Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9172 del 25/02/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9172 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Hamadi Mohamed Alì, nato il 16/04/1985

avverso l’ordinanza n. 73/2015 del 10/11/2015 del Tribunale del riesame di
Torino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 25/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale del Riesame di Trento con ordinanza 11 novembre 2014
respingeva la richiesta di riesame presentata dalla difesa di Hamani Mohamed Ali
avverso l’ordinanza cautelare emessa in data 2 ottobre 2015 dal Giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Trento, che aveva applicato la misura
della custodia in carcere

l’imputato deducendo vizio di motivazione e violazione del combinato disposto di
cui agli artt. 292 comma 2 lett. c) e c-bis) e 309 c.p.p., come modificati dalla
legge n. 47 del 2015.
In sintesi il ricorrente si lamentava del fatto che il Giudice per le indagini
preliminari nell’ordinanza applicativa – dopo aver elencato i capi di imputazione
(per 31 delle 35 pagine complessive, in cui si articolava l’ordinanza) e dopo aver
pedissequamente riportato le considerazioni svolte dal Pm in richiesta con
riguardo alle singole posizioni (pp. 31-34) – aveva redatto solo 28 righe di
motivazione; ma dette 28 righe erano assolutamente insufficienti a esplicitare
per ben 12 posizioni e per ben 2 gruppi associativi le autonome valutazioni sui
gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo e ad un consistente
numero di reati fine, sulla sussistenza delle esigenze cautelari, nonché sulla
inidoneità di misure meno afflittive a garantire la collettività.
Si lamentava inoltre il ricorrente che il Tribunale del riesame di Trento,
disattendendo la sua richiesta di riesame, aveva ritenuto che non mancava
nell’ordinanza del Gip un’autonoma valutazione del compendio indiziario e
cautelare e che detta ordinanza non costituiva una mera adesione acritica delle
scelte dell’accusa. D’altra parte, secondo il ricorrente, l’ordinanza del Tribunale
del riesame, nel rigettare la sua richiesta di riesame, conteneva a sua volta i
medesimi errori redazionali del provvedimento principale, laddove aveva
affermato la sussistenza di una stabile organizzazione criminale (mentre le
associazioni contestate erano due), laddove non aveva indicato le caratteristiche
e le modalità operative di ciascuna di dette due consorterie, laddove aveva posto
la sua figura in una posizione di vertice (mentre dal capo di imputazione
risultava mero partecipe), laddove aveva svolto considerazioni sulle esigenze
cautelari senza neppure considerare la sua situazione personale e sociale di
persona domiciliata stabilmente in Italia con convivente di nazionalità italiana.

2

2.Avverso la suddetta ordinanza presentava ricorso per cassazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Giova premettere che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr., ad
es. Sez. 3, sent. n. 49175 del 27/10/2015, Grosso, Rv. 265365), anche a seguito
delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla legge 16
aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare
l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo

dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi
forniti dalla difesa.
Orbene, nel caso di specie, il Gip del Tribunale di Trento – dopo aver
rilevato che la richiesta cautelare era stata formulata dal PM soltanto in
riferimento al reato di cui all’art. 74 d.P.R 309/1990 nonché in riferimento agli
episodi di cui all’art. 73 commi 1 e 4 d.P.R. n. 309/1990 commessi in Trento e
provincia – in relazione alla posizione dell’odierno ricorrente (indagato oltre che,
per aver rappresentato il canale di approvvigionamento di eroina e cocaina per il
c.d. gruppo Akili, anche per 11 fatti di cessione avvenuti tra il mese di novembre
2014 ed il mese di febbraio 2015 in Trento; il tutto con la recidiva specifica,
reiterata e infraquinquennale) ha in primo luogo riportato quanto indicato nella
richiesta del PM, laddove si legge che lo stesso era stato monitorato attraverso
l’intercettazione delle utenze in suo uso per un periodo di circa 4 mesi e che a
carico dello stesso, oltre alla risultanze derivanti dall’espletata attività captativa,
confermate in un caso dal sequestro di in chilogrammo di eroina, vi era la
chiamata in correità di Akili Mourad. Quindi il Gip ha articolato a p. 34 un piccolo
compendio in ordine alla sussistenza degli elementi indiziari e delle ragioni
cautelari per tutti gli indagati.
Il Tribunale del riesame di Trento, nel prendere in esame l’eccezione
difensiva di nullità della ordinanza, ha rilevato che l’ordinanza cautelare si era
riportata in parte alle motivazioni espresse dal PM nella sua richiesta cautelare,
ma aveva integrato tale parte “con autonome, sia pur sintetiche, considerazioni
in ordine al quadro indiziario ed alle esigenze di cautela”. Tali considerazioni
davano contezza del fatto che l’ordinanza del Gip non costituiva una mera
“adesione acritica” alle scelte delle accuse, ma rappresentava “una autonoma
valutazione del compendio indiziario”. In particolare, l’ordinanza impugnata ha
rilevato che il Gip aveva evidenziato la solidità del quadro indiziario, costituito da
intercettazioni telefoniche assolutamente eloquenti, da chiamate in correità e da
sequestri di sostanza stupefacente (sequestri che oltre a riscontrare l’attività
investigativa a carico, avevano anche avallato la chiave interpretativa delle
espressioni utilizzate nelle conversazioni intercettate per alludere alla droga).

