Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9208 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9208 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PATTI CARMELO N. IL 26/01/1934
avverso la sentenza n. 1716/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
28/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per oL.-e-st..$-.3._3L 1Q.9…52,-N-)—-Q-sk…1-A-

o

p 12—.-

3.Carrs,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

A)

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 28 novembre 2013 la Corte di Appello di Milano confermava la
sentenza del Tribunale di Vigevano del 27 settembre 2011 con la quale PATTI Carmelo,
imputato dei reati di cui agli artt. 10 bis e 10 ter del D. Lgs. 74/00 [omesso versamento delle
ritenute certificate relativamente alle società S.M.C. s.r.1; CABLELETTRA s.p.a. ed
ELETTROCABLAGGI s.r.l. per l’anno di imposta 2005, meglio descritti nei capi 3), 4) e 5) della
rubrica – e omesso versamento dell’IVA relativamente alle società S.M.C. s.r.l. e CABLELETTRA

stato condannato alla pena complessiva, aumentata per la ritenuta continuazione, di anno uno
di reclusione oltre alle pene accessorie di legge.
1.2 Per l’annullamento della detta sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo del proprio
difensore di fiducia deducendo tre distinti motivi: a) inosservanza della legge penale con
riferimento alle imputazioni di cui all’art. 10 bis del D. Lgs. 74/00 per avere la Corte ritenuto
sufficiente ai fini della conferma del giudizio di responsabilità il mod. 770 acquisito in atti,
anzichè il mod. CUD relativo all’anno di imposta in contestazione costituente a suo dire piena
prova non solo dell’effettiva consistenza delle somme corrisposte ai lavoratori dipendenti, ma
anche dell’ammontare delle ritenute operate, delle deduzioni e detrazioni di imposta effettuate;
b) inosservanza della legge penale in riferimento al reato di cui all’art. 10 ter del D. LGS. 74/00
tenuto conto che soltanto dal 4 luglio 2006 l’omesso versamento dell’IVA costituiva fattispecie
di rilevanza penale, rispetto al pregresso regime che prevedeva solo una violazione di carattere
amministrativo; c) inosservanza della legge penale, sempre in riferimento all’ipotesi delittuosa
di cui all’art. 10 ter del predetto D. Lgs. con riferimento all’elemento soggettivo del reato nella
specie asseritamente insussistente in relazione alle intervenute modifiche normative nell’anno
2006 e ritenuto invece dalla Corte territoriale.
1.2 Con memoria ritualmente depositata ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. la difesa
instava per l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio relativamente alla violazione
di cui al capo 1) a seguito della sentenza n. 80/14 della Corte Costituzionale che aveva
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 ter D. Lgs. 74/00 per gli omessi versamenti
dell’IVA inferiori alla soglia di punibilità di C 103.291,38; rilevava, inoltre, la maturata
prescrizione per le ipotesi delittuose di cui ai capi 1), 3), 4) e 5); con riferimento alla
imputazione di cui al capo 3) rilevava l’applicabilità della richiamata sentenza della Corte
Costituzionale n. 80/14 in quanto risultando l’omesso versamento delle ritenute certificate era
inferiore alla soglia di punibilità di C 103.291,38. Infine, relativamente alla residue ipotesi di
cui ai capo 2), 3), 4) e 5) insisteva nei precedenti motivi di ricorso, con specifico riferimento, in
ordine ai reati di cui all’art. 10 bis del D. Lgs. 74/00, alla inosservanza della legge penale in
relazione alla ritenuta sufficienza ai fini probatori del mod. 770, fermi restando anche gli altri
motivi di merito in punto di responsabilità.

