Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9212 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9212 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TROPOLINI ROLAND N. IL 10/03/1983
CIFLIGARI RENATO N. IL 17/09/1978
HALILAJ FLORIAN N. IL 04/04/1981
avverso la sentenza n. 14705/2014 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA,
del 20/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

e’

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 20 giugno 2014 il G.I.P. del Tribunale di Bologna ha applicato nei
confronti di TROPLINI Roland, CIFLIGARI Renato e HALILAJ Florian, imputati in concorso fra
loro del reato di cui all’art. 73 comma 1 bis D.P.R. 309/90 (illecita cessione, acquisto e
detenzione per fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina per Kg. 1,150 – reato
commesso in Bologna il 19 dicembre 2013) la pena concordata, ex art. 444 c.p.p., di anni tre e

12.000,00 di multa al CIFLIAGRI ed anni due e mesi sei di reclusione ed C 8.000,00 di multa
all’HALILAJ, previo riconoscimento a tutti gli imputati delle circostanze attenuanti generiche,
con contestuale confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro, nonchè confisca dei
telefoni cellulari (dei quali veniva ordinata la vendita) e del denaro in giudiziale sequestro.
1.2 Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore fiduciario
nell’interesse di tutti gli imputati, deducendo, con un primo motivo, vizio di motivazione e
violazione dell’art. 129 c.p.p.; con un secondo motivo, inosservanza della legge penale (art.
240 cod. pen.) in relazione alla disposta confisca (facoltativa) dei telefoni cellulari e con un
terzo motivo, analogo vizio in relazione alla disposta confisca del denaro in sequestro.
1.3 Trasmessi gli atti alla Settima Sezione in relazione alla ritenuta manifesta infondatezza
dei motivi, gli atti venivano restituiti in Sezione il 13 marzo 2015 non risultando
manifestamente infondato il motivo afferente alla confisca del denaro nei confronti dei
cessionari della sostanza stupefacente CIFLIGARI e HALILAJ.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

I ricorsi sono manifestamente infondati

2. Con riferimento al primo motivo afferente al vizio di motivazione ed inosservanza della
legge processuale penale (art. 129 cod. proc. pen.), il relativo obbligo va collegato al
particolare tipo di sentenza previsto dall’art. 444 c.p.p.. Per quanto riguarda il giudizio
negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.,
una motivazione specifica è richiesta unicamente nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni
delle parti risultino evidenti elementi concreti sulla ravvisabilità delle ipotesi medesime mentre,
in caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, che è stata effettuata
con esito negativo la verifica prescritta dalla legge (cfr. Sez. Unite, 27.3.1992, Di Benedetto e
Sez. Unite 21.9.1995, Serafino);
2.1 Nella sentenza impugnata risulta essere stato effettuato il doveroso controllo, in
quanto viene operata – alla luce delle emergenze in atti richiamate dal giudice – sia la corretta
qualificazione giuridica dei fatti che affermata la mancanza dei presupposti per pervenire ad
una pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., nonché della insussistenza di cause
estintive, in una situazione in cui non emergono elementi evidenti che possano giustificare una
pronuncia di proscioglimento. Vengono, in particolare, richiamati i verbali di arresto
flagranza di reato e la perizia tossicologica espletata sulla sostanza in sequestro.
1

in

mesi quattro di reclusione ed C 13.000,00 di multa al TROPINI; anni tre di reclusione ed C

3. Quanto al motivo afferente alla carenza di motivazione e violazione dell’art. 240 cod.
proc. pen. con riferimento alla disposta confisca dei telefoni cellulari, seppur estremamente
sintetica, la motivazione è aderente al dettato normativo in quanto il giudice con
argomentazione che si sottrae a qualsiasi censura logica ha ritenuto che i telefoni cellulari
venissero utilizzati per la commissione del reato per come del resto emerge dal verbale di
arresto in cui viene descritta la complessa operazione di polizia culminata nell’arresto degli
imputati e gli scambi di telefonate tra costoro prima del loro arresto.

giudice provento del denaro e assoggettato a confisca anche ai sensi dell’art. 12 sexies deal
D.L. 306/92.
4.1 In riferimento all’art. 240 cod. pen. che prevede la confisca facoltativa delle cose che
costituiscono profitto o provento del reato, la motivazione del giudice, ancorchè stringata,
assolve ai requisiti della logicità perché la misura di sicurezza patrimoniale è stata disposta in
conformità alle prescrizioni contenute nell’art. 445, 1° comma, c.p.p., ed è stata
adeguatamente spiegata in relazione alla qualità di provento dell’attività di spaccio.
4.2 Ma anche in riferimento alla confisca ex art. 12 sexies del D. L. 306/92 convertito nella
L. 356/92 la motivazione, seppur sintetica, è certamente condivisibile non solo sotto il profilo
logico, ma anche sul paino della completezza argomentativa, stante l’esplicito richiamo al
provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame in data 4 aprile 2014 in cui, nel confermare il
sequestro preventivo delle somme di denaro, il giudice ha ricostruito le varie fasi della vicenda
ed escluso che il possesso di quelle somme potesse essere giustificato in considerazione della
situazione economica degli imputati, privi di redditi tali da consentire il possesso di una così
rilevante somma di denaro. Non solo, ma da quel provvedimento si desume una strettissima
correlazione, poi confermata per relationem dal GIP, tra l’attività di cessione di un quantitativo
ragguardevole di cocaina (oltre 1 Kg.) e la ricezione del denaro impiegato per l’acquisto che
dimostra come quelle somme in realtà fossero riferibili esclusivamente alla attività di spaccio.
4.3 Né risulta che la situazione sia mutata dopo l’emissione del provvedimento
confermativo del sequestro da parte del Tribunale del riesame, tenuto conto del brevissimo
lasso temporale intercorso tra la data di quel provvedimento e la data della sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti, in quanto la difesa si è limitata contestare il
richiamo per relationem al provvedimento dell’aprile 2014 senza nulla dimostrare – se non
sulla base di mere asserzioni già smentite in quella sede – circa la proporzionalità delle somme
con i redditi degli imputati.
4.4 Va, in proposito, ricordato che la speciale ipotesi di confisca disciplinata nell’art. 12
sexies della legge 7 agosto 1992, n. 356, rappresenta una misura di sicurezza patrimoniale che
colpisce tutti i beni di valore sproporzionato al reddito o all’attività economica di chi sia
condannato per uno dei delitti indicati nella medesima disposizione e che non ne giustifichi la
provenienza. Vige quindi un principio di presunzione della illecita accumulazione, senza
distinguere se detti beni siano o meno collegati da un nesso pertinenziale con il reato per il
2

4. Analoga valutazione va fatta in riferimento alla confisca del denaro considerato dal

quale è stata inflitta (o anche applicata) la condanna ed indipendentemente dall’epoca
dell’acquisto, che però, come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, “non
deve risalire ad un’epoca talmente precedente la commissione del reato da far venir meno, ictu
oculi, la presunzione che la loro disponibilità sia riconducibile a quell’attività delittuosa”

(Sez.

1^ 5.2.2001 n. 11049, Di bella, Rv. 226051)
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 c.p.p. – non
potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno

l’onere quello del versamento da parte di ciascun ricorrente, in favore della Cassa delle
ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di € 1.500,00

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i4 ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di € 1.500,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

2000, n. 186) – consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nonché

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