Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9159 del 02/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9159 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da : Tepshi Luan, n. a Durazzo (Albania) il 03/12/1969;

avverso la ordinanza del Tribunale di Firenze in data 18/09/2015;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Filippi, che ha concluso per il rigetto;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. M. Pisani, che ha chiesto
raccoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Tepshi Luan ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Firenze che ha rigettato la richiesta di riesame presentata nei
confronti dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Firenze di applicazione della
misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 74
del d.P.R. n. 309 del 1990 e 73 stesso d.P.R. in relazione all’introduzione in Italia
di 8 chilogrammi di cocaina in concorso con Tepsi Edmond e Tepsi Luan.

Data Udienza: 02/02/2016

2. Con un primo motivo lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 273 c.p.p. in
relazione all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 essendo il provvedimento
impugnato caratterizzato da una disamina generica riguardo al tema della
gravità indiziaria relativamente al reato associativo a fronte della operatività di
tre gruppi diversi in epoche differenti e della contestazione al ricorrente di un
solo reato fine, di qui non comprendendosi quali elementi confermerebbero una
proprio la

individuata distinzione in tre associazioni rende evidente come non sia stato
possibile individuare un’unica struttura permanente in grado di gestire il traffico;
inoltre l’operatività in un arco temporale modesto di soli undici mesi non
renderebbe possibile l’individuazione del carattere di stabilità; id ancora, gli
elementi indicati dal Tribunale sarebbero ugualmente indicativi di accordi per
singole importazioni riguardanti in modo separato i tre distinti gruppi. In
particolare, poi, con riguardo alla terza fase dell’organizzazione la stessa sarebbe
durata unicamente tre mesi, dato, questo, in contrasto con le caratteristiche e gli
elementi costitutivi della fattispecie contestata e compatibile invece con l’ipotesi
di concorso di persone nel reato. A fronte di una operatività ritenuta protratta,
peraltro in contrasto con quanto indicato dall’ordinanza cautelare circa il
momento finale del giugno 2014, fino al mese di novembre 2014, deduce di
avere soggiornato in Italia unicamente dal 24 al 27 dicembre 2013 per poi fare
ritorno in Albania (con conseguente erroneo addebito del fatto sub 16 relativo a
quantitativo di stupefacente sequestrato in data 10/01/2014). Lamenta che su
tali profili, specificamente evocati con la richiesta, il Tribunale non ha in alcun
modo motivato.

3. Con un secondo motivo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 273 c.p.p. in
relazione all’art. 73 cit. e illogicità della motivazione quanto al capo 16 della
rubrica. In particolare l’ordinanza impugnata ha omesso di indicare quali fossero
gli elementi specifici che ricollegavano la presenza del ricorrente in Italia
all’epoca dell’episodio contestato al capo 16 come commesso in data 25
novembre 2014 ì ribadendosi come nell’ordinanza genetica di applicazione della
misura cautelare e nella informativa di reato risultasse che l’indagato in data 27
dicembre 2013 aveva fatto ritorno in Albania. Sicché la motivazione del
provvedimento impugnato è solo apparente.

4. Con un terzo motivo lamenta la violazione degli artt. 274, 275, 192 e 125
c.p.p.. Dopo avere premesso la possibilità dell’applicazione retroattiva delle
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partecipazione al reato associativo dello stesso. In particolare

modifiche attuate dalla legge n. 47 del 2015 alle misure cautelari in corso di
esecuzione in caso di loro aspetto più favorevole, deduce che lo stato di
incensuratezza dell’indagato e la sua permanenza sul territorio soltanto dal 24 al
27 dicembre 2013 sono tali da elidere il concreto e attuale pericolo richiamato
dal novellato art. 274 c.p.p.. Inoltre, la specifica richiesta di misura alternativa al
carcere doveva obbligatoriamente imporre al Tribunale una motivazione sul

