, proponeva ricorso per
cassazione il Giuffrida articolando un unico -complesso- motivo di impugnazione
per violazione di legge e vizio motivazionale.
2.1 Sostiene anzitutto il ricorrente che il Tribunale di Catania non ha fatta
corretta applicazione del “principio di adeguatezza” nella scelta delle misure
coercitive con particolare riferimento all’esigenza cautelare di cui all’ art. 274
lett. c), cod. proc. pen. Contesta poi il giudizio di assenza di “novità” accomunante il Gip ed il giudice dell’appello cautelare- circa gli elementi ad
entrambi sottoposti a sostegno della richiesta di sostituzione della custodia
cautelare carceraria con quella domiciliare. In tal senso ribadisce che la
devalutazione indiziaria del reato associativo, operata dal Tribunale del riesame
dell’ordinanza genetica, inevitabilmente ingenera, appunto

ex novo,

una

ingiustificata disparità di trattamento con i coindagati Costanzo e La Spada.
Osserva che il Gip sin dall’inizio aveva applicato al La Spada la custodia
domiciliare -come del resto per i Costanzo- nonostante originariamente gli fosse
stata contestata l’aggravante di cui all’ art. 7, di n. 152/1991 ossia l’aver favorito
l’associazione mafiosa “Cosa Nostra, clan Santapaola, famiglia Nizza, ancorchè
tale aggravante fosse stata poi esclusa in sede di convalida, ma poi nuovamente
contestata dal PM alla chiusura delle indagini preliminari. Infine censura il
ricorrente l’omessa considerazione dell’elemento “tempo di custodia” ai fini di
una valutazione più favorevole del suo trattamento cautelare in termini di
“adeguatezza” dello stesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile, perché sostanzialmente diretto ad ottenere da
questa Corte una rivalutazione del quadro istruttorio e delle ragioni di merito
poste a fondamento delle esigenze cautelari, il che è pacificamente precluso in
questa sede di legittimità.
Risulta invero del tutto immune da censure l’articolata motivazione della
ordinanza impugnata, che ha invece risposto con precisione e secondo diritto ai
motivi di gravame formulati con l’appello dalla difesa dell’indagato. In particolare

2

irragionevole discriminazione di trattamento cautelare nei suoi confronti.

4

il Tribunale, ribadendo la correttezza delle valutazioni del Gip, quindi anzitutto
negando che di novum cautelare si trattasse quanto alle ragioni della richiesta di
sostituzione della misura custodiale carceraria con quella domiciliare e poi
specificamente insistendo nella affermazione di una prognosi cautelare
sfavorevole al Giuffrida basata sulla considerazione del ruolo particolarmente
rilevante assunto dal medesimo nella condotta, oggetto dell’imputazione
provvisoria, di tentativo di importazione di ingente quantità di droga. Ciò anche
nel rapporto comparativo con le posizioni dei co-indagati Costanzo Giuseppe,

motivazionale risulta dunque tale da escludere la sussistenza dei vizi
motivazionali dedotti dal ricorrente, particolarmente in ordine al profilo, sul quale
maggiormente il ricorrente stesso si appunta, dell’ irragionevolezza del suo
trattamento cautelare rispetto a quello di detti altri co-indagati, ma anche di
quello dell’adeguatezza attuale della misura custodiale applicatagli.
1.2 Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato
che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2015.

Costanzo Alfio Giuseppe e La Spada. La puntualità e la logicità del percorso

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