1

s.p.a. per gli anni di imposta 2005 e 2006, meglio indicati nei capi 1) e 2) della rubrica] era

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini e limiti che seguono.
1.1 Va ricordato in punto di fatto, con riferimento al reato indicato nel capo 1), che al
PATTI è stato contestato il delitto p. e p. dall’art. 10 ter del D. Lgs. 74/00 “perchè, in qualità di
legale rappresentante della società S.M.C. s.r.l. (C. F. P. IVA 00821600624) con sede legale in

valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale modello unico 2006 – redditi 2005,
per un ammontare complessivo di C 64.822,00 – reato accertato in Vigevano il 18.11.2008”
1.2 Tale premessa appare ineludibile alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale
che, con sentenza 8 aprile 2014, n. 80, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter
del menzionato D. Lgs. nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi antecedentemente
al 18 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’IVA dovuta in base alla relativa
dichiarazione annuale, per importi non superiori a euro 103.291,38, per ciascun periodo
d’imposta.
1.3 Con tale pronuncia il giudice delle leggi, intervenendo sulla questione di legittimità
costituzionale della norma fiscale per lesione dell’art. 3 Cost. sollevata dal Tribunale di
Bergamo con ordinanza del 17 settembre 2013, ha affermato che la norma suddetta vìola il
principio di eguaglianza, assoggettando il contribuente che, dopo avere regolarmente
presentato la dichiarazione annuale IVA, ne ometta il versamento, a un trattamento
irragionevolmente più severo rispetto a quello cui è soggetto il contribuente che ometta la
presentazione della dichiarazione o ovvero ne presenti una infedele, occultando il debito
d’imposta: condotte, queste ultime, più insidiose, in quanto implicanti, oltre all’evasione dì
imposta, anche un ostacolo all’accertamento tributario.
1.4 Secondo la pronuncia citata la rilevata lesione del principio di eguaglianza è resa
manifesta proprio dalla considerazione che, rispetto alla condotta omissiva di versamento
dell’IVA prevista dalla norma in esame, sia la condotta di infedeltà della dichiarazione (art. 4 D.
Lgs. 74/00) che quella di omessa dichiarazione (art. 5 D. Lgs. 74/00) integrano fattispecie
decisamente più gravi, sul piano della idoneità dei relativi comportamenti a ledere gli interessi
del fisco: il che emerge anche dal raffronto delle rispettive pene edittali (reclusione da uno a
tre anni, per tali ultimi due reati; da sei mesi a due anni, per il primo).
1.5 Rileva infatti la Corte Costituzionale che il contribuente che, al fine di evadere VIVA,
presenti una dichiarazione infedele volta ad occultare la materia imponibile, ovvero non
presenti affatto la dichiarazione, pone in essere una condotta indubbiamente più insidiosa per
l’amministrazione finanziaria – “in quanto idonea ad ostacolare l’accertamento dell’evasione (e,
nel secondo caso, a celare la stessa esistenza di un soggetto di imposta – rispetto a quella del
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Vigevano, Via D’Avalos n. 20/22 ometteva di versare entro il termine di legge l’imposta sul

contribuente che, dopo aver presentato la dichiarazione, omette di versare l’imposta da lui
stesso autoliquidata (omissione che può essere dovuta alle più varie ragioni, anche
indipendenti da uno specifico intento evasivo, essendo il delitto di cui all’art. 10-ter a dolo
generico)”. Prosegue la Corte ricordando che “In questo modo, infatti, il contribuente rende la
propria inadempienza tributaria palese e immediatamente percepibile dagli organi accerta tori:
sicché, in sostanza, finisce per essere trattato in modo deteriore chi – coeteris paribus – ha
tenuto il comportamento maggiormente meno trasgressivo”.

