Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9207 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9207 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MICANYOVA VERONIKA N. IL 02/01/1972
avverso la sentenza n. 2742/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
21/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. &
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 21 marzo 2013, confermava la
sentenza emessa in data 5 marzo 2010 dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di
Ascoli Piceno nei confronti di MICANYOVA Veronika imputata, in concorso con BEN HAMMOUDA
LASSAD (non ricorrente) del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 comma 1 bis del D.P.R.
309/90 [fatto accertato in Porto D’Ascoli di San Benedetto del Tronto il 26 ottobre 2007] e

diminuente per il rito prescelto, alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed € 18.000,00 di
multa, oltre alle pene accessorie di legge.
1.2 Avverso la detta sentenza ricorre l’imputata personalmente deducendo due motivi:
con il primo lamenta un difetto di notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello nei
propri confronti in quanto, risultando la stessa detenuta per altra causa, la notifica avrebbe
dovuto essere effettuata non ai sensi dell’art. 157 comma 8 bis cod. proc. pen. al difensore
(come avvenuto) ma presso il luogo di detenzione. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta
difetto assoluto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di
cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R. 309/90, tenuto conto della modesta quantità dello
stupefacente detenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Con riferimento al primo
motivo di natura processuale, dall’esame degli atti, compulsabili in ragione del vizio dedotto,
risulta che l’imputata era stata indicata nel verbale dell’udienza celebratasi in Corte di Appello
come assente, senza alcuna menzione di un suo eventuale stato di detenzione. Risulta, ancora,
che la notificazione del decreto di citazione a giudizio per la fase di appello era stata effettuata
al difensore fiduciario ai sensi dell’art. 157 comma 8 bis cod. proc. pen. che, disciplinando la
sorte delle notificazioni successive alla prima, prevede che queste vengano eseguite, in caso di
nomina di difensore di fiducia ai sensi dell’articolo 96, mediante consegna ai difensori, salvo il
rifiuto (da comunicarsi immediatamente all’Autorità Giudiziaria) da parte del difensore
medesimo di non accettare la notificazione, mentre per le modalità della notificazione trovano
applicazione anche le disposizioni previste dall’articolo 148, comma 2-bis del codice di rito.
2. Tanto precisato, la ricorrente sostiene che dal verbale dell’udienza del 22 ottobre 2009
(giorno in cui venne pronunciata la sentenza di primo grado) risultava che l’imputata si trovava
in stato di detenzione per altra causa e in tale medesimo stato si trovava alla data del 25
febbraio 2013, data nella quale era stato notificato detto decreto al difensore fiduciario ai sensi
dell’art. 157 comma 8 bis cod. proc. pen. Emerge dal verbale di udienza che il giorno
dell’udienza celebratasi dinnanzi alla Corte di Appello con il rito camerale, era presente il
difensore Avv. Simone R. Matraxia del Foro di Ascoli Piceno, espressamente delegato d a l
1

condannata a tale titolo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con la

difensore di fiducia Avv. Umberto Gramenzi presso il quale era stato notificato il decreto di
citazione a giudizio dell’imputata ai sensi dell’art. 157 comma 8 bis cod. proc. pen.. Risulta,
infine, che nulla ha dedotto il difensore delegato in merito allo stato di detenzione dell’imputata
ed ad eventuali vizi di notifica.
3.

Ciò premesso in punto di fatto, la giurisprudenza di questa Corte Suprema è

assolutamente concorde dell’affermare la validità della notificazione presso il domicilio eletto
nella ipotesi in cui il destinatario risulti detenuto per altra causa, presupponendo l’elezione di

fiduciario che la impegna a ricevere gli atti riguardanti l’imputato e a consegnarli al medesimo
(Sez. 6^ 2.10.2008 n. 3870, Scartata, Rv. 242396; idem 20.11.2009 n. 47324, Maità, Rv.
245306).
3.1 Sotto altro profilo, è stato sempre affermato che un eventuale stato di detenzione per
altra causa, sopravvenuto alla dichiarazione o all’elezione di domicilio, non impone all’autorità
giudiziaria che non abbia avuto conoscenza da parte dell’interessato (cui incombe l’onere di
segnalare tale eventuale variazione del proprio status) il compito eseguire le successive
notificazioni presso il luogo di detenzione piuttosto che presso il domicilio precedentemente
dichiarato od eletto (tra le tante, Sez. 2^ 3.6.2010 n. 32588, Dominghi, Rv 247980; Sez. 4^
1.2.2012 n. 14416, Rega, Rv. 253301; Sez. 1^ 20.2.2014 n. 37248, Degan. Rv. 260777).
3.2 Sulla base di tali considerazioni è certo che nessuna notizia aveva la Corte di Appello
dello stato di detenzione della MICANYOVA alla data del 25 febbraio 2013 (né questo era
comunque ragionevolmente prevedibile tenuto conto che la situazione di precedente
detenzione risaliva a ben quattro anni prima) e che nessuna comunicazione al riguardo è stata
fornita dal difensore delegato presente all’udienza né sullo stato di detenzione dell’imputata, né
sulle modalità di notificazione del decreto di citazione eseguita ai sensi dell’art. 157 comma 8
bis cod. proc. pen.
4. Palesemente inconsistente anche il secondo motivo di ricorso con il quale si lamenta il
vizio assoluto di motivazione in ordine al riconoscimento del fatto di lieve entità. Pur dopo le
modifiche intervenute con l’art. 2 comma 1 lett. a) del D.L. 146/13 che ha trasformato la
circostanza attenuante speciale di cui all’originario art. 73 comma 5° del D.P.R. 309/90 anche
nella versione riformata a seguito della I. 49/06, in una autonoma fattispecie di reato, il fatto di
lieve entità può essere riconosciuto solo nei casi di minima offensività penale della condotta,
deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla
disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli
indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta
priva di incidenza sul giudizio. (S.U. 24.6.2010 n. 35737, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911;
conforme Sez. 3^ 19.3.2014 n. 27064, P.G. in proc. Fontana, Rv. 259664).

domicilio, a differenza della mera dichiarazione, l’indicazione di persona legata da un rapporto

4.1 Ai detti criteri si è uniformata la Corte di Appello che ha desunto elementi ostativi al
rìconoscimento della ipotesi attenuata non solo dalla quantità e qualità della droga detenuta
(eroina con un grado di purezza consistente, tanto da poter ricavare 584 dosi medie singole),
ma anche dalle modalità della condotta dell’imputata che aveva dichiarato di aver svolto una
attività di corriere per conto di altro giovane, peraltro non indicato, per esigenze economiche:
circostanza che ovviamente è stata tenuta in considerazione quale prova dell’inserimento della
donna in un circuito criminale dedito allo smercio abituale di stupefacente e quindi di un’attività

conforme ai criteri ermeneutici testè indicati ma anche corretta cotto il profilo logico oltre che
esauriente sul piano della completezza argomentativa
5. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile: segue la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della
somma – ritenuta congrua – di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in
colpa la ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 27 maggio 2015
Il Consi liere estensore

Il Presidente

illecita svolta in modo professionale. La motivazione resa sul punto dalla Corte è non solo

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