Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9227 del 31/01/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 9227 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZELLI MASSIMO N. IL 24/07/1967
avverso la sentenza n. 613/2004 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
17/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
04•14(9Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 44.X040-40
che ha concluso per 1(

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit.i (lifensor tvv.

co.,4Lwa-

it`

n odzef,

jL1M.

PIAAAAANA4 44.).
GIvrr ;
aLti.

L1/4

Data Udienza: 31/01/2013

a

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 17 gennaio 20120, la Corte di appello di Perugia, sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Terni (recte: Spoleto)
appellata da Zelli Massimo, riduceva la pena al medesimo inflitta a sei mesi di
reclusione. Confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale Zelli era stato
dichiarato colpevole di ricettazione (nell’ ipotesi attenuata di cui al capoverso dell’
art. 648 cod. pen.) di moduli di assegno bancario compendio di furto commesso il

La Corte territoriale, rigettata l’ eccezione di nullità per irregolarità della notifica del
decreto di citazione (in quanto -accertata la sopravvenuta inidoneità del domicilio
eletto per decesso del domiciliata rio- correttamente, in difetto di comunicazione da
parte dell’ imputato, la notifica era stata effettuata a norma dell’ art. 161 c. 4 cod.
proc. pen.), confermava il giudizio di responsabilità perché la consapevolezza dell’
illecita provenienza del titolo scaturiva dalle dichiarazioni di Balzana Augusto il
quale aveva testimoniato che Zelli aveva compilato il titolo in sua presenza.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione d legge ex art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’ art.
161 c. 4 cod. proc. pen. nonché difetto di motivazione per non avere considerato
la Corte di appello che la norma citata dispone che, nel caso in cui l’ imputato non è
stato in grado di comunicare il mutamento del domicilio eletto per caso fortuito o
forza maggiore, trovano applicazione le disposizioni degli artt. 157 e 159;
2) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606
lett. e) cod. proc. pen. per aver fondato il giudizio di consapevolezza dell’ illecita
provenienza del titolo sulla base delle circostanze riferite dal teste Balzana.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è infondato, per insussistenza della denunciata nullità.
La sentenza di questa Corte (Cass. Sez. 4, 13.7.2011 n. 34377), citata sia dalla
Corte territoriale a sostegno della valutazione di regolarità della notifica sia dal
ricorrente a fondamento della censura, ha così motivato:
«Ed invero, è testualmente stabilito nell’art. 161 c.p.p. che nel caso di
dichiarazione o elezione di domicilio l’imputato ha l’obbligo di comunicare ogni
mutamento del domicilio dichiarato o eletto, ed in mancanza di tale comunicazione
la notificazione è eseguita mediante consegna al difensore; nel citato art. 161 cod.
proc. pen. è altresì stabilito che: a) nello stesso modo si procede quando la
dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee; b) si
applicano le disposizioni degli artt. 157 e 159 solo quando risulta che, per caso
fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il

18.12.1997 in danno di Piermarini Fiorella.

mutamento

del

luogo

dichiarato

o

eletto.

In materia è stato enunciato il seguente, e condivisibile, principio
assolutamente pertinente in relazione alla concreta fattispecie: “Nel caso in cui
l’imputato abbia eletto domicilio presso lo studio del difensore, il quale tuttavia ne
muti successivamente la dislocazione, all’interessato incombe l’obbligo di
comunicare il cambiamento, con la conseguenza che, mancando tale comunicazione
ed essendo divenuta impossibile la notificazione presso il domicilio non revocato,

