Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9231 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9231 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da FARINA GIUSEPPE nato il 19/11/1988 in
PARTINICO
avverso la sentenza del 18.4.2013 della Corte d’appello di Palermo
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:

Data Udienza: 07/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 10/10/2011 n. 4673/11, il Tribunale di Palermo

sezione distaccata di Partinico assolveva Farina Giuseppe dalla contravvenzione
edilizia ascrittagli in rubrica avente riguardo la realizzazione di un fabbricato in
contrada Galeazzo di Partinico in totale difformità dalla concessione edilizia
rilasciata dal Comune il 16/1/2009 per insussistenza del fatto e disponeva la
restituzione del fabbricato all’avente diritto.

deducendo che gli elaborati progettuali depositati agli atti e allegati all’istanza di
concessione e le misurazioni eseguite dai verbalizzanti sul posto in occasione del
sopralluogo evidenziavano la palese difformità dell’opera realizzata rispetto a
quella autorizzata.
La Corte d’appello di Palermo con sentenza del 18 aprile 2013 – 17 giugno
2013 accoglieva parzialmente l’appello e in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Partinico, dichiarava l’imputato
colpevole della contravvenzione ascrittagli e lo condannava alla pena di mesi tre
di arresto ed euro 11.000,00 di ammenda , nonché al pagamento delle spese
processuali di entrambi i gradi di giudizio. Disponeva che l’esecuzione della pena
inflitta rimanesse sospesa per anni due, subordinandola alla demolizione delle
opere.
3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione
con un solo motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso – articolato in un unico motivo con cui il ricorrente denuncia il
travisamento della prova essendo al contrario emerso che l’autore dell’abuso
edilizio era stato il padre – è inammissibile.
2. In punto di fatto è emerso dal verbale di sopralluogo del 17 luglio 2009
e dalle dichiarazioni dei verbalizzanti che l’immobile realizzato presentava una
superficie coperta maggiore di quella autorizzata; la quota del vano sottotetto ,
in origine non accessibile, era stata alzata e il locale che prendeva luce da
cinque finestre , in origine non previste, era stato collegato al piano terra tramite
una scala interna, diventando parte integrante della zona abitativa; anche la
parte destinata in progetto ad autorimessa era stata messa in collegamento con
l’interno e trasformata in zona abitabile, eliminando l’apertura autonoma ; infine
la zona esterna destinata a pergolato era stata ampliata.
Motivatamente la Corte d’appello ha operato la comparazione degli
elaborati progettuali allegati all’istanza di concessione con le ritrazioni
fotografiche dell’immobile in corso di realizzazione rilevando con assoluta e
32870 13 r.g.n

2

UI). 7 novembre 2013

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Procuratore Generale

inequivoca evidenza la palese e totale difformità dell’opera realizzata da quella
autorizzata.
La condotta consistente nell’abuso edilizio suddetto era riferibile
all’imputato che era proprietario del terreno e titolare della concessione edilizia
e custode nominato in sede di sopralluogo.
In particolare la Corte d’appello ha osservato che l’imputato era a
perfetta conoscenza dell’immobile che si stava realizzando sul terreno di sua
proprietà e, secondo la deposizione della stessa madre ,Tamigi Rosa, in più

3. Pertanto il ricorso – che muove solo censure in punto di fatto – va
dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00

PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

occasioni si era recato sul luogo della costruzione.

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