Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9235 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9235 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PESSINA PIERA N. IL 09/12/1953
SBERNINI AZZURRA N. IL 08/08/1964
avverso l’ordinanza n. 966/2015 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
07/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO MATTEO
SOCCI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. CC>. o — 445′ k.1g-ge

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame, con
l’ordinanza dell’ 8 agosto 2015, confermava l’ordinanza di applicazione della
custodia in carcere del Giudice monocratico del tribunale di Monza del 9 luglio
2015, nei confronti di Pessina Piera e di Sbernina Azzurra M.
2.

Pessìna Piera e Sbernina Azzurra M. propongono ricorso ex art 311

cod. proc. pen., tramite il difensore di fiducia, per i motivi di seguito enunciati,

comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Violazione dell’ari 606, lett. C ed E del cod. proc. pen., in
relazione agli art. 27, 273, 274, 275 e 292 cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata non valuta le doglianze della difesa prospettate
e laddove tenti di farlo, adotta una motivazione contraddittoria ed illogica; è
evidente il refuso di precedente ordinanza, nella pagina 2 dell’ordinanza
impugnata, laddove si citano società diverse che nulla hanno a che vedere con il
caso concreto (sono a dire della difesa di altro procedimento, precedente
ordinanza del GIP di Monza del 9 dicembre 2014); l’ordinanza applicativa della
misura in atto del 9 luglio 2015 non è collegabile alla precedente misura adottata
dal GIP di Monza del 9 dicembre 2014, successivamente revocata, ma si fonda
su elementi nuovi che non fanno parte del fascicolo del dibattimento, né di quello
del Pubblico Ministero; l’ordinanza del 9 luglio 2015 si fonda sull’annotazione
della Guardia di finanza di Paderno Dugnano n. 0380716/15 del 29 giugno 2015,
nella quale viene esposto il contenuto delle prime risultanze delle perquisizioni
eseguite in data 26 giugno 2015 e delle intercettazioni telefoniche; nella
ordinanza in esame e specificamente nel decreto di perquisizione e sequestro del

25 giugno 2015 si contesta l’art 416 cod. pen. e gli art 2 e 8 del d. Igs. 74 del
2000, mentre nel primo provvedimento del GIP le imputazioni erano solo l’art 2 e
8 citati, e non anche l’art. 416 cod. pen.
L’ art 8 -come evidenziato erroneamente a pagina 2 dell’ordinanza
impugnata – non viene mai contestato da solo; inoltre sussistono evidenti difetti
motivazionali – pag. 6 e 7- laddove si ritiene che l’ordinanza del giudice
monocratico del tribunale di Monza sia da valutare ex art 292 e non 299 cod.
proc. pen. come misura ex novo; gli atti dì PG non fanno parte del fascicolo del
dibattimento né potrebbero farne parte, poiché gli stessi vengono svolti
nell’ambito di altro procedimento penale recante RGNR 676/15 (l’ordinanza
applicativa della custodia in carcere in atto, reca RGNR 2929/14), anche le

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nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173,

imputazioni come sopra visto sono diverse, mentre in uno è contestato l’art. 416
cod. pen. nell’altro solo l’art. 2 e 8 citati. Anche le società coinvolte sono diverse.
Inoltre non si condivide (perché non sussistono) la ritenuta frequenza
di contatti telefonici tra l’arrestata e la Luisa Mauro (destinataria della prima
ordinanza e proprietaria del 95 % delle quote CBS), per escludere l’applicazione
dei domiciliari.
2. 2. Dichiararsi l’incompetenza del Giudice del tribunale di Monza in

L’ordinanza impugnata richiama atti nuovi e diversi rispetto alla
precedente ordinanza del G. I. P.; atti che non fanno parte assolutamente degli
atti relativi al processo pendente innanzi al Giudice monocratico di Monza, e
quindi conoscibili dalle istanti; competente ad emettere l’ordinanza cautelare era
quindi il G. I. P.
2. 3. Annullamento dell’impugnata ordinanza per carenza dei gravi
indizi di colpevolezza – nullità della stessa ex art. 292, comma 2, lett. B e C, e
comma 2 ter, del cod. proc. peri.
Manca nell’ordinanza gravata, e in quella del giudice monocratico la
descrizione sommaria del fatto e delle norme violate, limitandosi a riferire sul
punto “imputate come in atti”; manca inoltre un’autonoma valutazione del
giudice in relazione non solo al quadro indiziario, ma anche in relazione alle
esigenze cautelari.
2. 4. Annullamento dell’ordinanza per mancanza di esigenze cautelar’ nullità dell’ordinanza ex art 292, comma 2, lettera C bis del cod. proc. pen.
Non vi è idonea e specifica motivazione in ordine all’adeguatezza ed al
criterio di proporzionalità della misura applicata, particolarmente in relazione alla
misura meno afflittiva degli arresti domiciliari con controlli elettronici (art 275 bis
cod. proc. pen.) come previsto dalle modifiche della legge n. 47 del 2015;
Ha chiesto pertanto l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Deve premettersi che le valutazioni compiute dal giudice ai fini
dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo
le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo
2

