Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9203 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9203 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARCEDDU ANTONIO N. IL 19/04/1950
avverso la sentenza n. 304/2011 CORTE APPELLO di POTENZA, del
25/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
Udito il Procuratore Generale in persona del D
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che ha concluso per

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Data Udienza: 30/01/2014

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1.La Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza assolutoria di
primo grado, dichiarato inammissibile l’appello del pubblico ministero,
riteneva Mecca Ugo Canio Rocco e Marceddu Antonio responsabili agli effetti
civili dell’incidente stradale nel quale era deceduto Pirrone Rocco, con il
concorso della stessa persona offesa, e li condannava al risarcimento del
danno in favore delle costituite parti civili oltre che al pagamento delle spese
processualy-, 62,cco rf; A..444.4deD at-C.0 ( ,31/Ire-e/t0 ttteee t…t_ cet4..: ,1„e ta..4- ‘ 4: v : e .
Secondo la ricostruzione dei fatti già risultante dalla sentenza di primo grado,
in data 23.11.2002 alle ore 7.20 circa, Pirrone Rocco, persona anziana d’età,
percorreva a piedi la SS 95, in direzione di Tito, quando, subito dopo una
curva ad “U” che immette in un rettilineo, decideva di attraversare la strada
rispetto al suo senso di marcia, in un punto particolarmente pericoloso visto
che quel giorno, a causa della chiusura della strada statale a scorrimento
veloce , il traffico veicolare era tutto smistato sulla SS 95. Nella medesima
direzione, sopraggiungeva il veicolo Fiat Panda condotto da Mecca Ugo Canio
Rocco, con a bordo Soldo Luigi, che percorreva in discesa il tratto di strada,
bagnato per la pioggia, e che / imboccata la curva sinistrorsa / avvistava il
Pirrone mentre quest’ultimo cominciava ad attraversare la strada,
provvedendo a suonare il clacson e tentando di scansare il pedone; la ultima
manovra non riusciva in modo compiuto al Mecca, atteso che il Pirrone non si
avvedeva del pericolo e continuava nel suo attraversamento e soprattutto in
considerazione del fatto che la corsia di marcia opposta era comunque
occupata da altra vettura proveniente dalla opposta direzione. Per tali ragioni,
il mezzo del Mecca andava ad urtare il Pirrone con lo specchietto retrovisore
destro e ne determinava la caduta.
Tale circostanza diventava fatale per lo sventurato anziano, in quanto a
breve distanza dall’autovettura del Mecca viaggiava, ad una velocità compresa
nei limiti ivi previsti, l’autovettura Ford Escort condotta da Marceddu Antonio
Vincenzo” cheI pur percependo il pericolo e tentando di arrestare il proprio
mezzo, non riusciva ad impedire di schiacciare con il proprio mezzo il
malcapitato pedone, cosi causandone il decesso.
Secondo il giudice di primo grado, pur essendo certa la diretta causalità tra la
condotta dei due imputati e il decesso del Pirrone, non se ne poteva ritenere la
responsabilità atteso che non era possibile affermare con certezza la loro colpa
per non aver tempestivamente percepito il pericolo e apprestato manovre di
emergenze, atteso che per il modo in cui si era verificato l’incidente, in curva
e con veicoli che sopraggiungevano in senso inverso, non poteva escludersi
che gli stessi non avessero avuto a disposizione il tempo necessario per
apprestare una manovra di emergenza.
La Corte di appello andava in diverso avviso. Nonostante il comportamento
imprudente del Pirrone che attraversava la strada in un punto pericoloso, fuori
delle strisce e senza prestare attenzione al traffico veicolare, i due
automobilisti erano sicuramente in colpa essendosi trovati nella condizione di
avvistare il Pirrone e di scansarlo. Il Mecca aveva osservato i movimenti del

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RITENUTO IN FATTO

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione la difesa del
Marceddu. Lamenta mancanza e difetto di motivazione e travisamento del
fatto rispetto a specifici atti processuali, ignorati e dimostranti il contrario di
quanto affermato; la corte ha presupposto una velocità del Marceddu non
adeguata alle condizioni dei luoghi e ha dato per scontato che l’ imputato
avesse tempo e spazio per arrestare il proprio veicolo senza investire il pedone
sulla base di semplici congetture, smentite dalle perizie e consulenze tecniche
in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
La ritenuta responsabilità del ricorrente si fonda sull’assunto che il medesimo,
una volta avvistato il corpo del Perrone steso a terra, abbia avuto la
possibilità di mettere in atto una manovra di arresto del proprio veicolo così
evitando l’investimento. La questione dei tempi tecnici di reazione in relazione
alla concreta posizione del corpo del Perrone e del veicolo dell’imputato
Marceddu, affrontata dal perito e dai consulenti, è stata del tutto ignorata. La
stessa doveva invece trovare adeguata considerazione atteso che la
responsabilità del Marceddu presuppone che sia dia una motivata risposta
positiva al dubbio che sin dal primo grado era sorto al riguardo e che aveva
condotto quel giudice ad un giudizio di assoluzione. Si imponeva dunque un
compiuto e motivato accertamento circa la posizione delle parti nell’incidente e
la visibilità di cui disponeva il Marceddu attesa la conformazione a U della
curva dove è avvenuto l’incidente. Di ciò la sentenza qui impugnata non si fa
carico, limitandosi alla apodittica affermazione della possibilità di evitare
l’evento, senza indicare a quali dati tali affermazione sia ancorata.
2.Si impone dunque l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza
impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di
appello per nuova valutazione sulla responsabiltà.

3

Pirrone e aveva addirittura suonato il clacson per richiamarne l’attenzione;
avrebbe invece dovuto o fermarsi o scansarlo sterzando opportunamente,
manovre per le quali esistevano i necessari tempi tecnici. Quanto a Marceddu
la Corte osservava che egli ” sopraggiunse nel punto in cui si era verificato il
precedente investimento del Pirrone, trovandosi di fronte ad un corpo inerte,
riverso sulla sede stradale, e, quindi, avendo avuto la possibilità di avvistare il
pedone e di evitarne l’investimento. Non può avere pregio, al riguardo, la
deduzione difensiva, basata sulla deposizione del teste Volturno, secondo la
quale l’imputato procedeva a velocità moderatissima e, non appena si avvide
della presenza del corpo della vittima sulla strada, frenò, arrestandosi a
ridosso del malcapitato Pirrone. Invero, se fosse stata vera a circostanza
secondo la quale il Marceddu guidava l’autovettura a velocità particolarmente
moderata, come prescrivevano le particolari condizioni di quel tratto stradale
(successivo ad una curva ad U e in prossimità di un centro abitato), l’imputato
si sarebbe trovato sicuramente nelle condizioni per ottemperare agli obblighi
previsti dall’art. 141 commi C.d.S.”.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per
valore in grado di appello.

Così deciso il 30.1.2014.

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