del reato in parola – limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011 (posto che per
le condotte successive la materia è stata interamente ridisegnata con la L n. 148 del
14.9.2011) – a quella prevista per dichiarazione infedele pari ad C 103.291,38.
2. Per effetto di tale decisione, quindi, venendo meno l’elemento costitutivo del reato
rappresentato dal mancato superamento, per quanto qui rileva, della soglia di punibilità di C
103.291,38, deve concludersi che il fatto contestato, alla luce della decisione della Corte
Costituzionale, non può più considerarsi reato.
2.1 Tale conclusione assorbe tutti i motivi di ricorso proposti e determina l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto.
3. Diversa soluzione deve essere adottata con riferimento al reato di cui al capo 2)
afferente alla contestazione di omesso versamento dell’IVA per l’anno di imposta 2006 da
parte del PATTI quale legale rappresentante della CABLELETTRA s.p.a. per un ammontare di C
2.592.590,00, in quanto la soglia di punibilità è nettamente superiore al limite individuato
come penalmente irrilevante dalla Corte Costituzionale. Sostiene il ricorrente che la condotta di
omesso versamento dell’IVA originariamente punita in via amministrativa ai sensi dell’art. 13
del D. Lgs. 472/97 è entrata in vigore il 4 luglio 2006, di guisa che la norma penale di nuovo
conio non potrebbe trovare applicazione per la parte temporalmente residua in considerazione
del fatto che la trasformazione in illecito penale non può valere per tutto il periodo nel quale il
contribuente non ha adempiuto, anche perché prima della riforma il contribuente era tenuto ai
versamenti periodici mensili ovvero trimestrali secondo

il sistema da lui scelto. Sotto un

diverso profilo lamenta poi il ricorrente che da parte della Corte di merito, dovendo frazionarsi
la condotta in due segmenti (il primo dei quali riferito all’arco temporale compreso tra il
gennaio ed il giugno 2006 per il quale ricorreva, secondo la legge del tempo un obbligo di
versamento periodico mensile ovvero trimestrale secondo la scelta operata dal contribuente ed
il secondo, penalmente rilevante, riconducibile al semestre successivo) avrebbe dovuto
valutarsi il superamento o meno della soglia di punibilità soltanto con riferimento al secondo
semestre del 2006. Una diversa interpretazione finirebbe con il determinare la punizione del
contribuente due volte.

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1.6 Da qui la necessità, rilevata dalla Corte Costituzionale di fissare la soglia di punibilità

3.1 Nei termini in cui la censura è proposta la stessa non può ritenersi fondata. Il Collegio
ritiene anzitutto di dover condividere il principio reso da questa Suprema Corte con la decisione
a Sezioni Unite Romano (S.U. 28.3.2013 n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758),
secondo la quale “il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (D.Lgs. n. 74
del 2000, art. 10 ter), entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato adempimento
dell’obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo
al periodo di imposta dell’anno successivo, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti

norma penale”. Ciò comporta la retroattività tout court dell’art. 10 ter sia per l’intero anno (e
non una sola parte di esso) 2005, sia a maggior ragione per l’anno fiscale 2006.
4.3. Ma, indipendentemente da tale profilo, che pure il ricorrente mostra di tenere in
considerazione, la censura in esame presuppone implicitamente l’attrazione nella condotta
penalmente rilevante anche degli omessi versamenti periodici, comunque dovuti nel termine di
cui all’art. 1 del D.P.R. 23 marzo 1988, n. 100, amministrativamente ed autonomamente
sanzionati a norma dell’art. 13 del D.Lgs. 472/97. Tale impostazione risulta dogmaticamente
errata essendosi condivisibilmente osservato da parte di questa Corte Suprema che “sul piano
della condotta, gli omessi versamenti periodici non appartengono alla fattispecie incriminata
(che resta istantanea ed unisussistente) e non ne costituiscono altrettante frazioni anticipate,
né hanno rilevanza ai fini del dolo che é integrato dalla volontà dell’omesso versamento
che deve sussistere al momento della scadenza del termine c.d. lungo, non in momenti ad esso
antecedenti”.