161, comma 4 e, dunque, al suo nuovo recapito, rivestendo tuttavia, in tal caso, il
professionista, non più in veste di domiciliatario, ma di semplice consegnatario”
(Cass. 5^ 11. ottobre 2000, Gimona, RV 219231).
Né può rilevare se gli imputati avessero avuto o meno conoscenza della morte del
domiciliatario; ed invero le modalità di notificazione da osservare non possono certo
dipendere da una circostanza del tutto incerta ed aleatoria quale è la conoscenza (e
quando?), o meno, da parte dell’imputato dell’avvenuto decesso del suo
domiciliatario, né a tale circostanza può attribuirsi la valenza di caso fortuito o forza
maggiore; effettiva conoscenza che, come è noto, rileva in tema di restituzione nel
termine, e rappresenta la condizione indispensabile per legittimare il diniego della
richiesta di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale (art.
175 c.p.p., comma 2) come più volte affermato da questa Corte con plurime
decisioni, ivi compresa quella evocata dai ricorrenti, che, dunque, in quanto
concernente un diverso tema, non è pertinente in relazione alla questione qui posta
con i ricorsi. Tale decisione, infatti, si riferisce ad un caso di denuncia di nullità – per
asserita irregolarità della notifica – posta a base della richiesta di restituzione nel
termine per impugnare una sentenza contumaciale, istituto, quest’ultimo (art. 175
c.p.p., comma 2,), oggetto di intervento legislativo (L. 22 aprile 2005 n. 60)
finalizzato ad obbligare il giudice, a fronte dell’allegazione dell’imputato di non
avere avuto cognizione di un atto, a verificare non tanto la conoscenza “formale”,
quanto, soprattutto, la conoscenza concreta ed effettiva dell’atto e/o del
procedimento in relazione al quale sia formulata la richiesta di restituzione nel
termine; nel caso in esame si verte invece in ipotesi di denuncia di una irritualità
nel procedimento di notifica che avrebbe determinato, secondo la tesi difensiva,
una nullità della “vocatio in jus”:
trattasi, dunque, di eccezione da vagliare esclusivamente in relazione alla
procedura di notificazione quale disciplinata dall’art. 161 c.p.p., non vertendosi in
tema di restituzione del termine per l’impugnazione di sentenza contumaciale. Il
precedente giurisprudenziale evocato dalla difesa offre tuttavia, indirettamente,
argomenti che addirittura confortano proprio quanto sostenuto dai giudici di merito
nel rigettare la eccezione sollevata dalla difesa degli imputati. Nel caso oggetto

questa deve essere effettuata mediante consegna al difensore, ai sensi dell’art.

della sentenza citata dagli stessi ricorrenti, si trattava di notifica effettuata, in
conseguenza della morte del difensore domiciliatario, ad un difensore di ufficio, e la
Corte di Cessazione ha ritenuto siffatta modalità di notifica di per sé inidonea a
dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento in capo all’imputato, posto che
si trattava di notifica effettuata, per l’imputato, presso il difensore di ufficio e non di
fiducia: non era dunque in discussione solo la regolarità formale della notifica, bensì
(ed è cosa diversa) la idoneità della notifica, così eseguita, a dimostrare l’effettiva
restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale;
nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cessazione con la sentenza in argomento,
la notifica era avvenuta, come detto, presso un difensore di ufficio (e non di fiducia)
e la Corte stessa ha tuttavia precisato che, pur laddove si tratti di difensore di
ufficio, ben può ritenersi raggiunta anche la prova dell’effettiva conoscenza del
procedimento ove si dimostri che il difensore di ufficio “sia riuscito a rintracciare il
proprio assistito e a instaurare con lui un effettivo rapporto professionale”; la
assoluta inconsistenza giuridica della tesi dei ricorrenti risulta dunque evidente sulla
scorta dello stesso precedente giurisprudenziale dai medesimi evocato (ma in tal
senso vi sono tante altre decisioni), tenuto conto che l’atto è stato notificato
mediante consegna al (co)difensore di fiducia con il quale la sussistenza di un
effettivo rapporto professionale non era dunque assolutamente in discussione (e
neanche è stato contestato con il ricorso) proprio in virtù del mandato fiduciario
rilasciato dagli imputati (anche) a detto difensore (oltre che a quello domiciliatario,
poi deceduto). è opportuno ricordare che – sempre in tema di restituzione nel
termine per impugnare la sentenza contumaciale la cui disciplina è tra l’altro
caratterizzata da rigorose garanzie a favore dell’imputato – questa Corte non ha
mancato di rimarcare in più occasioni la differenza tra la notifica presso il difensore
di ufficio e quella presso il difensore di fiducia, avendo esplicitamente affermato che
la notifica della sentenza contumaciale effettuata nei confronti del difensore di
fiducia costituisce prova di una conoscenza effettiva (Sez. 1, n. 16002 del
06/04/2006 Cc. – dep. 10/05/2006 – Rv. 233615), ulteriormente precisando che “in
tema di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, ai sensi
del disposto di cui all’art. 175 cod. proc. pen., comma 2, come novellato dalla L. n.
60 del 2005, la notificazione presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai
fini della conoscenza effettiva dell’atto, alla notifica all’imputato personalmente”
(Sez. 1, n. 2432 del 12/12/2007 Cc. – dep. 16/01/2008 – Rv. 239207); nella
motivazione di quest’ultima sentenza è testualmente, e significativamente,
precisato quanto segue: “La citata equiparazione, lungi dal ridursi ad una mera
fictio iuris, è ampiamente giustificata dalla natura e dalla sostanza del rapporto
professionale che intercorre tra l’avvocato difensore nominato di fiducia

