Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9185 del 10/01/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9185 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
A.A.
imputato art. 10 ter D.Lgs. 74/00
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona dell’8.2.13
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva
Il ricorrente si duole della decisione della Corte d’appello di confermare la condanna
inflittagli in primo grado per la violazione dell’art. 10 ter d.lgs 74/00. In particolare, la critica è
rivolta all’entità della pena ed al diniego delle attenuanti generiche.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è
necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale,
potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod.
pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il
richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (sez. IL 26.6.09, Denaro, Rv. 245596; Sez.
VI, 12.6.08, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. H, 19.3.08, Gasparri, Rv. 239754). Nella specie, la pena è stata di 8
mesi di reclusione, vale a dire, di soli due mesi superiore al minimo edittale e, comunque, la
Corte ha richiamato anche l’attenzione sui numerosi precedenti penali specifici e
dell’ammontare molto elevato dell’imposta evasa.
Data Udienza: 10/01/2014
– così come il
della pena
Deve, quindi, rammentarsi che la determinazione
riconoscimento o meno di attenuanti – è operazione che il giudice esplica grazie all’esercizio
del potere discrezionale che gli compete. Conseguentemente, il controllo di legittimità a
riguardo si esaurisce nella verifica che il giudice abbia dato conto del proprio ragionamento in
modo tale da escludere il dubbio che la decisione sia frutto di mero arbitrio.
Tale è il caso in esame ove, peraltro, non si può neppure fare a meno di sottolineare la
genericità della doglianza anche in punto di circostanze (oltre che la sua fallacia visto che – come
appena richiamato – i giudici di secondo grado non si sono limitati ad evocare la sentenza di primo grado).
P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.
Così deciso in Roma nell’udienza del 10 gennaio 2014
Il Pres ente
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.