favore del G.I.P. di Monza ex art. 27 cod. proc. pen.

giudizio prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli
elementi già acquisiti dal pubblico ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte
Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 dei 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
La specifica valutazione prevista in merito all’elevata valenza indiziante
degli elementi a carico dell’accusato, che devono tradursi in un giudizio

offrire maggiori garanzie per la libertà personale e a sottolineare l’eccezionalità
delle misure restrittive della stessa.
Il contenuto del giudizio da farsi da parte del giudice della cautela è
evidenziato anche dagli adempimenti previsti per l’adozione dell’ordinanza
cautelare. L’art. 292 c.p.p., come modificato dalla L. n. 332 del 1995,
prevedendo per detta ordinanza uno schema di motivazione vicino a quello
prescritto per la sentenza di merito dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e),
impone, invero, al giudice della cautela sia dì esporre gli indizi che giustificano in
concreto la misura disposta, di indicare gli elementi di fatto da cui sono desunti e
di giustificare l’esito positivo della valutazione compiuta sugli stessi elementi a
carico, sia di esporre le ragioni per le quali ritiene non rilevanti i dati conoscitivi
forniti dalla difesa, e comunque a favore dell’accusato (comma 2, lett. c) e c bis).
3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di
misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti
quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in
nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità
dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che,
attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a
dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità
di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e
altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995,
dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep.
15/04/1999, Capriatì e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep.
03/07/2000, Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep.
09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511).
A norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, nella valutazione dei gravi
indizi di colpevolezza per l’adozione di una misura cautelare personale si
applicano, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4,
(Sez. F, n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez.
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probabilistico di segno positivo in ordine alla sua colpevolezza, mira, infatti, a

1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n.
36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441
del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del
04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601). Si è, al riguardo,
affermato che, se la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di
colpevolezza attiene al quantum di “prova” idoneo a integrare la condizione
minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilità, del
potere cautelare, e si riferisce al grado di conferma, allo stato degli atti,

sede di apprezzamento della gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p., per la
valutazione dei dati conoscitivi e, in particolare, della chiamata di correo (Sez. U,
n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv.
234598).
Relativamente alle regole da seguire, questo Collegio ritiene che, alla
stregua del condivisibile orientamento espresso da questa Corte, l’art. 273
c.p.p., comma 1 bis, nel delineare i confini del libero convincimento del giudice
cautelare con il richiamo alle regole di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p.,
commi 3 e 4, pone un espresso limite legale alla valutazione dei “gravi indizi”.
3. 2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelar’ personali, quando
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla
peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del
contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza
del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del
17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del
12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del
22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audíno, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del
22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500
del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione dì una diversa e, per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre,
Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez.
1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n.
6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Albert’, Rv. 215331). Il detto limite del
sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro
delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della
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dell’ipotesi accusatoria, è problema diverso quello delle regole da seguire, in

cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata
e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998,
Martorana, Rv. 210019).
Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio
condivide, in tema di misure cautelari, “l’ordinanza del tribunale del riesame che
conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto
di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento
confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che

le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro” (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007,
dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep.
15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).
3. 3. Dall’analisi della motivazione dei due provvedimenti (quello
impugnato del tribunale e quello del Giudice delle indagini preliminari) non si
rinvengono carenze motivazionali e la tesi prospettata dalle ricorrenti (carenza di
gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 del cod. proc. pen.) non trova elementi
certi negli atti, e né gli stessi, del resto, sono indicati nell’atto di impugnazione, e
quindi sono solo ipotesi teoriche, non valutabili in sede di legittimità (vedi
espressamente cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014,
C e altro, Rv. 260409: “La regola dell’<

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