(così Sez. 3^ 24.6.2014 n. 8352, Schirosi, Rv. 253126). Quel che rileva,

dunque, è la specifica natura del reato in parola che ha natura istantanea e si considera
unisussistente con la conseguenza che gli omessi versamenti periodici non costituiscono
frazioni anticipate della fattispecie incriminata. (Sez. 3^ n. 8352/14 cit. v. anche S.U.
28.3.2013, n. 37424 cit. in cui si si chiarisce che tra il reato di cui all’art. 10 ter del D. Lgs.
74/00 e la fattispecie prevista dall’art. 13 comma 10 del D. Lgs. 471197 non vi è un rapporto di
specialità, bensì di “progressione illecita” con la conseguenza che al trasgressore possono
essere applicate entrambe le sanzioni.
4.4 Né appare sostenibile – pena una parziale applicazione della norma penale – la tesi
secondo la quale la Corte avrebbe dovuto valutare il superamento, o meno, della soglia di
punibilità con riferimento al periodo residuo compreso tra luglio e dicembre 2006, tenuto conto
proprio di quanto sin qui esposto in merito alla natura istantanea ed non frazionata(né
frazionabile) del reato.
4.5 Quanto alla ricorrenza del dolo contestata dal ricorrente, si rileva quanto segue. Per il
reato in esame è richiesto – come già osservato – il dolo generico consistente nella
consapevolezza e volontà dell’omesso versamento, le quali debbono sussistere allo scadere del
termine utile per adempiere all’obbligo. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito ha
erroneamente ritenuto configurato il dolo pur essendo assente non solo la volontà di non
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relativi all’anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della

adempiere, ma anche la consapevolezza di violare la norma penale in quanto il ricorrente non
era stato posto in grado di comprendere, a causa delle improvvise modifiche normative
intervenute nel corso dell’anno, che il mancato accumulo delle risorse per quella porzione di
anno avrebbe potuto assumere un rilievo penale: ed in proposito si invoca la sentenza
Favellato (S.U. 28.3.2013 n. 37425, Favellato) per affermare che, se di comportamento
omissivo., può parlarsi, questo deve comunque sussistere ben prima della introduzione della
norma penale “quando /e conoscibili e prevedibili conseguenze di essa consistevano solo in una

4.6 Si tratta di un’argomentazione suggestiva, ma infondata, in quanto se è vero che la
norma entrata in vigore il 4 luglio 2006, con validità per l’anno fiscale 2005, avrebbe potuto
avere un effetto cd. “sorpresa” per quell’anno, diversa era la situazione per l’anno 2006 per il
quale il termine a disposizione del ricorrente per provvedere al versamento dell’IVA era di ben
un anno intero (1 gennaio – 27 dicembre 2007), in quanto già nel 2007 la norma era entrata
pienamente a regime.
4.7 Anche con riferimento alle asserite condizioni dell’azienda, disastrose perché in
decozione, ricorda la Corte di merito che la situazione negativa dal punto di vista economico
non poteva dirsi sopravvenuta, ma era preventivabile e, ciò nonostante, il PATTI aveva omesso
di accantonare le somme per provvedere al prioritario obbligo di versamento dell’IVA. Pacifico
l’orientamento di questa Corte secondo il quale l’inadempimento della obbligazione tributaria
può essere attribuito a forza maggiore solo se dipenda da fatti non imputabili all’imprenditore
che non sia stato in grado di porvi rimedio tempestivamente per cause a lui non ascrivibili e
che sfuggono al suo dominio finalistico. E’, infatti, obbligo primario dell’imprenditore quello di
accantonare per tempo le risorse necessarie per adempiere all’obbligo tributario che assume
rilevanza primaria rispetto ad altri obblighi pur rilevanti ma di grado inferiore come il
pagamento delle retribuzioni (Sez. 3^ 24.6.2014 n. 8352, Schirosi, Rv. 263128; Sez. 3^
6.11.2013 n. 2614, Saibene, Rv. 258595; idem 5.12.2013 n. 5467, Mercutello, Rv. 258055 in
tema di omesso versamento delle ritenute certificate; Sez. 3^ 8.4.2014, n. 20266, P.G. in
proc. Zanchi, Rv. 259190 sempre con riferimento alla ipotesi di cui all’art. 10 bis del D. Lgs.
74/00). Corretta, dunque la motivazione della Corte territoriale, attenutasi ai suddetti principi
ormai del tutto consolidati.
5. Con riferimento alle ipotesi delittuose di cui ai capi 3), 4) e 5) si impone l’annullamento
della sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.
5.1 Va disattesa la tesi sostenuta in principalità dalla difesa in ordine alla inosservanza
della legge penale per avere la Corte confermato il giudizio di colpevolezza, fondando il proprio
convincimento sulla base dei soli modelli 770 acquisiti in atti e non sul diverso modello CUD
attestante la corresponsione dei redditi con la indicazione delle ritenute effettivamente
operate.
5

sanzione amministrativa”.