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giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva

D’altra parte, il Tribunale del riesame di Trento, ha integrato l’ordinanza
genetica della misura, osservando che le indagini aveva confermato la
sussistenza di una stabile organizzazione criminale inquadrabile in termini
associativi, per come si poteva desumere: a) dalla continua predisposizione di
reati fine concernenti il traffico degli stupefacenti; b) dalla consolidata, reciproca
e perdurante frequentazione degli accoliti; c) dalla strutturazione organizzativa e
dalla predisposizione gerarchica dei ruoli; d) dall’allestimento di strumenti
dedicati alla realizzazione del programma associativo (quali, in particolare, la

destinati al trasporto della droga; luoghi deputati all’occultamento, stoccaggio
ovvero rivendita della droga). Il Tribunale distrettuale ha aggiunto che il
ricorrente nel suddetto ambito associativo si collocava in posizione di vertice,
costituendo il centro di comando rispetto agli altri accoliti ed il maggior gestore
nella ricezione e distribuzione della droga.
La suddetta motivazione, in quanto non contraddittoria e non
manifestamente illogica, sfugge dal sindacato di questa Corte regolatrice. In
particolare, correttamente il Tribunale del riesame, nell’ordinanza impugnata, da
un lato, ha preso in considerazione soltanto una delle due stabili organizzazioni
in contestazione (precisamente quella contestata all’Hamadi); e, dall’altro, ha
ritenuto di attribuire a quest’ultimo una posizione di vertice, avuto riguardo al
contestato ruolo di canale di approvvigionamento di eroina e cocaina all’interno
del gruppo Akili.
La motivazione del Tribunale del riesame non presenta vizi emendabili in
questa sede anche in punto di esigenze cautelari, laddove nell’ordinanza si legge
che il concreto pericolo di recidiva si desumeva dalla gravità e dalla continuità
delle condotte e dal loro protrarsi nel tempo, circostanza questa che faceva
desumere con certezza che l’indagato traeva fonte esclusiva dei propri redditi dai
reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti; e neppure in punto di
adeguatezza della disposta misura, laddove nell’ordinanza viene indicata la
custodia cautelare in carcere come unica misura idonea a garantire che
l’indagato non continui a tessere le fila dell’organizzazione criminale mantenendo
e sviluppando i contatti con l’estesa rete delinquenziale cui si rapportava nel
traffico degli stupefacenti.
In definitiva, l’ordinanza impugnata non è sindacabile in questa sede
perché la Corte di cassazione non è chiamata a condividere o meno la decisione
del Tribunale del riesame, ma soltanto a verificare se essa sia compatibile con il
senso comune e, date come valide le premesse in fatto, se sia logica. Ipotesi che
per l’appunto si verifica nel caso di specie.

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disponibilità di telefoni cellulari con schede sim frequentamente riciclate; veicoli

2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
direttore dell’Istituto penitenziario competente perché provveda a quanto

Così deciso il 25/02/2016

stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. del c.p.p.

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