Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9191 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9191 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TENERELLI MICHELE N. IL 09/09/1972
avverso la sentenza n. 13540/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BARI, del 08/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 10/01/2014

Con sentenza ex art.444 cod. proc. pen. del 8/11/2012 il Tribunale di Bari ha applicato al Sig.
Michele TENERELLI in relazione al reato ex art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 la pena
di un anno e sei mesi di reclusione e 2.400,00 euro di multa.
Avverso tale decisione è stato presentato ricorso con cui si lamenta errata applicazione di
legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e difetto di motivazione in ordine alla
quantificazione della pena.

I limiti che la giurisprudenza ha fissato circa l’interpretazione degli artt.129 e 444 cod. proc.
pen. e circa l’obbligo di motivazione del giudice sono costanti a far data dalla decisione delle
Sez.Un. Penali n.10732 del 27 settembre 1995, Serafino (rv 202270), secondo cui la motivazione può limitarsi a dare conto degli estremi del materiale probatorio, così che in presenza
dell’accordo delle parti non sono necessari ulteriori approfondimenti (Sez.Unite Penali,
sentenza n.3 del 1999, udienza 25 Novembre 1998, Messina, rv 212437).
A tali consolidati principi consegue che le parti che hanno sottoscritto e proposto l’accordo
sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono legittimate a mettere in discussione
con successiva impugnazione i presupposti dell’accordo medesimo (principio costantemente
affermato fin dalla sentenza della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160), con la
conseguenza che il controllo di legittimità in ordine alla sentenza di applicazione della pena può
avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal provvedimento emerga l’evidenza di
una errata applicazione della legge (per tutte, sentenza della Sez.3, Sezione n.2309 del 1999,
Bonacchi, rv 215071) e che il ricorrente adempia all’onere di fornire puntuale indicazione
dell’errore compiuto dal giudicante.
Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di censure, il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616
c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così decis in Roma il 10/1/2014
L’E

ore

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili.

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