5.2 La materia in esame, come è noto, è disciplinata dall’art. 4 del D.P.R. 322 del 22 luglio
1998, il cui primo comma testualmente recita: I soggetti indicati nel titolo III del decreto del

Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, obbligati ad operare ritenute alla
fonte, che corrispondono compensi, sotto qualsiasi forma, soggetti a ritenute alla fonte
secondo le disposizioni dello stesso titolo, nonchè gli intermediari e gli altri soggetti che
intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti tenuti alla comunicazione di dati ai sensi di
specifiche disposizioni normative, presentano annualmente una dichiarazione unica, anche ai

dovuti all’Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.),
relativa a tutti i percipienti, redatta in conformità ai modelli approvati con i provvedimenti di
cui all’articolo 1, comma 1.
5.3 A sua volta il comma 6 ter del medesimo D.P.R. dispone che: “I soggetti indicati nel

comma 1 rilasciano un’apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all’Istituto
nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) attestante l’ammontare complessivo delle dette
somme e valori, l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei
contributi previdenziali e assistenziali, nonchè gli altri dati stabiliti con il provvedimento
amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica. La certificazione è unica
anche ai fini dei contributi dovuti agli altri enti e casse previdenziali. Con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sono stabilite le relative modalità di attuazione. La certificazione unica sostituisce quelle
previste ai fini contributivi”.
5.4 Le modalità e tempi di consegna delle certificazioni ai sostituiti e di trasmissione
all’Organo fiscale sono partitamente regolamentate dai successivi commi 6 quater e 6
quinquies del medesimo art. 4.
5.5 La norma incriminatrice speciale è costituita – come noto – dall’art. 10 bis del D. Lgs.
74/00 come introdotto dall’art. 1 comma 414 della L. 30.12.2004 n. 311 (cd. Finanziaria
2005″) a tenore del quale “E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non

versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di
imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare
superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
5.6. Fin qui i dati normativi di riferimento cui è seguita una cospicua elaborazione
giurisprudenziale in tema di prova da raccogliere per dimostrare l’omesso versamento delle
ritenute, prova che – come noto – incombe sulla Pubblica Accusa.
6. Uno dei dati tradizionalmente utilizzati dalla Pubblica Accusa per dimostrare l’omesso
versamento delle ritenute certificate è rappresentato dal cd. Mod. 770. Tale documento, che si
distingue in semplificato ed ordinario, altro non è che la dichiarazione dei sostituti di imposta,
ossia dei datori di lavoro o enti di previdenza che, per legge, sostituiscono il contribuente n
6

fini dei contributi dovuti all’Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) e dei premi

rapporti con il fisco, trattenendo le tasse relative a compensi, salari, pensioni. I sostituti di
imposta sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate, mediante apposita dichiarazione
annuale, i dati relativi alle ritenute operate.
6.1 Per quanto qui rileva, nel modello semplificato vanno indicati, secondo i casi, i dati
relativi alle certificazioni rilasciate ai contribuenti ai quali sono stati corrisposti nell’anno di
riferimento redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati; indennità di fine rapporto; i
redditi di lavoro autonomo; le provvigioni e redditi diversi; altri redditi. Il modello 770 va