conoscenza del procedimento da parte dell’imputato in relazione alla richiesta di

dall’imputato e l’imputato stesso, il quale proprio nel momento in cui dà il mandato
al professionista con riguardo ad uno specifico procedimento, dimostra (o
conferma) di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento. è, pertanto,
del tutto ragionevole ritenere che, anche successivamente alla nomina, il
perdurante rapporto professionale intercorrente tra l’imputato e il difensore di
fiducia continua a consentire al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del
procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più
presunzione attraverso un’idonea prova in contrario: prova contraria nel caso in
esame non sussistente…..».
Tanto premesso e condiviso, osserva il Collegio che l’ elezione di domicilio, proprio
perché, a differenza della dichiarazione, implica un rapporto fiduciario di natura
personale, esclude che la morte del domiciliatario e la conseguente inidoneità dell’
elezione di domicilio determinino automaticamente una situazione impeditiva, per l’
imputato, di darne comunicazione alli autorità giudiziaria. L’ assunto, secondo il
quale dell’ avvenuto decesso il ricorrente -stante il lungo lasso di tempo intercorso
tra la sentenza di primo grado e la celebrazione del giudizio di appello- non avrebbe
avuto contatto alcuno con il suo difensore, muove dal presupposto dell’ esistenza di
un rapporto di esclusiva natura professionale. Dimentica il ricorrente che l’ elezione
di domicilio prescinde dall’ incarico difensivo e si inserisce in una diversa relazione
di natura fiduciaria di tipo personale, tanto che la revoca del mandato non ha
incidenza sulla validità della domiciliazione (Cass. Sez. 1, 10.2.2010 n. 8116). Essa
al contrario implica un dovere di diligenza da parte del domiciliato per la verifica del
perdurare della sua idoneità, dovere il cui limite è individuato dal comma 4 dell’ art.
161 cod. proc. peri. solo dal caso fortuito o dalla forza maggiore. Evenienze queste
ultime che, a differenza di quanto previsto dall’ art. 175 c. 2 cod. proc. pen. (che
pone alli autorità giudiziaria un onere specifico di accertamento), debbono
“risultare” . Il ricorrente non ha allegato la ricorrenza di situazioni ad esse
riconducibili.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perché la Corte
territoriale ha logicamente desunto la piena consapevolezza della provenienza da
delitto dell’ assegno dalla circostanza che esso era stato ricevuto in bianco, tanto
che venne compilato da Zelli alla presenza del beneficiario.
Va ribadito che il possesso e/o l’uso di un assegno al di fuori delle regole che ne
disciplinano la circolazione costituisce elemento di prova, per conformità ai criteri
logici e giuridici, del reato di ricettazione, in assenza di plausibili giustificazioni in
ordine all’acquisizione del titolo (Cass. Sez. 2, 21.10.2009 n. 45569).

idonee”. Ovviamente resta ferma la possibilità per l’imputato di vincere tale

3. Poiché il furto è stato commesso il 18.12.1997, in omaggio al principio del favor
rei, deve farsi risalire la consumazione della ricettazione a data successiva ma
prossima a quella del reato presupposto. In conseguenza deve rilevarsi la
sopravvenuta prescrizione del reato essendo ormai decorso il termine massimo di
quindici anni.
P.Q.M.
prescrizione.
Roma 31 gennaio 2012

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA