Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9209 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9209 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOPEZ GIUSEPPE N. IL 20/10/1954
avverso la sentenza n. 9722/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Gen9rale in persona del Dott.
che ha concluso per

et

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 9 aprile 2013, confermava la sentenza
emessa in data 9 febbraio 2010 dal Tribunale di quella città nei confronti di LOPEZ Giuseppe
imputato del reato di cui all’art. 171 ter lett. B) della L. 633/41 [fatto accertato in Napoli il 29
ottobre 2007] e condannato a tale titolo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena di mesi quattro di reclusione ed € 1.500,00 di multa, oltre alle pene

1.2 Avverso la detta sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia
deducendo due motivi: con il primo lamenta vizio di motivazione per illogicità manifesta e
contraddittorietà in quanto la Corte di Appello, nonostante le censure difensive evidenziassero
delle gravi contraddizioni tra quanto contenuto nella relazione di servizio e nel coevo verbale di
sequestro redatti nell’immediatezza del fatto dal personale di P.G. operante sui luoghi e quanto
dai detti verbalizzanti riferito nel corso dell’udienza dibattimentale, il giudice di appello aveva
dato valore assoluto alle dichiarazioni dei verbalizzanti, disattendendo le opposte censure
difensive. Con il secondo motivo la difesa lamenta inosservanza della legge penale e vizio di
manifesta illogicità per la mancata concessione dell’attenuante della particolare tenuità del
fatto di cui al comma 3 dell’art. 171 ter L. 633/41 a causa dell’asserito consistente numero di
pagine fotocopiate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Con riferimento al primo
motivo, le censure sollevate dalla difesa mirano a fornire una ricostruzione degli avvenimenti
alternativa rispetto a quella operata dalla Corte territoriale che, oltretutto, ha messo in
comparazione i dati, assolutamente incontrovertibili esposti dai due testi (le operatrici di P.G.
TACCARDO Roberta e LIGUORI Maria Luisa) che hanno fatto inequivoco riferimento ad una
parte del testo di geografia “Fondamento di didattica della geografia” (munito di timbro SIAE e
dunque opera dell’ingegno tutelabile giudizialmente) già fotocopiato e le cui fotocopie erano nel

accessorie di legge.

vano della fotocopiatrice, ed al testo originario da fotocopiare notato in possesso di due
studenti universitari presenti in loco e debitamente identificati. Sicchè era da escludere che le
fotocopie viste nel vano della fotocopiatrice appartenessero ad un testo diverso e soprattutto
che il testo in questione fosse stato riposto – come affermato dall’imputato – sul piano della
scrivania sita all’interno della copisteria dell’imputato da parte di una studentessa che non
aveva lasciato il nome né avanzato alcuna richiesta di fotocopie; così come era da escludere
che all’interno del testo vi fossero già delle fotocopie. Secondo tale versione difensiva le copie
notate da uno dei verbalizzanti (la TACCARDO) erano state formate da altre fotocopie e non
dal testo originale. Ma, come evidenziato dalla Corte di merito, tale tesi è rimasta del tutto
indimostrata. Né le contraddizioni ravvisate dalla difesa in ordine alle versioni dei verbalizzanti

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i

rispetto a quanto contenuto nella relazione di servizio sono apparse, a giudizio della Corte, di
rilevanza tale da ribaltare il contenuto delle ben più inequivoche dichiarazioni testimoniali dei
due verbalizzanti. Sotto altro profilo va osservato che le censure di cui sopra ripropongono il
medesimo tema già sottoposto al vaglio della Corte di Appello che vi ha dato risposta in termini
non manifestamente illogici ed esaurienti. Sicchè nella specie il ricorso è affetto da aspecificità
trovando applicazione il principio più volte affermato da questa Corte Suprema secondo il quale
“È inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni

specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la
sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecíficità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in
termini Cass. Sez. 4, sent. del 29.3.2000 n. 5191; Cass. Sez. 1^ n. del 30.9.2004 n. 39598;
Cass. Sez. 2^ 15.5.2008 n. 19951; Cass. Sez. 6^ 23.6.2011 n. 27068).
2. Manifestamente infondato il secondo motivo perché il giudizio espresso dalla Corte di
merito in termini di rilevanza del numero di copie illegittimamente effettuate si sottrae a
qualsiasi censura di manifesta illogicità, tanto più che, al momento del controllo di P.G., era in
corso la stampa delle pagine del libro e vi era, come emerge dalla sentenza di primo grado
ampiamente richiamata dalla sentenza impugnata, una fila consistente di ragazzi in attesa di
poter fotocopiare che, accortisi dell’arrivo della Polizia, si davano alla fuga. Peraltro il concetto
di particolare tenuità del fatto previsto dalla norma in esame implica un giudizio globale del
fatto che non può essere circoscritto, come pretende la difesa, al solo dato quantitativo,
occorrendo prendere in esame altre circostanze previste dall’art. 133 cod. pen. quali le
modalità della condotta, i suoi scopi; la sistematicità; la capacità a delinquere del reo (Sez. 2^
6.11.1996 n. 11113, Wade, Rv. 206502 in tema di ricettazione ex comma 2° art. 648 cod.
pen.; v. anche Sez. 6^ 2.2.2011 n. 7554, Marfé, Rv. 249226). Nel caso in esame il detto
giudizio è stato formulato secondo condivisibili parametri logici incensurabili in questa sede ed
in aderenza ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
3. Quanto, invece, alla asserita applicabilità dell’art. 68 della L. 633/41 invocata dalla
difesa, è costante l’orientamento di questa Corte Suprema secondo il quale la riproduzione di
singole opere o brani di opere dell’ingegno effettuata mediante fotocopie è consentita solo se
limitata al 15% di ogni volume, se sia corrisposto un compenso forfettario a favore degli aventi
diritto e se effettuata per uso personale: nel caso in esame è da escludere che si trattasse di
fotocopie per uso personale, versandosi, invece, in una ipotesi di attività commerciale con
scopi di lucro.
4.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile: segue la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della
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già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non

somma – ritenuta congrua – di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in
colpa il ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 27 maggio 2015
Il Presidente

Il Con igliere estensore

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