Finanziario competente.
6.2 La dichiarazione si intende presentata nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati
da parte dell’Agenzia delle Entrate la quale è tenuta a rilasciare la comunicazione di avvenuta
ricezione della dichiarazione.
6.3 L’orientamento prevalente di questa Sezione si è sviluppato nel senso di considerare
sufficiente a dimostrare l’omesso versamento delle ritenute o la produzione di tale modello
fiscale ovvero la prova testimoniale costituita dalle dichiarazioni rese dal funzionario
dell’Agenza delle Entrate sulla presentazione da parte del soggetto obbligato alla emissione
delle certificazioni attestanti le ritenute indicate nel mod. 770.
6.4 La fattispecie penale è caratterizzata da una condotta omissiva che si realizza con il
mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale
di sostituto di imposta, delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un
ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo d’imposta. Trattasi, come
precisato dalla sentenza in parola, di una ipotesi di reato omissivo proprio, istantaneo e di
mera condotta, integrato dal mancato compimento di un’azione dovuta.
6.5 L’erogazione di somme comportanti l’obbligo di effettuazione delle ritenute alla fonte
(D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e ss.) e di versamento delle stesse all’Erario con le modalità
stabilite (art. 3 D.P.R. n. 602/73) ed il successivo rilascio al soggetto sostituito di una
certificazione attestante l’ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute
operate nell’anno precedente si pongono quali presupposti della condotta omissiva vera e
propria la quale si concretizza nel mancato versamento, per un ammontare superiore ad €
50.000,00, delle ritenute complessivamente operate nell’anno di imposta e risultanti dalla
certificazione rilasciata ai sostituiti nel termine fissato per l’adempimento coincidente – come si
è visto – con quello previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di
imposta relativa all’anno precedente. Ne consegue che il rilascio della certificazione non è
elemento costitutivo del reato, ma mero presupposto della condotta omissiva.
6.6 Se può dirsi acclarata la necessità del rilascio della certificazione per poter ritenere
integrato il delitto di cui all’art. 10 bis del D. Lgs. 74/00, questione diversa, ma correlata alla
prima, è la prova dell’avvenuto rilascio della certificazione in parola: sul punto si sono formati
7

presentato in via telematica direttamente o a mezzo di intermediario abilitato all’Ufficio

due opposti orientamenti. Non ritiene il Collegio di approfondire oltre misura l’argomento,
apparendo invece sufficiente l’enunciazione sintetica dei due indirizzi, anche perché con
ordinanza del 29 aprile 2015 di questa Sezione, sono state investite le Sezioni Unite per la
risoluzione del contrasto giurisprudenziale.
6.7 Secondo un primo orientamento il rilascio delle certificazioni da parte del sostituto ai
sostituiti può dirsi provato o dalla dichiarazione fiscale acquisita agli atti (il mod. 770) ovvero
dalla testimonianza del funzionario erariale che ha svolto le indagini sul contenuto delle

incidens, risulta oggi avallato a seguito delle modifiche introdotte all’art. 10 bis del D. Lgs.
74/00 dal D. Lgs. 158/15 entrato in vigore nelle more del deposito della presente sentenza)
In forza di tale orientamento è stato così affermato – con riferimento a fattispecie nelle quali è
stata ritenuta sufficiente la allegazione dei mod. 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro,
ovvero la testimonianza del funzionario dell’Agenzia delle Entrate che le abbia esaminate
riferendone oralmente il contenuto – che la prova delle certificazioni attestanti le ritenute
operate dal datore di lavoro, quale sostituto d’imposta, sulle retribuzioni effettivamente
corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal Pubblico Ministero anche mediante prove
documentali, testimoniali o indiziarie (v. da ultimo, Sez. 3^ 6.3.2014 n. 20778, Leuccí, Rv.
259182; idem n. 12.6.2013 n. 33187, Buzi, Rv. 256429; idem 15.11.2102 n. 1443,
Salmistrano, Rv. 254152). Grava, invece, sull’imputato l’onere di provare, nel caso in cui il
Pubblico Ministero abbia assolto le proprie incombenze, i fatti (estintivi o modificativi) che
paralizzano la “pretesa punitiva”, con la conseguenza che la semplice affermazione di non
avere rilasciato le certificazioni ai sostituiti o di non aver retribuito i dipendenti (e di
conseguenza neppure operato le ritenute) non è sufficiente a rendere assolto l’onere probatorio
e dunque non l’imputato non è esonerato dalle responsabilità di fronte a prove documentali
provenienti dallo stesso imputato (o testimoniali, che a queste si riferiscano) che comprovino
l’esatto il contrario.
6.8 Secondo l’indirizzo opposto, il mod. 770, seppure concretizzato in un documento
proveniente dal datore di lavoro non assume valore probatorio assoluto, ma costituisce mero
indizio abbisognevole di ulteriori riscontri che, se mancanti, rendono inidonea la prova del
rilascio delle certificazione e, di riflesso, la prova dell’omesso versamento.
6.9 In estrema sintesi, il principio di diritto espresso da quest’ultimo orientamento è quello
in forza del quale nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova dell’elemento
costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute
effettivamente operate, il cui onere incombe sull’accusa, non può essere costituita dal solo
contenuto della dichiarazione modello 770, proveniente dal datore di lavoro (Sez. 3^ 8.4.2014
n. 40256, Gagliardi, Rv. 260090). In tale decisione, che prende comunque spunto dalla
richiamata sentenza Favellato delle S.U., l’elemento specializzante (che vale a distinguere
l’illecito amministrativo da quello penale) viene individuato, diversamente da quanto affermat
8

