Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9218 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9218 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIANA VINCENZO N. IL 07/03/1973
avverso l’ordinanza n. 8/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
30/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette/seyke le conclusioni del PG Dott.
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Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 13/11/2013

1

RITENUTO IN FATTO

1.Diana Vincenzo veniva sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere dal
1/12/2009 al 24/1/2009 e degli arresti domiciliari fino al 10/3/2010 per il delitto di cui agli
artt. 110 e 73 d.p.r. 309/90. Il procedimento instaurato nei suoi confronti era stato
successivamente definito con sentenza di assoluzione con formula ampia.
Il predetto proponeva, quindi, istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta,

2. La Corte di Appello di Bologna rigettava la domanda. Osservava che l’istante aveva dato
causa all’emissione del provvedimento cautelare per avere tenuto un comportamento
contrassegnato da colpa grave. Rilevava, in particolare, che, in sede di interrogatorio di
garanzia, il ricorrente si era avvalso della facoltà di non rispondere, pur a fronte di un
complesso quadro indiziario che lo vedeva inserito in un contesto gravemente sospetto per la
presenza di un significativo quantitativo di sostanza stupefacente (gr. 387 di cocaina),
rinvenuta unitamente a un bilancino di precisione e a un coltello recante traccia di stupefacente
all’interno di un’abitazione privata nella quale egli si trovava in compagnia di altri tre soggetti,
recando con sé una rilevante somma di denaro.
3. L’istante, a mezzo del difensore, avanzava ricorso per cassazione avverso l’ordinanza,
deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 314 c.p.p. con riferimento alla ricorrenza
della colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo. Rappresentava che la Corte
d’Appello aveva fondato la colpa dell’interessato solo sul silenzio serbato dallo stesso in sede di
interrogatorio davanti al p.m. e al g.i.p., pur trattandosi di scelta defensionale inidonea ex se a
configurare la colpa, tanto più alla luce del contributo chiarificatore offerto in sede di riesame
dell’ordinanza custodiale.
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione instava per il rigetto del ricorso. Il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ha presentato propria memoria formalizzando le conclusioni in
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CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare
se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
valutare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare
riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza,
imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una
motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il
giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire,

chiedendo che gli venisse riconosciuta l’indennità nella misura dovuta.

con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a
quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se
sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità
procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U., Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, De Benedictis, Rv. 222263). Il giudice della riparazione, cioè, ben può rivalutare,
ai fini dell’accertamento del diritto alla riparazione e non della penale responsabilità, i fatti

dep. 14/07/2010, Rv. 247867). La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha chiarito che il piano
valutativo del tutto diverso tra le condotte da considerare per la sussistenza delle condizioni
per la liquidazione dell’equo indennizzo e gli elementi posti a base della decisione da parte del
giudice della cognizione dimostra che tutti gli elementi probatori devono essere rivalutati, in
quanto, pur se ritenuti insufficienti ai fini della dichiarazione di responsabilità, possono essere
tali da configurare il dolo o la colpa grave, soprattutto nel momento dell’emissione della misura
cautelare personale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10987 del 15/02/2007, dep. 15/03/2007, Rv.
236508). Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale (grave
leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo)
o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non
siano state escluse dal giudice della cognizione.
5. Ciò premesso, il motivo d’impugnazione si palesa infondato, giacché correttamente il giudice
del merito ha rilevato la sussistenza in capo al ricorrente della colpa grave ostativa alla
concessione dell’indennizzo, in conformità ai parametri giurisprudenziali suindicati.
5.1. Ed invero la Corte territoriale, con congrua motivazione, ha adeguatamente considerato
utile a configurare la colpa grave ostativa all’indennizzo la mancata risposta dell’istante in sede
di interrogatorio di garanzia, comportante l’impossibilità di chiarire in quella sede la situazione
fortemente ambigua nella quale egli si trovava. Tale comportamento ha impedito di attribuire
un significato diverso al complesso delle circostanze costituenti il quadro indiziario a carico del
Diana, indicativo nel contesto della sua presenza, con al seguito una consistente somma di
denaro, in vista di un accordo con il detentore della sostanza stupefacente.
Riguardo alle argomentazioni difensive circa l’irrilevanza della condotta consistita nell’avvalersi
della facoltà difensiva di non rispondere va richiamato un condivisibile principio affermato dalla
giurisprudenza di legittimità, in forza del quale “in tema di riparazione per l’ingiusta
detenzione, la condotta dell’indagato che, in sede di interrogatorio, si avvalga della facoltà di
non rispondere, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, può assumere rilievo ai fini
dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave
qualora l’interessato non abbia riferito circostanze, ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un
diverso significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare”( Cass. Sez.
3, Sentenza n. 44090 del 09/11/2011 Cc. (dep. 29/11/2011 ) Rv. 251325).

accertati o non esclusi dai giudici del merito (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27397 del 10/06/2010,

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Il principio enunciato è tanto più calzante nella specie, ove si consideri che, come rilevato
nell’ordinanza impugnata, “solo in sede di giudizio abbreviato all’ud. 21/4/2010, sono stati
prodotti dalla difesa documenti ritenuti rilevanti dal giudicante ai fini della pronuncia
assolutoria, quali una c.t. sullo stato di assuntore abituale di cocaina”.
5.2. Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato. Il rigetto del ricorso comporta la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese di

P. Q. M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché a rimborsare al Ministero dell’Economia e delle Finanze le spese sostenute
per questo giudizio che liquida in complessivi C 750,00.
Così deciso in Roma il 13-11-2013.

questo giudizio sostenute dal Ministero, liquidate come da dispositivo.

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