ricorrente appare in contrasto con la circostanza che lo stesso è detenuto in
Albania in attesa di estradizione per l’esecuzione della misura, ben potendo
l’indicazione di idoneo domicilio essere attuata al momento della concreta
esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è fondato nei termini, assorbenti della doglianza espressa con il
terzo motivo, di cui oltre.
Quanto al primo motivo, risulta dalla stessa ordinanza impugnata che, quanto
all’addebito rivolto al ricorrente di partecipazione all’associazione a delinquere,
con la richiesta di riesame si contestava la sussistenza del requisito della gravità
indiziaria a fronte di elementi (ed in particolare la presenza in Italia del
ricorrente per un arco temporale di soli quattro giorni) che ben potevano deporre
per la sola configurabilità di un mero concorso del Luan in uno specifico reato fine. Era quindi necessario che il Tribunale chiarisse perché, tanto più essendo
pacificamente stato contestato al ricorrente un solo episodio, tra i tanti, di
introduzione in Italia di una ingente quantità di cocaina, si potesse ritenere
decisamente prospettabile, sotto il profilo dei gravi indizi di reato, la condotta
partecipativa ad un sodalizio per sua necessaria natura orientato alla
commissione di una serie indeterminata di reati.
Tale risposta, però, è mancata.
L’ordinanza impugnata, dopo avere premesso che l’operatività del sodalizio
illecito si era articolata in tre distinte fasi e che solo la terza fase, durata, a
decorrere dalla fine di novembre 2014 per circa tre mesi, sarebbe stata
caratterizzata dall’ingresso in essa della famiglia Tepsi, ha infatti unicamente
richiamato a pagg. 4-6, elementi convergenti nel senso della sussistenza di una
associazione illecita, connotata dalla presenza di un nucleo stabile di trafficanti,
dalla disponibilità di immobili e di vetture, dall’uso di un linguaggio
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punto. Anche l’argomento della mancanza di un domicilio in Italia in capo al

convenzionale e dalla continuità dell’attività delittuosa, senza mai ricollegare
tuttavia tali dati anche alla persona del ricorrente, con riguardo al quale, anzi,
non si pone in discussione il dato fattuale evidenziato anche in ricorso, ovvero
che, in effetti, Tepshi Luan sarebbe giunto in Italia soltanto il 24 dicembre del
2013 e sarebbe da qui ripartito, per fare rientro in Albania, il 27 dicembre dello
stesso anno.

intrattenere rapporti telefonici con coloro che, invece, operavano in Italia,
mentre il passaggio di pagg. 7 e 8 dell’ordinanza, nella quale si citano
intercettazioni che sarebbero confermative del coinvolgimento di Luan if è rimasto
del tutto indeterminato non menzionandosi in alcun modo il contenuto delle
stesse.
Anche le lamentele espresse in una conversazione telefonica del 08/01/2015 (e
dunque ben oltre la data di cessazione dell’associazione nel giugno 2014) dal
cugino Turi circa il comportamento tenuto in quel momento da Luan e di cui
sempre a pag.8 non sono meglio chiarite dall’ordinanza.
Sicché, in definitiva, non è dato comprendere la ragione che consentirebbe di
attribuire a detta brevissima presenza in Italia, sia pure finalizzata alla
preparazione di un’operazione di vendita di stupefacente, l’espressione
dimostrativa di una consapevole adesione del ricorrente ad un sodalizio
criminoso tenuto conto che, come anche da ultimo affermato da questa Corte,
L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del
1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di
detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere dell’accordo
criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente
determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i
quali, anche al di fuori dei singoli reati programmati, assicurino la propria
disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma
criminoso del sodalizio (da ultimo, Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, Amodio e
altri, Rv. 257906).

6. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Premesso che il reato di cui al capo 16 è addebitato come commesso in data
25/11/2014, e che la stessa ordinanza ribadisce a pag. 8 essere questa appunto
la data nella quale il delitto in questione sarebbe stato posto in essere da Tepshi
Luan, non si riesce in effetti a comprendere, dalla lettura del provvedimento
impugnato, in che modo gli elementi evidenziati dalla stessa ordinanza,
rappresentati dall’arrivo in Italia nel dicembre del 2013 dello stesso e di Guido,
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Né il ricorrente risulta mai citato tra coloro che, stando all’estero, avevano ad

figlio di Edmond, al fine di raccogliere in quei giorni ordini e denaro poi spedito in
Albania tramite un autotrasportatore in vista, quale anticipo, come pare di
capire, della vendita a tale Tabaku Dashamir, di una partita di cocaina giunta in
Italia il 10/01/2014 e qui, tra l’altro, subito sequestrata, siano ricollegabili ad un
fatto che sarebbe avvenuto, come appunto da contestazione, circa un anno
dopo.

logicità e correttezza della motivazione del provvedimento impugnato.

7. L’ordinanza va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo
esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame con integrale
trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze, lezione per il riesame delle misure
coercitive.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1
ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2016

Il Consi4lkre estensore

Il residente

Di qui dunque, la necessità di chiarire aspetti fondamentali ai fini di valutare la

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