dichiarazioni annuali, attribuendone espressamente la paternità all’imputato (indirizzo che, per

dalle decisioni dianzi citate, nel rilascio delle certificazioni da parte del sostituto di imposta al
eb..tvx
sostituito, con la conseguenza che il reato-Tè configurabile non soltanto quando non siano state
operate le ritenute, ma anche quando il datore di lavoro non abbia rilasciato la certificazione
ovvero quando la abbia rilasciata in un momento successivo alla scadenza del termine per
effettuare il versamento (il 28 febbraio dell’anno successivo).
7.

Ritiene il Collegio di aderire comunque al primo dei due orientamenti citati e ciò

indipendentemente dalla soluzione adottabile dalle S.U. peraltro oggi superata dal mutato

fondatezza della tesi della insussistenza del fatto per inidoneità della prova prospettata dalla
difesa, anche se deve rilevarsi che il relativo motivo su cui tale tesi si fonda non può dirsi
manifestamente infondato.
8.

La non manifesta infondatezza del ricorso sul punto – che afferisce alle condotte

contestate ai capi 3) 4) e 5) – fa sì che possa trovare ingresso la tesi, prospettata dalla difesa
in termini subordinati con la citata memoria difensiva, della avvenuta estinzione dei reati
indicati in detti capi per prescrizione: le condotte sono temporalmente riferibili all’anno 2005 e
il momento consumativo dei tre reati va, rispettivamente, individuato nel 30 settembre 2006,
con conseguente maturazione del termine finale di prescrizione al 30 marzo 2014 senza che
sino intervenute medio tempore cause di sospensione della prescrizione e senza che possa
assumere incidenza la contestata recidiva, in quanto si verte nella ipotesi della recidiva
semplice di cui al comma 10 dell’art. 99 cod. pen.
9.

Sulla base di tali considerazioni la sentenza impugnata va annullata senza rinvio

limitatamente ai reati di cui ai capi 3), 4) e 5) per essersi questi estinti per prescrizione.
10. In conseguenza di tale statuizione e dell’annullamento senza rinvio per insussistenza
del fatto con riferimento al reato di cui al capo 1), va determinata la pena per il residuo reato
di cui al capo 2) nella misura di mesi dieci di reclusione, rientrando tale operazione nei poteri
di questa Corte Suprema ai sensi dell’art. 620 lett. I) cod. proc. pen. Nel resto il ricorso va
rigettato
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per il capo 1) perché il fatto non sussiste e per
i capi 3), 4) e 5) perché i reati sono estinti per prescrizione e determina la pena per il restante
reato di cui al capo 2) in mesi dieci di reclusione. Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma il 27 maggio 2015
Il ConsTiliere estensore

Il Presidente

intervento legislativo del quale si è dianzi fatto cenno. Tale soluzione esclude, però, la

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